Spazio vitale contro COVID-20. Da Wuhan a Codogno, da Shanghai a Mezzocorona

Spazio vitale contro COVID-20. Da Wuhan a Codogno, da Shanghai a Mezzocorona

Mark L. Miller

Siamo stati colpiti. Il nemico un tempo dall'altra parte del mondo, tra muraglie e dragoni, ora ce l'abbiamo in ogni comune trentino da Storo a San Michele All'Adige. 

Wuhan e Codogno, nomi di due comuni che non avevo mai sentito fino a qualche mese fa. Due comuni ora assurdamente uniti da un legame concesso e timbrato dalla globalizzazione. Nel mondo globalizzato, Mezzocorona, il mio comune natale nella Provincia di Trento, è gemellato con Düßlingen, un altro piccolo paese della Germania. Un legame politico che permette a Mezzocorona di espandere il proprio raggio politico in Baden-Württemberg. Eppure la capitale del Teroldego Rotaliano è legata apoliticamente a centinaia di altri paesi e città del mondo. Intrecci commerciali, campi e flagship stores che passano dalla Sicilia, alla Germania, alla Shangai cinese [1]. Wuhan e Codogno. Non potevano essere Shanghai e Mezzocorona? Sì. COVID-19 è un effetto collaterale della nostra globalizzazione e dello scippo di spazi naturali da parte dell'uomo. COVID-19 potrebbe essere la punta dell'iceberg che preannuncia le emergenze pandemiche dei prossimi anni [2]. La globalizzazione ha fatto splendere il nostro Made in Italy e Made in Mezzo. Accordo economico win-win, stretta di mano, tutti contenti e di ritorno a casa propria. Quello che poi succede nelle rispettive case per portare buon frutto e profitto, ovvero le modalità di produzione, le condizioni ambientali e sanitarie, importa relativamente. Strumenti come il Life-Cycle Assessment sono cose da nerd ecologisti e poco interessano ai veri clienti. Eppure le condizioni di lavoro ambientali e sanitarie dei nostri partner commerciali devono interessarci da vicino. Anzi, essendo l'Italia un Paese che sussiste grazie all'export agricolo e al turismo globale, devono interessarci le condizioni ambientali e sanitarie di ogni lavoratore del mondo. Potremmo egoisticamente fregarcene soltanto se scegliessimo di uscire dal mercato globale e perseguire la strada adottata dal Bhutan qualche decennio fa, con la restrizione dei turisti e il pagamento smisurato per visti giornalieri. Vivere nella globalizzazione significa convivere sia con i suoi benefici che con i suoi effetti collaterali. Promuovere l'export italiano ma fregarcene delle condizioni ambientali e sanitarie in Cina, sarebbe ipocrita quanto l'atteggiamento di quei dirigenti di scuole e centri educativi che incentivano l'acquisto di materiali didattici nei bazar cinesi delle nostre città a prezzi stracciati. Prezzi che nascondono la manodopera sottopagata, le condizioni ambientali e sanitarie indecenti, i turni di lavoro disumani. Per fare felici i nostri bambini e i nostri bilanci scolastici, ammazziamo di lavoro uomini e bambini dall'altra parte del mondo. Grandioso. Per vivere adeguatamente nel mondo globalizzato dobbiamo acquisire un'empatia globalizzata [3]. Se le condizioni ambientali e sanitarie nel mercato di Wuhan sono pessime e incentivano il contatto tra ceppi patogeni e l'uomo, dobbiamo interessarci e indignarci. Se la commercializzazione di fauna selvatica in Gabon presso luoghi ad alta densità umana facilita i contagi patologici [2], dobbiamo pensare a soluzioni ad hoc per evitare l'innesco di quel contagio. Per evitare le prossime pandemie, le condizioni ambientali e sanitarie in China, Gabon, Nord Sumatra e Guinea Equatoriale devono interessarci quanto quelle a Roverè della Luna. 


"Sì, ma i cinesi dovrebbero smettere di mangiare cani, gatti, topi e serpenti". 

Per una frase del genere il governatore Zaia sì è beccato una bacchettata durissima dall'ambasciata cinese [4]. Delle diete altrui non possiamo discutere troppo. Certamente possiamo dire che i roditori sono tra i principali vettori di patogeni verso l'uomo. Tuttavia, quello su cui si può e si deve lavorare è la modalità di conservazione della selvaggina. Noi cervi e caprioli li refrigeriamo prontamente; la maggior parte dei commercianti del mercato di Wuhan, invece, non ha soldi per comprarsi frigoriferi o freezer. Aiutiamoli. 

"Perché diavolo dovrei aiutare i cinesi a compare frigoriferi e freezer se sono una superpotenza economica e hanno già comprato mezza Italia?"

