Botros 9 - Storie di amori eterni

Botros 9 - Storie di amori eterni

Angelins (https://t.me/BotrosGiornale) [Art. 5 Febbraio 2023]

L’amore vero si sa, è travolgente, passionale, tormentato e a volte fatale, a volte scandaloso, perchè non si lascia costringere in regole, schemi, imposizioni, limiti.

Arriva senza preavvisi, rompe gli argini delle consuetudini e mette radici profonde, di cui è impossibile liberarsi. Spazia, compie follie, e accetta anche di sacrificare la vita, per rimanere salvo e intatto per sempre.

Questo amore eclatante pur senza volerlo, resta imperituro nella memoria di tutti, come modello ineguagliabile di fusione perfetta tra due esseri.

L’amore vero, in effetti, è il sogno segreto di tutti: si cerca per tutta la vita, ma non si trova facilmente. Di amori che nascono e muoiono velocemente, ce ne sono tanti, ma non sono quelli che lasciano traccia indelebile nei cuori, nelle menti e nel cammino dell’umanità.

Le storie di amori famosi sono tante: ci sono storie antiche, miti e metafore del vero amore, storie esistite e storie inventate, storie a lieto fine e storie tragiche: tutte, però, sono tramandate nel tempo, perchè rappresentano il “sentimento grandioso”, che non muore se non altro perché raccontato in letteratura, in teatro, in film.

In questo articolo ne trattiamo alcuni che ormai sono come modelli, negativi o positivi, nell’immaginario di tutti.

Iniziamo con i miti, che si perpetuano come le metafore di amori eccezionali, intramontabili, resilienti, capaci di imprese ineguagliabili e di follie. Sono amori interpretati, illustrati, rappresentati in varie forme artistiche.


Amore e Psiche, favola dell’amore

E’ stata raccontata dal poeta latino Apuleio, nella sua opera Metamorfosi.

Il dio Amore si innamora perdutamente di una fanciulla mortale di nome Psiche, da cui non si fa riconoscere come un dio. Psiche, però, è curiosa di sapere qualcosa di più sull’amato con cui s’incontra di notte. Mentre Amore dorme, Psiche si avvicina a lui e gli illumina il volto con la luce di una lampada.

Con meraviglia scopre che il suo amato è il bellissimo Eros.

Amore si sveglia e comprendendo di essere stato scoperto fugge via.

Psiche tenta il suicidio, ma gli dei vengono in suo soccorso. La dea Venere sottopone Psiche a molte prove difficilissime e pericolose: le assicura che se le supererà, diventerà immortale e potrà sposare suo figlio Eros.

Durante l’ultima prova Psiche cade in un sonno profondo, da cui viene risvegliata da Amore, il quale chiede l’aiuto di Giove, che facendo bere ambrosia a Psiche, la fa diventare immortale.

Amore e Psiche si sposano e dalla loro unione nasce Voluttà, cioè Piacere.

Questa favola ha un significato profondo: Amore rappresenta il desiderio e Psiche l’anima.

Solo unendosi con Amore, Psiche guadagna l’immortalità; desiderio e anima si uniscono per sempre.

Orfeo ed Euridice

Questo mito è raccontato da Ovidio nelle Metamorfosi

Orfeo figlio del dio Apollo e della musa Calliope, era poeta e musico di eccezionale talento.

Con la sua lira riusciva ad incantare tutti, anche le bestie.

Euridice era la sua giovane e bellissima sposa, che un giorno, correndo per sfuggire ad un tentativo di violenza da parte del pastore Aristeo, mise il piede sopra un serpente velenoso. Questo le diede un morso, che per lei fu fatale. Euridice, infatti, morì e scese nell’Averno, ch’era per gli antichi il regno dei morti. 

Orfeo non riusciva a consolarsi per la perdita dell’amata, e, per amore, ebbe il coraggio di recarsi nell’Oltretomba, per tentare di riportare in vita la sua dolcissima sposa.

Con il suo canto riuscì ad incantare tutte le creature del regno dei morti, che non gli fecero del male. Giunse innanzi a Proserpina e agli dei e, quando si rese conto che anch’essi erano affascinati dalla dolcezza della sua voce e della sua musica, Orfeo chiese la restituzione di Euridice.

Proserpina, commossa, acconsentì, a patto che egli, nel riportare nel regno dei vivi la sposa, sapesse resistere alla tentazione di voltarsi indietro per guardarla. 

Orfeo accettò, ma quando fu vicino alla luce del sole, per timore che la sposa non lo seguisse più e per il forte desiderio di guardarla in viso, si voltò e in quel preciso istante una forza misteriosa risucchiò Euridice, che scomparve per sempre.

