Comprendere la chiamata celeste (1 Giov. 3:2)

Comprendere la chiamata celeste (1 Giov. 3:2)

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Anthony Morris

È evidente che stamattina parleremo degli unti.  Il titolo della Torre di Guardia da cui è tratto il commento era “Lo spirito rende testimonianza col nostro spirito”.  Teniamo presente che, nel numero della Torre di Guardia del gennaio 2016, sia l’articolo da cui è tratto il commento della scrittura di oggi sia l’articolo successivo parlavano degli unti e del modo in cui i servitori di Dio dovrebbero considerare l’argomento.  E certamente sono articoli che meritano di essere riletti.  Da quando li abbiamo studiati, migliaia di persone si sono battezzate.  Quindi molti si fanno domande al riguardo e questi 2 articoli di studio danno una spiegazione molto chiara.  Perciò, visto che la scrittura di oggi tratta questo argomento, parleremo di queste domande sugli unti.  Leggiamo per intero il versetto della scrittura del giorno di oggi.  Prendiamo la prima lettera di Giovanni al capitolo 3.  1 Giovanni capitolo 3, leggiamo tutto il versetto 2: “Miei cari, ora siamo figli di Dio, ma non è stato ancora reso manifesto ciò che saremo.  Quello che sappiamo è che, quando egli si manifesterà, noi saremo come lui, perché lo vedremo così com’è”.  Quello che dice Giovanni qui è molto chiaro.  Noi sappiamo che scrive queste parole sotto ispirazione, sappiamo che era un cristiano unto e che aveva fedelmente servito Geova Dio per decenni.  E notate la sicurezza con cui Giovanni scrive ai suoi fratelli e sorelle unti.  Se andiamo alla fine del versetto, lui non dice: “Potremmo essere come lui”, o “Potremmo vederlo”.  No, dice: “Noi saremo come lui, perché lo vedremo così com’è”.  Giovanni non era presuntuoso: la sua sicurezza dipendeva dalla piena certezza di essere stato unto da Geova.  E nel I secolo, i doni dello spirito rendevano evidente che un cristiano era stato unto.  Ma la stessa certezza che aveva Giovanni ce l’hanno anche i cristiani unti oggi: ovvero sanno che se manterranno la loro integrità e daranno onore a Geova Dio andranno in cielo.  Pensando alle belle parole di Giovanni e a quelle del commento di oggi che tra poco leggeremo, alcuni si sono chiesti se hanno la speranza celeste.  O forse, soprattutto se siete anziani, qualcuno vi ha confidato questo dubbio.  E alcuni sono sinceri.  Forse hanno affrontato difficoltà nella vita o forse sono nella verità da pochi anni e hanno bisogno di consigli e di guida.  Se avete il dubbio di essere unti, notate cosa dice la Torre di Guardia: “In effetti, se vi state chiedendo se avete ricevuto la chiamata celeste, questo già di per sé indica che non l’avete ricevuta”.  Piuttosto diretto: da ricordare quando aiutiamo qualcuno che ha questo dubbio.  Ovviamente dovremmo sempre mostrare tatto, ma se qualcuno ha il dubbio di essere unto, allora vuol dire che non lo è.  A volte dei fratelli chiedono agli unti: “Come fai a sapere di essere unto?”  Immaginate di chiederlo all’apostolo Giovanni: “Giovanni, come fai a sapere di essere unto?”  “Beh, leggi la prima lettera che Geova mi ha ispirato a scrivere e troverai la risposta”.  Alcuni unti potrebbero provare a rispondere, mentre altri preferiscono non parlarne. Il secondo articolo, che menzionavo prima, affronta l’argomento e dovremmo tenerlo presente. L’articolo al paragrafo 10 chiedeva: “Come possiamo mostrare il dovuto rispetto a coloro che Geova sceglie come unti?  Per esempio, non facendo loro domande personali sulla loro unzione”.  Punto.  Molto chiaro.  Quindi, Dio vi perdonerà se lo avete fatto in passato, ma da ora in poi il messaggio è chiaro. Comunque sia, è successo tante volte in passato e può succedere ancora perché siamo tutti imperfetti, e a volte non prestiamo la dovuta attenzione.  Vorrei raccontarvi una cosa che è successa al fratello Frederick Franz.  Ovviamente sappiamo tutti che lui era unto, e che prima di morire faceva parte dello “schiavo fedele e saggio”.  Comunque, erano i primi anni ’80, e io, mia moglie e i miei figli eravamo in una congregazione dove ho fatto un discorso pubblico.  Dopo l’adunanza siamo stati con dei fratelli a casa di una coppia che conoscevamo.  In quell’occasione c’era anche una sorella che non conoscevo e che faceva un sacco di domande.  