Burkina Faso, intervista al Ministro della Difesa
di Rangeloni Vittorio NicolaA Ouagadougou ho incontrato il ministro della difesa Kassoum Coulibaly, il quale ha raccontato come sta cambiando il Burkina Faso dal punto di vista della sicurezza. Da molti anni il Paese è impegnato nella lotta contro il terrorismo. Se prima guerra veniva condotta con il supporto della Francia e dell’Occidente, dopo i golpe del 2022, motivati proprio dagli scarsi risultati ottenuti nella lotta all’Isis ed al-Qaeda, le autorità Burkinabè hanno deciso di interrompere la cooperazione militare con Parigi. Secondo il Ministro della difesa, nel momento in cui le truppe straniere hanno abbandonato il suolo del Burkina Faso, il Paese è diventato indipendente. In questo modo è stato possibile riallacciare stretti rapporti con Mosca e siglare importanti accordi con gli altri paesi del Sahel.
- Recentemente i media locali hanno riportato molte operazioni di successo contro le organizzazioni terroristiche. Qual’è la situazione generale al fronte in questo momento?
Ministro della Difesa Kassoum Coulibaly: “Grazie alla nuova partnership con la Russia, abbiamo ricevuto slancio e oggi abbiamo grandi speranze. Questa cooperazione ci consentirà di condurre efficacemente la spietata lotta contro il terrorismo nel nostro paese. Due anni fa le Forze Armate del Burkina Faso controllavano solo il 35-40% del territorio nazionale. In due anni ci siamo avvicinati al 70%.
Abbiamo ottenuto risultato concreti sul campo di battaglia grazie al notevole sostegno dei volontari e dell'intera popolazione del paese, nonché grazie alle iniziative e le direttive del capo dello Stato, e comandante supremo delle Forze Armate (Ibrahim Traoré), portando ad un’accelerazione della riorganizzazione delle forze di difesa e sicurezza.
La libertà nella scelta dei partner nella cooperazione militare ci ha permesso di ottenere un successo significativo. Questo è merito, tra l'altro, dei nostri partner — Niger, Mali e Togo.”
- Come si sta sviluppando l’esercito dopo che il contingente francese ha lasciato il paese? Quali nuove prospettive ci sono in questa direzione?
“Spesso le forze straniere presenti in un territorio straniero si limitano a seguire le linee politiche dei loro Paesi o quelle di alcune organizzazioni che hanno una posizione pregiudiziosa. E infatti, quando i contingenti stranieri se ne sono andati, quando la MINUSMA (missione delle Nazioni Unite in Mali) ha lasciato il Mali, c'è stata più libertà di azione. Un grande risultato è stata la conquista di Kidal, che nessuno si sarebbe immaginato durante la presenza di forze internazionali. Solo gli stessi maliani, facendo leva sulla propria sovranità, sono riusciti a conquistare Kidal.
Per il Burkina Faso vale lo stesso. In passato abbiamo chiesto alla Francia di riconsiderare il partenariato tenendo conto della nuova visione del governo (di transizione, insediatosi con il golpe del settembre 2022, n.d.t) e del capo dello Stato, considerati inoltre i fattori con cui abbiamo a che fare sul campo. Alla fine è stato deciso che avremmo dovuto porre fine alla collaborazione in quel formato, poiché a nostro avviso non era onesta. In un’alleanza serve che accanto ci sia chi istruisca. Questo è il punto principale, non può funzionare in nessun altro modo.
Avevamo affrontato attacchi di gruppi terroristici e assistito a tentativi della Francia di agire in modo indipendente, mentre noi, per loro, saremmo dovuti rimanere in disparte. Dopo aver constatato cosa accade nella pratica, abbiamo detto loro: "no, basta, niente più interferenze straniere. Ci occuperemo da soli dei nostri problemi". Così è stato fatto.
I francesi non ci avevano aiutato abbastanza. Forse hanno perseguito altri interessi. Ma in ogni caso, nessuno può garantire la nostra sicurezza meglio di noi stessi: possono aiutarci, sostenerci, ma non possono condurre la guerra per noi. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è supporto e aiuto.
Quando le truppe straniere hanno lasciato il nostro Paese siamo diventati indipendenti. D'ora in poi, possiamo creare partnership a nostra discrezione, lavorare con chi vogliamo.
Abbiamo già constatato le conseguenze della partenza delle truppe francesi. Alcuni paesi con cui avevamo accordi per l’addestramento dei militare, per qualche motivo, hanno sospeso la collaborazione. Invece di sostenerci nella lotta contro i terroristi (al-Qaeda e ISIS), che essi stessi riconoscono essere un problema, non fanno nulla per aiutarci. Volevamo ottenere risultati usando le nostre risorse, ma le nostre licenze (per fabbricazione di armi) sono state bloccate dai più grandi paesi occidentali, anche se questo è assurdo. A quel punto ci siamo resi conto di come funzionassero veramente gli equilibri nelle relazioni internazionali. Questi fatti hanno aperto gli occhi non solo ai nostri leader, ma anche a tutto il popolo del Burkina Faso.
- Come valuta la cooperazione tecnico-militare tra Russia e Burkina Faso?
