Cinquestelle & Associati - Il MoVimento dopo Grillo

Cinquestelle & Associati - Il MoVimento dopo Grillo

Salvatore Clemente
Gian Roberto Casaleggio

di Paolo Becchi - Prima edizione aprile 2016


Il 31 dicembre 2015 mi sono disiscritto dal M5s. L’iscrizione certificata era l’ultimo filo che mi legava al MoVimento cui avevo aderito nella primavera del 2013, quando Beppe Grillo, impegnato nello “Tsunami tour”, me ne aveva fatto innamorare. Un trasporto e un entusiasmo che si sono spenti quando il MoVimento di Grillo è diventato il partito di Casaleggio.


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Sul MoVimento fondato da Grillo c’è già una discreta bibliografia, destinata a aumentare perché senza dubbio si è trattato e si tratta di una forza politica nuova e di rilievo nello scenario politico italiano dei primi anni del Duemila. Considerato però che per un certo tempo ho preso parte attiva alla vita del MoVimento, come semplice iscritto e senza aver mai ricoperto alcun incarico ufficiale (un attivismo che ha indotto qualche giornalista di bocca buona a definirmi «ideologo del M5s»), racconto qui le vicende di questi ultimi anni soprattutto sulla base della mia esperienza personale.


Quali sono state le origini del MoVimento 5 stelle?


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Il big-bang risale al 2004, quando Beppe Grillo fa un incontro magico-esoterico, prima un libro poi il suo autore. Un incontro che lo stesso comico racconterà così:


«Presi in mano un libro, parlava di Web, di Gengis Khan, di branchi di lupi, di Camelot. Il libro attaccava aziende e luoghi comuni, speculatori e tromboni nazionali. Il suo titolo era Il Web è morto, viva il Web, lo scrittore Gianroberto Casaleggio. Rintracciai il suo telefono, gli lasciai un messaggio in segreteria chiedendogli di contattarmi, sempre che non fosse già finito in galera. Lo incontrai per la prima volta a Livorno, una sera di aprile, durante il mio spettacolo “Black Out”. Venne in camerino e cominciò a parlarmi di Rete. Di come potesse cambiare il mondo. Non conoscendolo lo assecondai. Gli sorrisi. Cercai di non contrariarlo. Temevo di ritrovarmi una chiocciola o un puntocom in qualche posto sensibile.

Era molto convinto di quello che diceva.

Pensai che fosse un genio del male o una sorta di san Francesco che, invece che ai lupi e agli uccellini, parlasse a Internet.

Mi descrisse webcasting, democrazia diretta, chatterbot, wiki, downshifting, usability, oggetti di interazione digitale, social network, legge di Reed, intranet e copyleft.

Belin!

Chiese se capivo. Disse che era importante. Ebbi, lo confesso, un attimo di esitazione. Strinsi gli occhi. Casaleggio ne approfittò. Mi parlò allora, per spiegarsi meglio, di Calimero il pulcino nero, Gurdjieff, Giorgio Gaber, Galileo Galilei, Anna di York, Kipling, Jacques Carelman e degli adoratori del banano. Tutto fu chiaro, era un pazzo... Pazzo di una pazzia nuova, in cui ogni cosa cambia in meglio grazie alla Rete. Aziende democratiche, persone al centro di ogni processo, intermediazioni economiche e politiche soppresse, libera circolazione di idee, abolizione della proprietà intellettuale. Ce n’è abbastanza per rinchiuderlo. È un individuo oggettivamente pericoloso e socialmente utile. L’Italia sta fallendo (è fallita?), la Rete la salverà? Io non credo, non lo so. Forse, chissà. Certo è l’ultima possibilità di cambiare un sistema marcio dalle fondamenta. Casaleggio ci crede. Spero che abbia ragione, ma se volete un consiglio tenete il passaporto pronto».


