Conferimento dei diplomi della 151ª classe della Scuola di Galaad | The Inside Story

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E adesso uno dei momenti tanto attesi del programma, il nostro appuntamento con The Inside Story. Prestiamo attenzione a questa parte che verrà presentata dal fratello James Cauthon, uno degli insegnanti della Scuola di Galaad. 

La vita viene spesso paragonata alla musica. Ha delle note basse e anche delle note alte, come sappiamo. Ma tutte insieme compongono una melodia unica che definisce chi siamo. A chi è dedicata questa melodia? Per chi serve fedelmente Geova è dedicata direttamente a lui. E Geova ha molto a cuore non solo i traguardi che raggiungiamo nella vita, ma anche il percorso fatto per raggiungerli. Oggi intervisteremo 3 studenti della 151ª classe della Scuola di Galaad. Mentre ascoltate la loro storia, cercate di sentire la loro melodia. Quindi iniziamo. Sono sicuro che vi piaceranno i nostri primi 2 ospiti. Sono Joel e Adrienne Grim. 


Joel e Adrienne Grim

Benvenuti a The Inside Story. Adrienne, tu hai iniziato ad avere delle mete spirituali fin da piccola. Raccontaci un po’. Sì, i miei genitori mi hanno davvero aiutato molto in questo. E poi quando avevo più o meno 11 anni nella nostra congregazione sono arrivate 5 giovani pioniere single. Erano le mie eroine. Una di loro conduceva studi biblici nella lingua americana dei segni e faceva da interprete alle adunanze. Insegnò anche a me qualche segno, così potevo dare una mano. Questa sei tu? Eri piccola. Sì, sono io con il mio fratellino. Avevo più o meno 11 anni. Qualche anno dopo quando ero adolescente quella sorella dovette andare via e c’era bisogno che qualcuno continuasse quegli studi. Io volevo aiutare ma non era facile, perché all’epoca non c’erano pubblicazioni in lingua dei segni. E quindi come hai fatto senza nessuna pubblicazione? Ho provato a fare diverse cose. Ad esempio il sabato sera quando mi preparavo la Torre di Guardia avevo da una parte la rivista e dall’altra il dizionario in lingua dei segni e cercavo tutte le parole. Cercavi le parole una per una? Sì, era tutto quello che potevo fare. Ma sono anche stata tanto aiutata. I sordi sono sempre stati gentili, pronti ad aiutarmi e soprattutto pazienti. Ricordo di una volta che ero in Sala del Regno e stavo conversando con una ragazza sorda, e lei ha segnato qualcosa che non capivo. Le ho chiesto di ripetere, ma ancora non riuscivo a capire. E abbiamo continuato così per un bel po’. Lei cercava in tutti i modi di spiegarsi finché a un certo punto hanno iniziato a scendermi le lacrime. Ma non ci siamo arrese e alla fine ho capito. E poi ci siamo abbracciate perché finalmente ce l’avevo fatta. I fratelli sono stati davvero gentili e pazienti con me, tante volte. Quello che ci hai raccontato è davvero incoraggiante. E in seguito poi hai conosciuto Joel. Joel, tu servivi alla Betel di Wallkill in quel tempo. Le cose sono andate avanti e anche tu Adrienne sei arrivata alla Betel. E poi avete deciso di associarvi alla congregazione di lingua dei segni. Ora, tu Adrienne conoscevi già la lingua dei segni americana. Ma Joel, tu hai dovuto impararla. E come sono andate le cose? Beh intanto, dopo aver imparato la lingua dei segni non considero più 1 Corinti 9:22 allo stesso modo. Ma cosa ha a che fare 1 Corinti 9:22 con l’imparare una nuova lingua? Lì Paolo dice che “[diventò] ogni cosa per persone di ogni tipo” e questo è particolarmente vero quando si impara un’altra lingua. Imparare una lingua è più che semplicemente imparare dei vocaboli per riuscire a comunicare. Significa anche assorbire un certo modo di pensare. Non c’è dubbio che la lingua influisce sul nostro modo di