Orfeo è la passione; Euridice è simbolo dell’anima, della spiritualità; Aristeo è simbolo dei bassi istinti umani.

Il viaggio di Orfeo agli inferi è l’allegoria della scoperta, attraverso l’arte, dei più oscuri meandri della psiche umana, in cui risiedono i peggiori e indicibili orrori e timori.

Un amore mitico a lieto fine: Penelope ed Ulisse

Quello di Penelope è un mito, che non finisce tragicamente come quasi tutte le storie di amore e di passione travolgente. Era la moglie di Ulisse, mitico eroe dell’Odissea, che peregrinò per dieci anni, prima di potere tornare ad Itaca, da sua moglie.

Penelope, pur non avendo notizie del marito per lunghi anni, lo aspettò e rifiutò le richieste di matrimonio dei Proci, giovani nobili del luogo.
 

Escogitò uno stratagemma, per eludere le richieste dei Proci e guadagnare tempo. Promise di risposarsi, dopo aver terminato di tessere la sua tela, che di notte disfaceva, per ricominciarne la tessitura durante il giorno.

Ulisse finalmente tornò e dopo aver ucciso tutti i Proci, riabbracciò sua moglie.

Penelope incarna il modello della donna, non solo bella, ma intelligente: riuscì da sola a conservare il regno di Itaca e il patrimonio della famiglia.

Fu fedele al marito, alla difesa della casa, del figlio.

Antonio e Cleopatra: un amore tragico

Dopo la morte di Cesare, i triumviri Antonio ed Ottaviano, sconfissero Bruto e Cassio nel 42 a.C.

Ad Ottaviano fu affidata l’Italia mentre ad Antonio, la Gallia e tutto l’Oriente.

Si stabilì in Cilicia, a Tarso, dove incontrò Cleopatra.

Si innamorarono subito follemente ed Antonio trascurò la conquista del potere per dedicarsi a Cleopatra.

In seguito a scontri e a lotte con Ottaviano per la conquista del potere, Antonio accettò di sposare la sorella del rivale, pur continuando ad amare Cleopatra, da cui ebbe anche un figlio. Ma anche Ottavia gli diede dei figli, per cui la rivalità con Ottaviano divenne sempre più accesa. L’odio di Ottaviano per il rivale, superò ogni limite quando Antonio nominò suoi eredi il figlio avuto da Cleopatra e quello che la regina aveva avuto da Cesare.

Ottaviano nominò Antonio nemico pubblico di Roma e lo attaccò con la flotta armata romana.

Antonio e Cleopatra furono sconfitti e si suicidarono, per non cadere nelle mani del nemico.

Circa la morte dei due, si raccontano diverse versioni: una dice che Cleopatra, dopo la morte dell’amante, si lasciò mordere da un aspide, per morire.

La tragedia scritta da William Shakespeare, racconta che Antonio, ad un certo punto, decise di uccidere la regina per tradimento; quest’ultima, però, finse di essersi uccisa. Antonio, disperato, si tolse la vita.

Prima di morire si accorse che Cleopatra era ancora viva e le morì tra le braccia. Cleopatra, pentita di aver fatto credere ad Antonio di essersi uccisa, distrutta dal dolore per la morte di Antonio e temendo di essere umiliata da Ottavia, decise di suicidarsi a sua volta, usando il veleno di un aspide. Ottaviano scoprì il corpo e ordinò che Cleopatra venisse sepolta accanto ad Antonio. "Sarà sepolta accanto al suo Antonio. Nessuna tomba sulla terra abbraccerà amanti così celebri" sono le ultime parole che vengono pronunciate alla fine della tragedia.

Ginevra e Lancillotto, storia di un amore tragico

Ginevra e Lancillotto sono gli amanti protagonisti di Lancelot, romanzo scritto da Chretien de Troyes e completato da Geoffroy de Lagny. Il romanzo fa parte del Ciclo Bretone.

Ginevra, moglie di re Artù, viene rapita da un cavaliere ribelle, Meleagant.

Artù incarica Lancillotto, il Primo cavaliere della Tavola Rotonda, fedelissimo al re, di cercare e liberare Ginevra.

Lancillotto liberà Ginevra, ma i due si innamorano perdutamente.

Dopo le prime resistenze di Lancillotto, che voleva rimanere fedele al re, i due, travolti dalla passione, si amarono ripetutamente di nascosto.

Il re scoprì il tradimento e condannò a morte Ginevra.

Lancilloto scappò e in seguito tornò per attaccare Camelot e per liberare Ginevra.

Camelot fu distrutta, re Artù rimase ucciso, ma Lancillotto scoprì che Ginevra era morta.

Si ritirò in convento e si dedicò alla vita spirituale.