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Poi però Grillo, a sorpresa (probabilmente per forti pressioni ricevute), spegne la mobilitazione, attiva la sordina e innesta la retromarcia. E quella retromarcia segna il primo passo indietro del processo rivoluzionario appena cominciato. Già quella retromarcia infatti lascia intuire che il MoVimento dà sì sbocco al malessere, ma non fino all’intervento chirurgico per estirparne la causa.


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All’interno del MoVimento, intanto, specialmente al vertice, è sempre più evidente che Gianroberto Casaleggio non è solo un imprenditore che sta dando una mano all’amico Grillo. È ben altro e ben di più, e colpisce il fatto che il suo ruolo rimanga sottotraccia.


Finché, nel giugno del 2013, Casaleggio esce allo scoperto, e si manifesta per quello che è: la vera guida spirituale del M5s, una specie di ayatollah del MoVimento fin dagli albori.


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Poi arrivano le Europee del maggio 2014. E tanto è stata magistrale la campagna del MoVimento per le Politiche 2013, quanto disastrosa è questa delle Europee. In una situazione continentale molto favorevole ai movimenti euroscettici e anti-Bruxelles, il M5s si rivela ondivago, tentennante fra un Grillo ufficialmente propenso a uscire dall’euro, e un Casaleggio ufficiosamente contrario. Il compromesso viene trovato nella farisaica richiesta di referendum (e senza neppure dire da quale parte si sarebbe schierato il MoVimento): decideranno i cittadini.


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Dopo le elezioni Europee 2014 il MoVimento comincia a cambiare pelle. Una battaglia è stata persa, ma basterebbe riconoscere gli errori fatti e riprendere il cammino. Invece si sostiene di avere vinto, un po’ come fanno tutti i partiti quando perdono le elezioni. E da lì comincia una metamorfosi partitica, lenta ma costante, che diventa sempre più manifesta.


Prima alcune trattative col Pd sulla legge elettorale, poi ai primi di novembre 2014 un vero e proprio accordo di spartizione di poltrone (Silvana Sciarra voluta dal Pd alla Corte costituzionale, in cambio di Alessio Zaccaria voluto dal M5s al Consiglio superiore della magistratura), evidenziano l’inizio della deriva partitica del M5s. Una deriva propiziata e manovrata, da dietro le quinte, dall’Ayatollah.


Il fatto che l’originario MoVimento di Grillo stia per diventare il partito M5s di Casaleggio lo attesta un post datato 29 novembre 2014: «Il M5s ha bisogno», annuncia Grillo, «di una struttura di rappresentanza più ampia di quella attuale. Questo è un dato di fatto. Io, il camper e il blog non bastiamo più. Sono un po’ stanchino, come direbbe Forrest Gump. Quindi pur rimanendo nel ruolo di garante del M5s ho deciso di proporre cinque persone, tra le molte valide, che grazie alle loro diverse storie e competenze opereranno come riferimento più ampio del M5s in particolare sul territorio e in Parlamento...


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E dopo il direttorio, prendono vigore le epurazioni. Nel M5s gli espulsi, quando si tratta di cittadini eletti nelle amministrazioni locali, vengono accusati di aver violato regole fondamentali del MoVimento, però non si specifica mai di quali regole si tratti. Lo stesso accade anche per le numerose espulsioni decise a livello locale per eliminare attivisti non allineati al vertice del partito. Gli attivisti ricevono una mail firmata «Lo staff di Beppe Grillo», ma in realtà è lo staff di Gianroberto Casaleggio, che accusa il reprobo di aver violato imprecisate regole (senza mai indicare prove o anche solo il momento e il luogo in cui la violazione sarebbe avvenuta) e lo si invita a presentare burocratiche giustificazioni che verranno del tutto ignorate. Dopodiché l’infedele riceve una seconda mail che laconicamente conferma la decisione di espulsione. Un metodo che si ispira alle purghe di staliniana memoria.