“Una volta eravamo abituati ad avere gli occhi, le orecchie e la bocca chiusa. Ma ora il Burkina Faso ha deciso di trattare con chi vuole. Oggi vediamo, ascoltiamo e sappiamo valutare e cogliere una buona opportunità. Grazie a Dio per la proficua collaborazione con la Russia, siamo molto entusiasti di questa partnership. Siamo sempre in contatto con la leadership del Ministero (della difesa della Russia) e questo risulta molto comodo quando occorre parlare: conduciamo le discussioni apertamente, su un piano di parità. Diciamo francamente tutto così com'è, tutto ciò che vorremmo ottenere da questa collaborazione. E la Russia risponde alle nostre richieste. Grazie ai leader che hanno dato slancio a questa collaborazione. Abbiamo sia la volontà che l'orgoglio: siamo orgogliosi di essere in grado di sviluppare questa partnership, che siamo certi sarà davvero fruttuosa in termini di condivisione di esperienze, miglioramento della formazione e acquisto di attrezzature.”
- Il Burkina Faso recentemente ha ricevuto nuovi droni dalla Turchia. Quanto si sono rivelati efficaci i nuovi armamenti sul campo di battaglia? Hanno cambiato il corso della guerra?
“I droni li riceviamo dal 2021 e devo dire che ora vengono impiegati in modo perfetto. Siamo bravi a usare i droni, sono una forza importante. I fornitori turchi ci stanno addestrando ad impiegarli con successo. Possiamo vedere come funzionano queste macchine: l'intera popolazione del Burkina Faso è testimone del lavoro dei droni sul territorio del paese. Alla gente mostriamo queste immagini in modo che si possa vedere la portata della lotta ed i suoi risultati.
C'è un altro aspetto importante che ha aiutato ad aprire gli occhi dei cittadini: la gente ha visto che anche i terroristi che vengono a ucciderci temono la morte. Quando i missili cadono su di loro, fuggono. Le persone che hanno paura dei militanti ora sanno che anche loro hanno paura e che non vogliono morire. Questo è il risultato che i droni hanno sulla coscienza della popolazione. La gente pensava che i terroristi fossero "invincibili”, che fossero “temerari". Ciò incoraggia le nostre truppe e mostra ai cittadini che siamo pronti ad affrontare il nemico su qualsiasi terreno. Ora, con i droni strategici, abbiamo la possibilità di attaccare i terroristi in tutto il paese in meno di venti — un massimo di trenta minuti.”
- Verso fine febbraio nell’area settentrionale del Paese i terroristi dell’Isis hanno condotto diversi attacchi verso comunità religiose e villaggi, provocando numerose vittime. A fine aprile gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno accusato l'esercito del Burkina Faso di aver commesso «massacri» contro i civili. Secondo lei, perché hanno deciso di organizzare questa provocazione?
“Per quanto riguarda questa situazione, siamo riusciti a riunire tutti gli ambasciatori dell'Unione Europea, del Canada e degli Stati Uniti chiedendo loro di spiegarci cosa esattamente, dal loro punto di vista, noi non fosse chiaro in questa storia.
Prima avevo riferito che controlliamo circa il 70% del territorio nazionale e che rimane un 30% in cui si verificano esecuzioni e vengono commessi attacchi terroristici. Ciò significa che le nostre truppe non sono presenti ovunque e tutti ne sono ben consapevoli. I paesi che ci hanno condannato hanno immagini satellitari in cui possono vedere cosa sta succedendo esattamente in quelle aree.
Se qualcuno mi dice che in un'area in cui non ho soldati, dove ci sono solo civili e da dove la popolazione fugge, l'esercito del Burkina Faso ha commesso atrocità, rispondo: «Non è vero. Andate a vedere da soli». In effetti, le aree menzionate (nei report in Human Rights Watch, n.d.r) sono villaggi in cui si sono riversati molti sfollati provenienti da diverse regioni del Paese.
Alcuni attivisti ed ONG e attivisti hanno accusato che di fronte a questo terribile massacro il governo non ha reagito. Ora, queste cose accadono in aree non controllate dallo Stato, dove non sono presenti forze di difesa. Se l'incidente fosse avvenuto in aree sotto controllo, sarebbero iniziate subito e rispettate tutte le procedure investigative da osservare. Ma non è possibile operare in un territorio pericoloso dove esistono minacce di vita per gli operatori delle forze di difesa. Abbiamo preso tutte le misure necessarie, fornendo agli specialisti una scorta affidabile per giungere sul posto. È stato possibile assicurarsi che nella zona in cui si sono svolti i fatti, non vi era la presenza di soldati.
Una volta che la missione è tornata, il Procuratore inviato i testimoni a deporre. E finora nessuno di essi ha affermato di poter provare il coinvolgimento in questi crimini da parte delle forze di difesa e di sicurezza.
Human Rights Watch sostiene che ha "altri informazioni". Lasciate che HRW fornisca le prove. E se le forniranno, daremo tutte le garanzie per proteggere i testimoni. Vogliamo che la verità venga fuori. E fin troppo semplice trovarsi a migliaia di chilometri da dove si sono svolti i fatti e parlare di testimonianze anonime via telefono e accusare istituzioni, governo e Stato.
Abbiamo imparato a riconoscere queste trame da tempo, negli gli anni prima dell’ottenimento della nostra sovranità, conducendo la nostra lotta proprio per questo. Contro il Burkina Faso, i suoi leader, le forze di difesa e sicurezza opera un’intera sistema mediatico internazionale. Non sappiamo perché. Forse hanno le loro motivazioni, ma la verità è lontana dalle loro dichiarazioni.”