pensare, ma ci puoi fare un esempio? Certo. Immagina che ci siano 2 persone che stanno conversando e tu devi passare tra di loro. Secondo il modo in cui sono stato educato, prima di farlo dovrei chiedere il permesso, scusarmi e poi dopo passare. Ma con i sordi è diverso. Se 2 sordi stanno avendo una conversazione, per loro è molto più importante il contatto visivo e la loro conversazione rispetto al mio concetto di educazione. Quindi con i sordi bisogna passare e basta, riducendo al minimo le distrazioni, i saluti, i gesti e quant’altro. No, passi in mezzo. Nessun gesto, nessuna distrazione, niente chiacchiere, dritti all’obiettivo. Avremmo dovuto richiederlo anche a voi in classe. Probabilmente non hai tutti i torti. Comunque è stato difficile adattarsi. Ma sai, col tempo le cose sono andate meglio. Ho dovuto fare anche altri cambiamenti per adattarmi alla cultura e ho imparato una cosa importante, cioè che la lingua e la cultura sono strettamente collegate. Non puoi imparare una senza imparare l’altra. E se impari una nuova lingua devi essere pronto ad adattarti. Devi essere disposto a cambiare. E se non ci sono princìpi biblici in gioco la cosa migliore da fare è assorbire la cultura e i valori delle persone che parlano quella lingua. Ed è questo quello che Paolo intendeva. “[Diventare] ogni cosa per persone di ogni tipo”. Senza dubbio Paolo è stato un eccellente esempio al riguardo e sicuramente lo siete stati anche voi. Quindi dove vi ha portato il vostro percorso nella lingua dei segni? Beh, noi eravamo alla Betel, ma avevamo un sogno nel cassetto: frequentare la Scuola di Galaad. Ci avevano detto che forse sarebbe stato meglio prima servire insieme come pionieri. Così abbiamo lasciato la Betel e ci siamo trasferiti in Tennessee in un gruppo di lingua dei segni. Ed è stato fantastico. Sì, è vero. Abbiamo conosciuto fratelli davvero speciali in Tennessee e anche il servizio è stato bellissimo. Dopo alcuni anni il sorvegliante ci ha chiesto di trasferirci in Texas in una congregazione di lingua dei segni, e così abbiamo fatto. E anche lì abbiamo passato dei momenti indimenticabili con i fratelli. Ma dopo circa un anno siamo stati invitati di nuovo alla Betel di Wallkill. Allora siamo tornati a Wallkill e dopo alcuni anni lì ci è stato chiesto se eravamo disposti a trasferirci nell’ufficio di traduzione decentrato di Fort Lauderdale, in Florida, dove si traduce nella lingua dei segni americana. E siamo stati lì per 5 anni. Questa è una foto degli edifici residenziali. Mmh, davvero belli! E vi è piaciuto servire lì? Tantissimo! Come dicevo prima, quando ho iniziato con la lingua dei segni non c’erano pubblicazioni disponibili. Poi quando sono cominciate a uscire abbiamo avuto l’opportunità di vedere l’impatto che hanno avuto sulla vita di molte persone. E questo ci dava già tanta gioia. Quindi avere la possibilità di vedere dietro le quinte quanto amore, quanto impegno i fratelli mettono nella traduzione è stato davvero un privilegio speciale. E che pubblicazione state facendo vedere qui? Qui stavamo lavorando alla traduzione nella lingua dei segni americana del primissimo numero della Guida per l’adunanza. Posso dire che servire nel Reparto Traduzione mi aiutato a vedere il profondo amore che Geova ha per tutte le persone. Sono sicuro che è stata una bella esperienza e che hai imparato tanto lì. Joel, che effetto ha avuto su di te servire nel campo di lingua dei segni? Beh, ho imparato tante cose, ma per dirne una in particolare ho imparato a essere più empatico. Posso raccontarti la storia di un fratello? Sì, certo. Fai pure. Ok, va bene. Quando eravamo nel Tennessee studiavamo la Bibbia con un sordo di nome Fred. Fred era stato