Ma è soprattutto la Rete che alla chetichella cambia funzione: da organo decisionale attivo, diventa mero strumento tecnico per ratificare decisioni prese dal vertice, ossia decise dall’Ayatollah, benedette da Grillo e eseguite dai cinque apostoli del Direttorio; oppure viene utilizzata solo per informare di una decisione già presa senza nessuna precedente consultazione.


Così accade – un esempio per tutti – nell’agosto 2015 durante la votazione per il rinnovo del Consiglio di amministrazione della Rai-tv: partecipando alla lottizzazione partitocratica della tv di Stato, il M5s elegge consigliere il pittoresco Carlo Freccero, stupefacente decisione presa dal vertice senza nessuna preventiva consultazione in Rete.


Mentre la Rete perde centralità e il blog di Grillo slancio e lettori (spesso pare diventato una brutta copia della rubrica “Oggi al Parlamento”), la tv e i giornali, prima strenuamente combattuti e osteggiati, diventano luoghi privilegiati per esibire i migliori propagandisti della ditta associata M5s: la faccia rassicurante e perbenino di Luigi Di Maio, sempre elegante e senza un capello fuori posto per sedurre la destra; e quella più birichina e impertinente di Alessandro Di Battista, dal look più casual per acchiappare consensi a sinistra. È un gioco di marketing che sembra funzionare bene. A queste due teste di serie si aggiungono altri prototipi. E oggi alcuni parlamentari pentastellati sono presenti da mattina a sera in tutti i programmi della tv pubblica e di quella privata: nell’acquario televisivo nuotano con piacere come tutti gli altri pesci della palude partitocratica, e cominciano a essere percepiti dai telespettatori proprio come tutti gli altri politicanti teledivi.


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La sceneggiata napoletana di Di Maio è aria fritta. La leva di comando del M5s è sempre più nelle mani di Casaleggio (e in quelle del figlio Davide, come nelle monarchie). L’Ayatollah tira le fila di un nuovo M5s che alla stregua degli altri partiti non aspira più a rivoluzionare lo status quo, ma a prendere il potere (come avrebbe detto Adriano Olivetti). Il movimento post-ideologico nato dalla Rete è approdato a una specie di riedizione del partito doppio (“di lotta e di governo”, filosovietico e favorevole alla Nato), di berlingueriana memoria.


Come nel caso dei 5 apostoli del Direttorio, anche questi 12 adepti non sono stati eletti dalla Rete, ma nominati dall’Ayatollah, senza alcun coinvolgimento degli attivisti. 


L’esperimento “Rousseau” è un progetto innovativo, ma ci vorrà tempo per valutarne tutti gli effetti. Non si può però tacere l’impressione che il meccanismo funzioni ancora dall’alto verso il basso, e non nel senso di quella orizzontalità che in linea di principio avrebbe dovuto caratterizzare il MoVimento. Infatti il progetto, invece di affidarsi a un software cosiddetto open source (cioè sviluppato dalla stessa comunità degli utenti), si affida a un codice chiuso la cui password resta nella mani di chi “Rousseau” l’ha inventato, ossia Casaleggio.


L’originario M5s fondato e animato da Beppe Grillo, movimento liquido di protesta nato dalla Rete contro le istituzioni partitocratiche e la casta della democrazia rappresentativa, alla fine del 2015 si è trasformato nel partito di Gianroberto Casaleggio, imprenditore e presidente della ditta Casaleggio Associati srl.


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Un partito ibrido, infine, che si muove utilizzando tutti gli strumenti disponibili e cercando di mescolarli insieme.


