Botros 16 - Le ripartenze nella società

Botros 16 - Le ripartenze nella società

Francesco Caliò (https://t.me/BotrosGiornale) [Art. 3 Settembre 2023]

Il fenomeno delle “ripartenze” nella società è spesso associato in sociologia alle fratture, quelle che vengono chiamate “cleaveges”, ben inquadrate da Rokkan[1] quando parla di fratture sociali.

Ma non si può non ricordare il contributo di Francesco Alberoni mancato nel mese di Agosto 2023. A lui si devono i tanti studi sui movimenti collettivi (nascita dei partiti nelle democrazie occidentali)[2] oltre che sul concetto di amore in chiave sociologica[3].


In un certo senso, le ripartenze a prescindere dall’ambito di riferimento sono osmotiche e legati a momenti e periodi storici di grande mutamento sociale (sia esso violento o pacifico). Le ripartenze sono quindi un output di un processo, una risultante sociale e politica derivante da un cambiamento.

Alberoni associa ogni mutamento umano alla politica (intesa come scienza sociale e non come semplice ricerca di consenso o di gestione del potere). Non è un caso che non appare affatto superata, decontestualizzata, superflua o addirittura fuori dalla storia quella classica distinzione tra destra e sinistra[4].

La bipartizione è più attuale che mai. Basta soffermarsi sulle scelte di politiche pubbliche che un governo mette in campo. Oggi più che mai si può osservare come un esecutivo faccia delle scelte che si traducono in effetti diretti, indiretti e mediati sulla collettività.

Tagliare i fondi alla sanità pubblica per esempio, per favorire il gestore privato implica una precisa scelta, che viene definita lobbistica tra gli addetti ai lavori. Eppure, la massa sembra stordita, dopata da campagne comunicative[5] studiate ad arte[6]. Tutto ruota intorno alla comunicazione, e sufficiente irrompere nei social con notizie inconsistenti ma di effetto abbagliante per spostare l’attenzione da un problema reale (pronto soccorsi ospedalieri al collasso), ad uno fittizio (la velina che rompe la relazione con il calciatore durante un reality).

Questo effetto distorsivo avviene anche in campo politico. I disastri sono sotto gli occhi di tutti, ma si continua a dare fiducia ad una visione politica immorale (ministri che violano le norme fiscali e societarie e che rimangono nelle istituzioni perché coperti e tutelati dai colleghi di partito (in Gran Bretagna un ministro si dimise volontariamente per un banale rimborso spese), pseudo guru dal passato oscuro che si improvvisano industriali, vitalizi parlamentari reintrodotti nebbiosamente a favore persino di ex deputati o ex presidenti di regioni condannati con sentenza passata in giudicato, et etc.).


Si arriva persino a contestare uno strumento di politica sindacale retributiva minima. Assistiamo proprio in questo periodo alla vicenda del “salario minimo garantito”, che altro non è che una tutela retributiva per i lavoratori precari, affinché la retribuzione non scenda sotto livelli che rasentano la soglia della povertà.

Non è bastato nemmeno l’art. 36 della Costituzione[7] che appunto attribuisce un valore costituzionale al livello retributivo, (“proporzionato e sufficiente”), tanto da dover essere necessario legiferare per la garanzia di un diritto costituzionale. Anche su questo punto c’è chi addirittura parla di scelta ideologica (forse perché fa molto comodo la precarietà non solo contrattuale ma anche retributiva) e si sceglie di posticipare o meglio eludere il possibile intervento legislativo di tutela sociale.

Ecco, la differenza tra le politiche pubbliche reazionarie e conservative e quelle sociali e progressiste emerge in tutta la sua forza, non è una questione di colore, ma appunto di precise scelte socio economiche, che si traducono in quelle che vengono chiamate “Politiche Pubbliche”[8].


Se scomodiamo i classici per esempio, non è difficile imbattersi in Pericle, nel 476 AC, questo signore fece un discorso agli ateniesi, difficile da digerire soprattutto se lo riportiamo nei nostri giorni, attuale, spietato, dirompente e tristemente senza tempo[9]. Questo per riaffermare che le ripartenze sociali sono sempre ripartenze politiche, come scelte veicolate verso gli interessi pubblici.

Non c’è ripartenza se le politiche hanno come obbiettivo l’interesse individuale egoistico. I mutamenti sociali sono sempre delle ripartenze, questo è un fatto storico, possiamo affermare che appartiene all’umanità sin dalle società tribali.

Anche i periodi storici per esempio sono caratterizzati da fratture e ripartenze, pensiamo al “rinascimento”[10] (sotto il profilo artistico l’Italia è sicuramente il più grande esempio di rinascita e ripartenza) dopo il periodo buio del medioevo che era stato caratterizzato dalla caduta dell’impero romano e dalle invasioni barbariche determinando una curva decrescente sia sotto il profilo demografico che urbanistico per non parlare dello sfilacciamento delle regole giuridiche.

Politicamente è sicuramente stata una ripartenza il “risorgimento”[11], almeno nelle fasi iniziali, salvo poi trasformarsi in una spinta verso l’aggregazione monarchica con il regno sabaudo. Cosi come di ripartenza sociale si può parlare sul versante delle tutele sindacali e di tutto quel movimento operaio che agli inizi del secolo scorso determinò l’effetto aggregativo operaio[12]. Probabilmente l’immagine che più di ogni altra che raffigura un simbolo di ripartenza è il quarto stato[13].


La ripartenza della sanità pubblica è forse l’auspicio maggiore che uno stato sociale a vocazione garantista, ed i cui principi fondamentali sono contenuti nei primi 10 articoli della nostra carta costituzionale possa avere. Se si pone il paragone con gli stati anglosassoni e quindi in chiave comparativa le differenze emergono in tutta la loro drammaticità.