in diverse chiese ma era insoddisfatto. I fratelli lo incontrarono in servizio e lui accettò di studiare la Bibbia. Fred amava imparare. Gli piaceva soprattutto guardare la Bibbia in lingua dei segni, le parti che erano disponibili a quel tempo. E gli piaceva anche leggere i volumi del Perspicacia. Aveva un desiderio insaziabile di conoscenza. Veniva alle adunanze e ci faceva domande riguardo a quello che leggeva. Magari arrivava e ci diceva: “Ok, ho 2 domande, una su Elia e una su Elisabetta”. E noi pensavamo: “Oh, è arrivato alla lettera E!” Una volta la moglie di Fred ci ha raccontato una cosa. Disse che lo aveva trovato a casa loro, in camera, seduto sul bordo del letto con gli occhi chiusi che segnava. E lei aveva pensato che non stesse bene, quindi lo interruppe e gli disse: “Che cosa stai facendo?” E lui le disse che stava pregando. Quando ce lo ha raccontato mi sono emozionato. Era davvero bello vedere che Fred stava sviluppando una forte fede e che sapeva che Geova conosce la lingua dei segni e stava guardando le sue preghiere. Era qualcosa di davvero speciale. Questa è una foto di Fred il giorno in cui si è battezzato. Che bella storia. Grazie per avercela raccontata. Ma dopo il battesimo, le cose sono state facili per Fred? No, ha affrontato tante difficoltà. Una di queste è stata la perdita graduale della vista. È stata dura per lui, era un uomo che amava imparare e si affidava completamente ai video in lingua dei segni. Ma adesso stava diventando cieco. Eppure non si arrese. Quando era sulla sessantina imparò a leggere il braille e imparò anche la lingua dei segni tattile. Cos’è la lingua dei segni tattile? Allora, per dirla in parole povere si definisce tattile perchè si segna fra le mani di una persona così che possa sentire i segni e capire quello che viene detto. E quella congregazione nel Tennessee era piena di fratelli e sorelle con un grande spirito di sacrificio che aiutavano Fred. Andavano a casa sua e lo aiutavano a prepararsi per le adunanze. Segnavano le informazioni nelle sue mani così sapeva quello che sarebbe stato trattato. E poi alla Sala del Regno durante le adunanze, a turno segnavamo nelle sue mani così che potesse seguire insieme a noi. Questa è una foto di Fred mentre segue un’adunanza in lingua dei segni. Ci è voluta una grande determinazione, non solo da parte di Fred ma anche della vostra congregazione. Davvero toccante. Sì, Fred era molto determinato ed era sempre lì che seguiva tutte le adunanze. E alle domande lo vedevi che alzava subito la mano. Voleva commentare e mi dicevo: “Però, Fred riesce a capire tutto e riesce anche a commentare”. Era emozionante. Sì, davvero incoraggiante. Grazie che ce l’hai raccontato. Quindi, in conclusione, in che modo secondo voi servire nel campo di lingua dei segni vi ha aiutato a prepararvi per qualsiasi incarico riceverete in futuro? Credo che mi abbia aiutato a essere adattabile e a ricordare che non c’è un solo modo giusto di fare qualcosa. E anche che quando conosco qualcuno devo cercare di capire chi è veramente e non devo basarmi sulle prime impressioni. E tu Joel? Beh, penso spesso a Fred. È vero, parlava delle situazioni e dei problemi che affrontava ma non si soffermava troppo su queste cose. Era sempre pronto a reindirizzare la sua attenzione su Geova e su come Geova lo stava aiutando in quelle difficoltà. Conoscerlo mi ha aiutato a essere più empatico. Ma anche la sua umiltà e la sua forza e perseveranza di fronte alle avversità sono qualità che voglio continuare a sviluppare dovunque serviremo in futuro. Sono proprio delle riflessioni profonde. Grazie per averci raccontato la vostra storia. A proposito, come si segna la parola “grazie”? Grazie.