Così per taluni aspetti il nuovo M5s si richiama ancora alle origini (vedi la consultazione on line per i candidati alle elezioni amministrative del giugno 2016 a Roma), oppure le ignora (vedi la mancata consultazione per le stesse amministrative a Bologna, con candidati imposti dall’Ayatollah). Così al vertice del nuovo M5s non c’è una vera e propria segreteria, bensì un Direttorio voluto e guidato da un’entità suprema, ieratica e remota, incarnata appunto dal signor Casaleggio (presidente-fondatore della Casaleggio Associati srl). Il quale esercita in solitaria tutti i poteri, nessuno escluso, dunque compresi quelli disciplinari. Infatti espelle chi vuole, quando vuole e come vuole, utilizzando quando gli viene comodo una votazione on line sul blog di Grillo (blog gestito dalla ditta Casaleggio Associati srl) per ratificare una decisione già presa, oppure mandando una semplice mail di espulsione firmata dallo staff. Ne è un esempio da antologia il caso della senatrice Serenella Fucksia, espulsa dal M5s nel dicembre del 2015.


Con l’esito della votazione, sale a 37 il numero dei parlamentari “persi” dal MoVimento da inizio legislatura: 18 deputati e 19 senatori.


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Quando ha fondato il suo partito-azienda con annesso monopolio della tv privata, all’inizio degli anni Novanta, Berlusconi aveva anche una visione politica, un’immagine di società (poi tutto è finito letteralmente a puttane, ma questo è un altro discorso). Il politicante Matteo Renzi, invece, ha solo l’obiettivo di manomettere la Costituzione repubblicana, completando così l’opera cominciata da Napolitano nel 2011, quando il capo dello Stato fu il regista delle indotte dimissioni dell’ultimo governo dotato di una legittimità elettorale, quello berlusconiano, sostituito dal governo tecnico Monti “del Presidente”.


Il MoVimento di Grillo sembrava rappresentare qualcosa di veramente nuovo: ma oggi la carica antisistema si è esaurita, e l’obiettivo dell’ayatollah Casaleggio è il governo, pronto a qualsiasi compromesso per arrivarci – compresa la difesa delle istituzioni europee, compresa l’accettazione del Patto atlantico e la sudditanza agli Stati Uniti. Il M5s vuole arrivare al governo, ma per fare cosa di preciso nessuno lo sa: abbandonata la mitologia della Rete e il sogno della democrazia diretta, il partito di Casaleggio è privo di una visione politica complessiva e di un preciso programma di governo – non ha una linea economica, continua a essere ondivago sull’euro, ed è privo di una politica estera.


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Tutte balle. Nessuno parla più del referendum sull’euro, e nessuno in Parlamento, nemmeno i numerosi rappresentanti del M5s, ha proposto di proseguire l’iter per l’approvazione della legge. Forse perché a Casaleggio non interessa il referendum, ma solo strumentalizzare la questione-euro per non lasciarla monopolio della Lega. Così, appena scoppia il tema crisi delle banche, si rilancia l’idea dell’uscita dall’euro, ma senza più nessun riferimento al referendum. E mentre sul blog di Grillo si invoca l’uscita dall’euro a firma “M5s Europa” 17, solo pochi giorni prima un deputato pentastellato italiano ha dichiarato, non smentito, che il MoVimento vuole l’euro ma a due velocità. Parole in libertà, tutto e il contrario di tutto, come nei partiti tradizionali.


Intanto del referendum sull’euro promesso ai cittadini si è persa ogni traccia. Infatti, secondo l’Ayatollah le priorità per l’Italia sono: «Innovazione, istruzione, eliminazione della corruzione, diminuzione del livello di tassazione contemporaneamente a una seria lotta all’evasione, etica». Nessun riferimento ai temi più caldi (immigrazione di massa, Ue, Nato, Usa, Russia, euro, eccetera): l’elettore deve essere rassicurato dal nuovo M5s di governo targato Casaleggio.


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Il fatto è che a Genova il MoVimento non esiste più, né c’è più lo spirito delle origini. Sono finite le assemblee settimanali con centinaia di persone e animate discussioni, dove i cittadini si confrontavano sulla base del principio “uno vale uno”. Adesso si incontrano stancamente una volta al mese: uno/a indottrina una trentina di fan, in attesa di un posto in lista per le prossime elezioni, quali che siano...