Ti curi se possiedi una polizza, e anche un banale ingresso in una struttura ospedaliera impone dei costi per un singolo cittadino insostenibili. In Italia le politiche restrittive hanno determinato sul piano sociale una rinuncia alle cure, soprattutto quelle diagnostiche e preventive, con un effetto disastroso su tutto il sistema sociale. Non dimentichiamo che la malattia pone dei costi sociali oltre che economici[14].

Una vera ripartenza in questo ambito ci può essere soltanto se si riorganizza in modo strutturale il comparto (non con tagli scellerati, destrutturazioni, scomposizioni organizzative, ma costruendo un modello organizzativo che pone al centro l’individuo che necessita di cure).


Come è facile intuire, la ripartenza come concetto astratto non esiste, essa è un meccanismo causa ed effetto in ogni ambito della società. Non è un caso che Bauman[15] individui nella società dei consumi una società ostile alla ripartenza sociale, avversa alla sostenibilità. La spinta al consumo è antitetica al concetto di ripartenza, di rigenerazione umana. Spingere sul consumo ad ogni costo e a qualunque mezzo sembra essere diventata l’unica cosa di cui l’uomo non si può privare, dimenticando di fatto o meglio escludendo le possibili alternative, solo con l’assistenza reciproca, con i principi di solidarietà si potrà pensare ad una società rigenerata. Su questo Bauman non vede alternative, siamo di fronte ad un prendere o lasciare.

La ripartenza è legata ai concetti di agire sociale e di attore sociale[16], la questione della ripartenza è in realtà unaquestione sociale” come Alain Touraine afferma nei suoi studi. Un mondo governato dalla finanza e dalla comunicazione che frigge i cervelli, lascia poco spazio a ripartenze in chiave di ecologia umana. La società sta via via prendendo pieghe reazionarie e identitarie dei sovranismi e dei fondamentalismi religiosi, solo con il pensiero sociale e con l’azione politica ad esso ispirata è possibile gettare le basi di una ripartenza, di una vera rigenerazione.

Si deve a lui lo smarcamento della sociologia europea da quella di tradizione americana (struttural_funzionalismo di Talcott Parsons[17] che ingabbiava la società in regole, ruoli, strutture, funzioni, declassando gli individui rispetto alla società come struttura).

Touraine[18] prende un’altra strada, privilegiando il “conflitto” come categoria esplicativa della società e della politica. Il riscatto sociale visto come ripartenza dell’individuo nella società, non come ingranaggio, ma come attore che si autodetermina e reclama il diritto alla presenza ed alla partecipazione, che siano esse scelte private, o di movimento operaio, o contro il nucleare, o altro. Infine, se ci pensiamo bene le ripartenze hanno senso se mirano all’egualitarismo, inteso non come utopia, ma come tendenza a rendere eguali i diseguali[19].


La vita è fatta di un inizio ed una fine. E’ difficilissimo accettarlo, ma non c’è vita senza morte. L’incredibile insieme equilibrato di sostanze del quale siamo fatti contiene tutte le istruzioni per vivere e anche quelle per spegnersi. Non serve, forse, a rendere le cose meno difficili, ma seve comunque saperlo.
Cleto Corposanto               

[1] Stein Rokkan -  https://www.treccani.it/enciclopedia/stein-rokkan_%28Enciclopedia-Italiana%29/

[2] Francesco Alberoni – Movimento e istituzione – Sonzogno editore - 2014

[3] Francesco Alberoni – Innamoramento e amore – BUR 2012

[4] Norberto Bobbio – Destra e sinistra – ragioni e significati di una distinzione politica – Donzelli 2009

[5] Luciano Paccagnella – Sociologia della comunicazione – Il Mulino 2010

[6] Luigi Anolli – Introduzione alla Psicologia della comunicazione Il Mulino 2012

[7] Carta Costituzionale – art. 36 – Roccella Massimo – Manuale di diritto del lavoro – Giappichelli 2014

[8] Gloria Regonini – Capire le politiche pubbliche Il Mulino 2001 – Il volume è fruibile gratuitamente su rilascio del docente al seguente indirizzo web. http://www.politichepubbliche.org/base/capirelepolitiche.html 

[9] Pericle – Discorso agli ateniesi 476 AC - Qui ad Atene noi facciamo così. Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia. Qui ad Atene noi facciamo così. Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell'eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
Qui ad Atene noi facciamo così. La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l'uno dell'altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo. Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.
Qui ad Atene noi facciamo così. Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa. E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell'universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
Qui ad Atene noi facciamo così. Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia. Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore. Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell'Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero. Qui ad Atene noi facciamo così.

[10] Massimo Montanari – Storia medievale – Laterza 2014

[11] Renata Ago – Vittorio Vidotto – Storia moderna Laterza 2021

[12] Aris Accornero – Il mondo della produzione – Il Mulino 2013

[13] https://www.analisidellopera.it/il-quarto-stato-pellizza-da-volpedo/

[14] Guido Giarelli – Sociologia della salute e della malattia – Il Mulino 2020

[15] Zigmunt Bauman - https://greenreport.it/news/economia-ecologica/bauman-greenreport-la-societa-dei-consumi-ostile-avversa-alla-sostenibilita/

[16] Alain Touraine - https://www.micromega.net/addio-ad-alain-touraine-liberta-del-soggetto-e-deriva-identitaria/

[17] Talcott Parsons – La struttura dell’azione sociale – Meltemi 2021

[18] Sara Gentile – Uni Catania – Alain Touraine il sociologo universalista – Fondazione Feltrinelli Giugno 2023 - https://fondazionefeltrinelli.it/alain-touraine-sociologo-universalista/

[19] Norberto Bobbio – Studi per una teoria generale del diritto – Giappichelli 2012 

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