Christopher Kitts

Il nostro prossimo ospite è il fratello Christopher Kitts. Prima di venire a Galaad ha ricevuto un incarico molto interessante. Diamo il benvenuto a Chris. Chris, prima di parlare del tuo ultimo incarico vorrei chiederti un po’ del periodo in cui hai cominciato a predicare la buona notizia. Ok. Allora, in questa foto quanti anni avevi? Avevo più o meno 4 anni. 4 anni! E vedo che già a quel tempo avevi un certo stile nel vestire. Grazie. Personalmente penso che il calzino con il sandalo faceva la differenza. Sì, bella questa foto. Ed ci sembra di capire che ti piaceva davvero tanto il ministero. Raccontaci qualcosa in più di quel periodo. Sì, devo dire che ero sempre contento quando uscivo in servizio. Mi piaceva, era la cosa che preferivo fare. Quando ero piccolo mia madre mi veniva a prendere a scuola e mi portava in servizio insieme a lei e alle altre pioniere. Poi dopo essermi battezzato ho iniziato a fare il pioniere ausiliario e appena finite le superiori ho iniziato a fare il pioniere regolare. Però! Complimenti Chris. E da quello che ho capito fin da piccolo avevi un preciso obiettivo spirituale, vero? Sì, mi sono battezzato a 10 anni e il mio sorvegliante di circoscrizione all’epoca era Richard Ashe. Lui si inginocchiò e mi disse: “Christopher, da grande tu sarai un sorvegliante di circoscrizione proprio come me”. Quelle parole ebbero un grande impatto sul mio cuoricino, non le ho mai dimenticate. Così servire nella circoscrizione diventò la mia meta. E l’hai raggiunta questa meta? Sì, ma prima di arrivare lì c’è stato parecchio lavoro da fare. Nel 2005 ho frequentato la Scuola di Addestramento per il Ministero. Dopodiché fui assegnato da dove sono cresciuto, a Long Island nello stato di New York, ai campi di patate del Wisconsin in un paesino chiamato Antigo. Sono stato lì 3 anni e poi mi sono trasferito nella contea Amish. Sono stato 6 anni in un paesino ancora più piccolo chiamato Neillsville e poi altri 3 anni in una piccola città chiamata Wausau. Ed è stata un’esperienza fantastica perché sono stato modellato da Geova. Ho imparato a conoscermi meglio e Geova ha smussato gli spigoli della mia personalità. La mia fede si è rafforzata perché dovunque ho servito Geova mi ha sempre provveduto un lavoro e una sistemazione anche se era difficilissimo trovarli. Poi ho visto alcuni che studiavano la Bibbia con me arrivare fino al battesimo e ho stretto amicizie che dureranno per sempre. Ed è stato nel 2018 che ho iniziato a servire nella circoscrizione a Richmond, in Virginia. Ed è stato bellissimo! Ho servito come sorvegliante lì per circa un anno e dopo quasi 30 anni ho incontrato di nuovo il fratello Ashe mentre visitavo la Betel. E finalmente gli ho potuto dire che aveva ragione. Gli ho raccontato che grande impatto ha avuto su di me quando ero bambino. E questo mi ha fatto riflettere sull’effetto che i fratelli spiritualmente maturi possono avere sui giovani. Possono aiutarli a porsi delle mete e avere così una vita felice. Che bello! Grazie di averci raccontato queste cose, Chris. Sarà stato un momento fantastico per voi due. Ma dicci, che incarico inaspettato hai ricevuto dopo? Sì, sono stato nominato missionario e sono stato assegnato alla filiale dell’Africa orientale. Poi da lì come sorvegliante a Dar es Salaam, in Tanzania. Quindi dalla Virginia alla Tanzania, un bel cambiamento! -Sì. -E cosa hai provato? Ero entusiasta. Era una nuova