Molti attivisti genovesi della prima ora hanno abbandonato il MoVimento, e se ancora non lo hanno fatto comunque non partecipano più. Lo stesso Putti medita di ritirarsi nella sua amata campagna di Murta. Il M5s genovese, che avrebbe dovuto riportare i cittadini alla vita politica, è ormai morto, i nuovi attivisti si sono trasformati in fanatici adepti di un partito settario che non ammette alcuna discussione interna e che prende ordini direttamente dallo staff dell’Ayatollah.


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Per il M5s targato Casaleggio si aprono problematiche nuove. Anzitutto, la questione degli iscritti certificati del MoVimento e degli attivisti in genere. Il “nuovo” M5s, da questo punto di vista, si sta comportando esattamente come il Pd renziano, per il quale le primarie vanno fatte solo dove e quando lo ritiene il capo. Se per il Pd questo è accettabile e logico (si tratta di una consorteria partitocratica al servizio di Renzi), per un movimento che della partecipazione diretta dei cittadini alla vita politica aveva fatto una delle sue ragioni d’essere è inconcepibile.


È cambiato completamente il ruolo degli attivisti: un tempo erano loro i veri soggetti politici, rispetto ai quali i parlamentari erano meri portavoce – oggi invece gli attivisti non hanno più nessuna voce in capitolo. Alla chetichella, dopo le espulsioni dei parlamentari in dissenso, è cominciata la grande pulizia interna ai meet up, privati di qualsiasi autonomia politica, e se non allineati al nuovo corso colpiti da scomunica ufficiale. Attivisti di vecchia data sono stati cacciati perché riottosi ad accettare la svolta partitica, qualunque discussione interna troncata sul nascere. Questo è il nuovo partito-setta a tolleranza zero contro la vecchia guardia.


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Corriere della Sera, 24 gennaio 2016, intervista di Pasquale Elia.

Questa intervista non sorprende più di tanto.(...) Ma vale la pena riflettere brevemente sulle parole di Grillo. Lui sarebbe stato sempre e comunque un comico, solo che ci sarebbero stati alcuni milioni di idioti i quali hanno creduto che il suo messaggio fosse politico, mentre si sarebbe trattato in realtà solo di un grande show. Insomma, i quasi 9 milioni di suoi elettori nel 2013 sarebbero stati tutti vittime di una schizofrenia collettiva(...) Per usare il suo colorito linguaggio, lui sarebbe sempre stato soltanto un comico incazzato perché mamma Rai lo aveva cacciato, e per vendicarsi si sarebbe divertito per un paio d’anni a prenderci politicamente per il culo. E adesso ce lo dice anche chiaramente.


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Un dato di fatto è comunque innegabile: il vuoto lasciato dal “passo di lato” di Grillo lo ha subito riempito Casaleggio, il quale a questo punto esercita in solitaria un potere assoluto sul “nuovo” M5s, senza esserne il leader (anzi rivendicando di non esserlo), ma prendendo tutte le decisioni politiche e organizzative, senza eccezioni.


Della figura di Gianroberto Casaleggio si dovranno in futuro occupare gli scienziati della politica. Siamo in presenza di un anonimo individuo che, utilizzando la popolarità e il carisma di un celebre comico, è riuscito – grazie a un blog intitolato a Grillo, ma opera di Casaleggio – a creare dal nulla una ragguardevole forza politica che aspira a governare un intero Paese e della quale ora ha il controllo assoluto. Si tratta, in effetti, di qualcosa di unico nelle democrazie occidentali. Perché il dato di fondo che pochi sembrano avere compreso è che Grillo rappresentava il MoVimento di lotta, mentre oggi Casaleggio manovra il M5s di governo.


(Fonte: https://www.academia.edu/34062806/Cinquestelle_and_Associati._Il_movimento_dopo_Grillo_Kaos_2016)

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