Questa sorella era stata da poco a visitare la Betel di Brooklyn e aveva avuto l’opportunità di incontrare il fratello Franz.  Quindi eravamo tutti lì ad ascoltare questa sorella, e tra le tante altre cose che ha raccontato, a un certo punto ha detto: “Ho chiesto al fratello Franz: ‘Come fai a sapere di essere unto?’” Io la guardavo sbigottito.  Pensavo: “Hai davvero chiesto a questo gigante di spiritualità come fa a sapere di essere unto?”  Non lo ha fatto con cattive intenzioni, ha solo chiesto quello che le passava per la testa.  Bisogna mostrare pazienza con le pecore di Geova. E mi è rimasta impressa la risposta del fratello Franz, credo che piacerà anche a voi.  Io le ho chiesto: “Cosa ti ha risposto lui?” E lei ha detto: “Romani 8:15-17. Non ha detto nient’altro”.  Allora leggiamo questi versetti, Romani 8:15-17, e troveremo la risposta alla sua domanda. L’articolo della Torre di Guardia prendeva il titolo da questi versetti. Leggiamo dal versetto 15: “Voi non avete ricevuto uno spirito di schiavitù che vi faccia ricadere nella paura, ma uno spirito di adozione come figli, che ci spinge a gridare: ‘Abba, Padre!’ Lo spirito stesso attesta insieme al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi, eredi di Dio e coeredi di Cristo, purché soffriamo con lui per essere anche glorificati con lui”. Ecco quindi la risposta semplice e diretta. È lo spirito di Geova, la forza più potente dell’universo, ad attestare insieme allo spirito degli unti che hanno davvero ricevuto la chiamata celeste. E grazie a questo un cristiano ha la certezza di essere un figlio adottivo di Dio, e un coerede di Cristo Gesù. Possiamo imparare davvero molto dal modo gentile in cui il fratello Franz ha risposto con la Bibbia a quella domanda, che tra l’altro arrivava da una sorella che non aveva mai visto prima.  Un’altra cosa su cui vorrei vi soffermaste, se voi non siete unti e se vi venisse la tentazione di chiedere a un unto di provare a spiegarvi come fa a essere sicuro di aver ricevuto la chiamata celeste. Mi è sempre piaciuta questa spiegazione. È una citazione da un articolo della Torre di Guardia del 15 gennaio 2000, pagina 15, intitolato “Le ‘cose desiderabili’ stanno riempiendo la casa di Geova”. L’articolo dice: “In effetti Gesù fu offerto sull’altare della volontà di Dio quando si battezzò e fu unto con lo spirito santo di Dio nel 29 E.V. In effetti quell’avvenimento segnò per Gesù l’inizio di una vita di sacrificio che durò 3 anni e mezzo. Durante quel periodo Gesù ebbe con Dio la speciale relazione di generato dallo spirito”. E notate ora: “Quella relazione che Gesù aveva col suo Padre celeste non poteva essere pienamente compresa da altri esseri umani. Era come se un pesante tendaggio impedisse loro di vedere con gli occhi del discernimento, proprio come una portiera impediva a quelli nel cortile del tabernacolo di penetrare con lo sguardo nel Santo”. È molto chiaro. In pratica l’articolo spiegava che proprio come non si poteva “penetrare con lo sguardo nel Santo”, neppure i discepoli a quel tempo potevano comprendere cosa significasse per Gesù essere un unto figlio di Dio. E questo finché Geova non versò su di loro lo spirito santo adottandoli come suoi figli. Lo stesso collegamento al tempio spirituale veniva indicato nella Torre di Guardia del 1° luglio 1996. A pagina 16, riferendosi al grande tempio spirituale di Geova, diceva: “Il primo compartimento del tempio raffigura una condizione superiore a quella del cortile. [...] I sacerdoti che prestavano servizio nel Santo del tempio terreno non erano visti dagli adoratori che stavano all’esterno”. Quindi dal cortile non si poteva vedere nel Santo. Notate ora come continua La Torre di Guardia: “Similmente i cristiani unti sono in una condizione spirituale preclusa o non pienamente compresa dalla maggioranza degli adoratori di Dio, che hanno la speranza di vivere per sempre su una terra paradisiaca”. Proprio come era impossibile penetrare con lo sguardo nel Santo, così è impossibile per chi non è unto dallo spirito capire come ci si senta a esserlo. Teniamo bene a mente le informazioni che abbiamo considerato oggi. Ognuno di noi ha un posto nell’organizzazione di Geova, e dovremmo essere felici di questo.  Ringraziamolo sempre per la nostra speranza, qualunque essa sia, e per la sua immeritata bontà.  

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