E' il modo in cui opera la cooperazione internazionale, ovvero la concretizzazione dell'empatia globalizzata. Ci si dà una mano a vicenda per risolvere problemi dentro e fuori i propri confini nazionali. L'Italia è la settima economia mondiale e non è ancora riuscita a debellare la povertà e la mafia in alcuni comuni del Meridione. Ci sono alcune ONG tedesche che si sono prese la responsabilità di aiutarci. Perché dovrebbe importare a loro l'infiltrazione della mafia in alcuni comuni della Basilicata? Perché i confini nazionali sia per la mafia che per COVID-19 non sono poi così difficili da oltrepassare. E poi, comprare alcune decine di frigoriferi e freezer è sicuramente meno costoso di curare qualche decina di migliaia di italiani colpiti dal Corona. 


Dunque serve empatia verso uomini e collettività di altre parti del mondo, ed empatia verso altre specie intorno a noi. Così come possiamo vedere il patogeno non-vivente COVID-19 come nostro maledetto predatore, possiamo vedere le specie animali, vegetali e la stragrande maggioranza delle specie fungine, come nostri compagni di squadra contro i patogeni virali, dei prioni e dei domini filogenetici degli archea e dei batteri. In verità siamo dei pessimi compagni di squadra. Pensiamo soltanto a competere e predare i nostri compagni. Non pensiamo ai rapporti uni- e bilaterali che potremmo avere con loro. Non pensiamo al loro prezioso contributo nel regolare il funzionamento degli ecosistemi in cui viviamo. Ammazzando i nostri compagni di squadra o rimuovendo i loro habitat naturali favoriamo l'azione dei nostri nemici. E' una specie di autogol. La scarsità di vettori animali favorisce la predisposizione dei patogeni ad effettuare "salti" interspecifici; generalmente verso la specie simile più abbondante, ovvero Homo Sapiens attualmente. In più, la migrazione della fauna selvatica da aree naturali verso zone urbane, causata dalla perdita di habitat o di risorse alimentari, aumenta il numero di contatti tra gli uomini e i potenziali vettori patogeni, e dunque aumenta la probabilità di contagio [2]. Dobbiamo dare ai nostri compagni di squadra più spazio! Ci aiuteranno a contrastare i nostri nemici e serviranno da tampone. Il concetto è molto semplice. Noi abbiamo bisogno della nostra casa con un letto, un bagno e una cucina, i panda hanno bisogno delle loro foreste di eucalipto, gli elefanti selvatici dello Yunnan di riprendersi i propri habitat rubati dall'agricoltura cinese [5], i lupi e le linci delle Alpi di parchi naturali senza cacciatori e agricoltori montani col grilletto facile, i pipistrelli hanno bisogno di foreste intatte sufficientemente lontane dai rumori dell'urbanizzazione selvaggia. Diamo a questi chirotteri il loro spazio vitale e avremo meno pandemie simili al COVID-19. Noi ci togliamo un po' di spazio e i nostri compagni di squadra se ne riappropriano pian piano. Guardate il ritorno dei cigni e dei pesci a Venezia [6]. La bonifica ambientale è estremamente facile da comprendere perché è una chiara relazione causa-effetto. Chiudi i canali alle gondole, ai motoscafi e alle crociere, la fauna ritorna. Una relazione facile quasi quanto quella tra lo stop dell'uso delle automobili e la riduzione delle concentrazioni di inquinanti atmosferici sopra Wuhan [7] e la Pianura Padana [8]. In questi giorni di quarantena, in cui l'utilizzo dell'auto è concesso solo per fondamentali necessità, le concentrazioni di NO2 nell'aria sono drasticamente diminuita. Di fatto, limitare fortemente le abitudini e lo spazio d'azione dell'uomo ha benefici ambientali incredibilmente superiori all'incentivo di azioni ambientali quali l'acquisto di auto elettriche o Euro 6. Ovvio, non è solo merito del blocco delle auto. La chiusura di fabbriche, come quelle di carbone nella regione di Wuhan, hanno contribuito al successo di queste "pulizie primaverili" dell'atmosfera [9].

Riduzione delle concentrazioni di NO2 in Cina tra dicembre 2019 e marzo 2020. Fonte [9].

E' tuttavia triste che un virus abbia aiutato l'atmosfera, la flora, la fauna e l'ambiente in generale, molto meglio di noi. COVID-19 ci sta rubando il posto nella squadra! Le nostre misure ambientalistiche finora adottate sono di un'ordine di grandezza inferiore rispetto a quelle portate avanti dal nemico. E' un punto di riflessione interessantissimo. Se un virus avvantaggia così tanto l'ambiente limitando le nostre abitudini, allora, una volta terminata l'emergenza pandemica, dovremmo pensare a modi e misure per autolimitarci al fine di salvaguardare l'ambiente e la nostra stessa specie. A maggio dell'anno scorso abbiamo citato una parte del rapporto dell'ONU in cui viene messa in luce l'inefficienza della realizzazione di parchi naturali per la salvaguardia della biodiversità [10]. Sono misure "ben intenzionate ma inadeguate". I palesi effetti ambientali delle misure draconiane adottate dell'Italia e della Cina per contenere il Corona mettono in discussione questa affermazione. Generalmente, parchi naturali dove l'accesso all'uomo è vietato sono comuni solo nell'emisfero meridionale della Terra. Spesso, la delineazione di tali aree causa conflitti con le popolazioni native, abituate ad accedere senza vincoli a luoghi famigliari sin dalla nascita. Per di più la cultura di queste popolazioni native è talvolta intrinsecamente legata con questi luoghi. L'applicazione di aree con divieto d'accesso deve dunque essere cautamente e strategicamente pianificato. Come dimostra questa pandemia, vietare ingressi e spostamenti degli uomini comporta vantaggi. La delineazione di tali aree anche nel Mondo Occidentale, dove gli spazi dedicati principalmente alla natura, sono sempre meno, potrebbe avere più successo che nell'emisfero australe. I cigni son tornati a Venezia. Potremmo pensare ad aree all'interno della Laguna, in cui nessun uomo, se non ricercatori e guardie "lagunari", possa accedere? Potremmo pensare e pianificare aree ad accesso vietato nelle nostre costose e super-turistiche Alpi europee? Potremmo pensare, pianificare e creare tali aree nei nostri inquinati e affollati fondovalli trentini? Aree in cui lasciare che sia la natura, la sua flora e la sua fauna nativa, a decidere come progredire nel futuro, seguendo le proprie dinamiche anziché quelle antropiche.