avventura. Non sapevo la lingua del posto quindi avrei dovuto imparare lo swahili e la lingua dei segni tanzaniana. Avrei avuto un interprete che avrebbe viaggiato con me di congregazione in congregazione. Non vedevo l’ora di iniziare questo servizio e conoscere una nuova cultura. Ma ci saranno state anche delle difficoltà, immagino. E mi ricordo che mi hai raccontato alcune cose che ti sono successe appena sei arrivato lì. Ti va di parlarcene e dirci come hanno influito su di te? Sì. Non appena sono arrivato lì dove ero stato assegnato a Dar es Salaam è iniziata la pandemia di COVID-19. E quindi non avrei potuto visitare le congregazioni di persona e non avrei potuto conoscere i fratelli e le sorelle di persona. Avrei dovuto farlo attraverso Zoom e attraverso il telefono. Dopo circa 6 mesi che svolgevo quell’incarico, mi sono svegliato una mattina e ho sentito una pressione sul petto. Provavo una forte ansia perché ero da solo ed ero isolato. Il mio interprete viveva a 6 ore di distanza. Comunicavamo su Zoom e per telefono. E dato che ero arrivato in quel piccolo villaggio nello stesso periodo in cui era iniziata la pandemia ed ero uno straniero e non sapevo la lingua, questo ha creato alcune difficoltà tra me e alcuni degli abitanti del villaggio. Quindi ero molto preoccupato, mi sentivo solo. C’erano delle volte in cui mi sentivo spaventato e per una delle prime volte nella mia vita mi sentivo depresso. Così mi sono rivolto a Geova in preghiera e gli ho chiesto: “Ho fatto qualcosa di sbagliato? Dovrei tornare a casa?” Chris, non dev’essere stato per niente facile. E come ti ha aiutato Geova? Geova è straordinario! Mi ha aiutato subito a vedere qual era la soluzione. Ero troppo immerso nel mio incarico e avevo bisogno di più tempo da solo con Geova. Così ho iniziato a svegliarmi alle 5:30 del mattino. Ed è molto presto per me. Mi piace dormire. Ma era quello di cui avevo bisogno. Mi facevo un caffè e uscivo fuori a guardare sorgere il sole africano. E quando osservavo l’alba provavo pace perché sentivo Geova lì con me. E questo era un ottimo modo per preparare la mia mente e il mio cuore alla lettura della Bibbia. E prima di iniziare facevo una preghiera a Geova e gli chiedevo: “Geova, parla con me, fammi sentire la tua voce”. E poi iniziavo a leggere la Bibbia e leggevo finché non trovavo qualcosa che faceva al caso mio. E poi mi fermavo, meditavo, continuavo a pensarci e ne parlavo con Geova. E questo mi dava pace, provavo calma interiore. A volte durante la mia lettura della Bibbia trovavo dei versetti che sembravano scritti apposta per me. Ad esempio, una mattina stavo leggendo il libro di Lamentazioni al capitolo 3 ed ero arrivato al versetto 22 dove dice: “È grazie all’amore leale di Geova che non siamo arrivati alla nostra fine”. E quando ho letto quelle parole ho pensato: “Geova mi sta proteggendo in questo momento”. E poi continua: “Perché le sue misericordie non terminano mai. Si rinnovano ogni mattina”. Ed era vero. Vedevo la misericordia di Geova ogni mattina, la sua immeritata bontà era dipinta in ogni nuova alba. E il versetto 24 mi ha cambiato la vita. Dice: “Geova è la mia porzione”. Geova era con me. E poi continua dicendo: “Per questo resterò ad aspettarlo”. Ed era come se Geova mi stesse dicendo: “Chris, aspettami. Non arrenderti”. Leggere quel versetto mi ha dato una profonda pace interiore. Non provavo più ansia. Le mie preoccupazioni erano svanite. E da