Certo che possiamo. Sembrano idee impossibili eppure abbiamo visto in queste settimane che nemmeno rivoluzionare completamente le nostre abitudini è impossibile. Siamo da una, due, tre settimane in quarantena; facciamo fatica, il nostro sistema economico fa fatica e molti dei nostri concittadini sono stati uccisi dal nemico. Eppure siamo riusciti a cambiare le nostre abitudini per combatterlo, a iniziare e valorizzare altre attività, le quali non ci mettono sotto il tiro maledetto del nemico. Dobbiamo essere orgogliosi di essere una specie con tale capacità di adattamento. Pazzesco. L'idea di creare aree ad accesso vietato non è perciò impossibile. Ci saranno conflitti? Certo. Amen. Sappiamo comunque che tutti saremo in grado di adattarci. Ci sarà la volontà pubblica e politica di realizzare tali aree? Dubito. Terminata l'emergenza la collettività e il sistema produttivo ed economico sarà spronato a lavorare, rimboccarsi le maniche, ripristinare e recuperare le perdite economico private e nazionali. Gli impatti ambientali torneranno con voga, e forse si chiuderà un occhio su certi comportamenti impattanti grazie alla scusa "bisogna lavorare e recuperare". E' un discorso che funziona nel breve termine ma ci frega di nuovo nel lungo termine. In un modo o nell'altro dobbiamo metterci in testa il discorso dell'empatia globalizzata e dobbiamo pensare velocemente ad aree e a modalità per autolimitarci. Dobbiamo limitare la nostra egemonia per concedere più spazio vitale alle altre specie animali e vegetali, ai nostri compagni di squadra. Restituiamogli i loro habitat, diamogli più libertà e, in squadra, riusciremo a prevenire o limitare il prossimo COVID-20 nel mondo, a Wuhan e a Codogno, a Shanghai e a Mezzocorona.


Bibliografia:

[1] Gruppo MezzaCorona, 2016. MezzaCorona ha lanciato a Shanghai il primo flagship store di una cantina italiana su Alibaba [WWW Document]. URL https://www.mezzacorona.it/it/news/2016/mezzacorona-ha-lanciato-a-shanghai-il-primo-flagship-store-di-una-cantina-italiana-su-alibaba (accessed 3.22.20).

[2] Vidal, J., 2020. “Tip of the iceberg”: is our destruction of nature responsible for Covid-19? The Guardian.

[3] Seghesio, S., Miller, M.L., 2019. Empathy towards Australia and its koalas. GreenMarked. URL https://t.me/GreenMarked/604 (accessed 3.22.20).

[4] Corriere del Veneto, 2020. Coronavirus, Zaia: «I cinesi mangiano topi». Pechino protesta - CorrieredelVeneto.it.

[5] Özdemir, D., 2020. Wild “Sober” Elephants Break Into Village, Searching for Food in Southwest China. Interesting Engineering. URL https://interestingengineering.com/wild-sober-elephants-break-into-village-searching-for-food-in-southwest-china (accessed 3.22.20).

[6] Brunton, J., 2020. “Nature is taking back Venice”: wildlife returns to tourist-free city. The Guardian.

[7] Future US, n.d. Air pollution over China dropped in January, rebounding in March - Satellite Data [WWW Document]. Space Showcase. URL http://videos.space.com/m/6Ve0Xx6J/air-pollution-over-china-dropped-in-january-rebounding-in-march-satellite-data (accessed 3.22.20).

[8] ESA, 2020. Coronavirus: nitrogen dioxide emissions drop over Italy.

[9] Patel, K., 2020. Earth Matters - How the Coronavirus Is (and Is Not) Affecting the Environment [WWW Document]. Earth Observatory. URL https://earthobservatory.nasa.gov/blogs/earthmatters/2020/03/05/how-the-coronavirus-is-and-is-not-affecting-the-environment/ (accessed 3.22.20).

[10] Miller, M.L., 2019. UN Report Assessment. GreenMarked. URL https://t.me/GreenMarked/533 (accessed 3.22.20).

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