quando avevo quelle abitudini spirituali non mi sentivo più depresso. Ho perseverato nel mio incarico e mi sono reso conto che avevo più energie da dedicare ai fratelli e alle sorelle. Potevo passare più tempo con loro. E tutti i sabati stavo con i giovani su Zoom e ascoltavo le loro storie e cosa stavano facendo per superare il periodo della pandemia. E quello che raccontavano rafforzava la mia fede. Chris, mi sembra che volevi farci vedere una foto che hai scattato, la foto di un’alba in Africa. Eccola qui. Sì, quella foto non le rende nemmeno giustizia. Beh, posso capire perché ti faceva stare meglio. E di solito non pensiamo al libro di Lamentazioni come a un libro in cui trovare conforto ma sono proprio dei bei versetti. Grazie per avercene parlato. E Chris, ripensando al tuo percorso fino a qui sicuramente avrai affrontato alti e bassi. Che cosa hai imparato? Ho imparato che l’amore supera qualunque barriera linguistica. L’amore ha la capacità di bypassare la mente, dove vengono scelte le parole e formulate le frasi, e di arrivare dritto al cuore dove nascono le emozioni e i sentimenti. Avevo bisogno di un interprete che traducesse le mie parole. Ma l’amore non ha bisogno di un interprete. I fratelli potevano vedere quanto gli volevo bene anche se facevo fatica a parlare la loro lingua. E io vedevo il loro amore mentre collaboravano con me pazientemente e mi aiutavano. E vedevo l’amore di Geova per loro. Veniva fuori dalle pagine della Bibbia quando leggevamo loro dei versetti. E potevo vedere il loro amore per Geova perché seguivano prontamente tutte le istruzioni del Corpo Direttivo. Le seguivano come se venissero direttamente da Geova e lo facevano a qualunque costo. E ho anche imparato che puoi vedere Geova nella creazione e che puoi sentire la sua voce mentre leggi la Bibbia e che puoi sentire il suo amore attraverso i fratelli e le sorelle anche su Zoom. E questo incarico mi ha insegnato che anche se ci si sente soli o si è isolati a causa di una pandemia o di una condanna alla prigione non si è mai davvero soli. Grazie, Chris, per averci parlato un po’ della tua storia. Grazie davvero tanto. 

Siete riusciti a sentire le loro melodie? Ognuno dei nostri studenti ha avuto il proprio percorso nel servizio a Geova. Le cose non sono sempre andate come speravano. Ci sono state difficoltà e lacrime. Ma non hanno mai smesso di confidare pienamente in Geova e con il suo aiuto sono riusciti a superare quei momenti. E anche noi possiamo farcela perché Geova ha molto a cuore non solo i nostri traguardi, ma anche il nostro percorso. Il vostro fedele servizio è come una piacevole melodia per Geova. Tutto quello che fate per il suo nome è importante. E sapere questo dovrebbe darci conforto, speranza e gioia già da ora. C’è un versetto di Isaia capitolo 30 che ribadisce questo concetto. Vorrei leggervelo. Si trova in Isaia 30:29: “Ma il vostro canto sarà come quello intonato la notte in cui vi preparate per una festa, e il vostro cuore gioirà come quello di chi cammina al suono del flauto per andare al monte di Geova, la Roccia d’Israele”. Cari fratelli e sorelle, non arrendetevi. Continuate a suonare la vostra bellissima melodia. Alla prossima puntata di The Inside Story. 

Che parole incoraggianti. Grazie mille, fratello Cauthon. E grazie anche a voi cari studenti che avete preso parte a questo programma. È stato molto bello.

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