La storia tra Lancillotto e Ginevra è il simbolo dell’amore cortese, un sentimento adultero che rompe gli equilibri di corte, così forte da non riuscire a discernere i limiti della realtà in maniera razionale, un amore così potente da non poter essere contenuto e nascosto.

Paolo Malatesta e Francesca da Rimini, un altro amore proibito, che finisce tragicamente

«Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona.»(Divina Commedia, Inferno – Canto V, 100-107)

Francesca da Polenta, era figlia del Signore di Ravenna e di Cervia, Guido Minore da Polenta, che diede la figlia in sposa a Giovanni Malatesta, detto lo Sciancato, per sdebitarsi di alcuni favori ottenuti da questi.

Per evitare che la figlia rifiutasse di sposarlo, perchè brutto, sgradevole e zoppo, organizzò un matrimonio per procura.

Di nascosto della figlia al posto di Giovanni detto Gianciotto, fece presentare Paolo il Bello, fratello del Malatesta.

Francesca, spiata di nascosta la bellezza di Paolo e convinta che fosse lui realmente lo sposo, acconsentì alle nozze.

Solo in seguito scoprì la tresca ordita dal padre e dal marito. Francesca si rassegnò ed ebbe anche figli da Gianciotto.

Paolo si recava spesso a far visita alla cognata e i due, quando si resero conto di amarsi, cominciarono ad incontrarsi segretamente.

Durante uno degli incontri, mentre leggevano la storia di Ginevra e Lancillotto, Paolo e Francesca, travolti dalla commozione e dalla passione, si scambiarono un bacio.

In quel preciso momento, nella stanza, irruppe Gianciotto, che era stato informato del possibile tradimento. Gianciotto, pazzo di gelosia, li trafisse entrambi.

Dante pone i due amanti nell’Inferno, perché colpevoli di adulterio, ma non li separa: li condanna a vagare sempre insieme, perché commosso dalla loro triste storia.

Giulietta e Romeo, la storia romantica per antonomasia

La tradizione ha identificato, i luoghi dove avvenne la tragedia dei due innamorati.

Sopra: la casa di Giulietta, con il balcone a cui la ragazza si affacciò quando Romeo le dichiarò il suo amore, si trova in Piazza Erbe, mentre la casa di Romeo, e la tomba di Giulietta sono poco distanti.

Romeo e Giulietta; la storia più famosa nel mondo

Non si sa bene quanto di vero e quanto di leggendario ci sia in questa storia, che incanta tutti gli innamorati.

Una delle tante versioni, sostiene che Romeo e Giulietta sono esistiti veramente.

Lei si chiamava Lucina Savorgnan del Monte di Osoppo (c. 1493 – 1543), lui si chiamava Luigi Da Porto (1485 -1529). Inoltre, essendo Luigi figlio di una Savorgnan del Torre di Zuino, i due giovani erano imparentati alla lontana. 

E’ stato William Shakespeare, con la sua tragedia, a farla diventare celebre e modello incontrastabile di amore puro, disinteressato, romantico

La vicenda è ambientata a Verona, dove vivono due famiglie nemiche, Capuleti (nella realtà Cappelletti o Dal Cappello) e Montecchi, che vissero al tempo delle lotte tra Guelfi e Ghibellini.

Proprio per questa rivalità molto accesa, le famiglie ostacolavano l’amore dei due giovani, che si sposarono segretamente e si frequentavano tenendo all’oscuro le famiglie. 

Proprio per la lotta acerrima tra famiglie, durante uno scontro Romeo uccise Tebaldo della Famiglia Capuleti. Per questo dovette scappare in esilio.

Per evitare di sposare Paride scelto per lei dai genitori, Giulietta, sostenuta da Fra Lorenzo, escogita un piano: finge di accettare il matrimonio, ma organizza un finto avvelenamento. Berrà una pozione, che la farà sembrare morta per 42 ore. Invia un messaggio a Romeo per avvisarlo dell’inganno.

Ma Romeo non riceverà il messaggio. Venuto a conoscenza della morte di Giulietta torna a Verona, uccide Paride e credendo che l’amata sia morta, si avvelena. Quando Giulietta si sveglia trova Romeo morto e per il dolore prende il pugnale di Romeo e si suicida.

Verona, metà di numerosissimi turisti provenienti da tutto il mondo, è diventata la città dell’Amore. Molti angoli sono dedicati a Giulietta e Romeo e molti club ed associazioni sono nate in città, per continuare a far vivere la storia dei due innamorati. 

Il muro di Giuliette su cui gli innamorati lasciano dediche, messaggi, pensieri sull’amore.

La cassetta della posta per Giulietta.

Proprio a metà strada tra la casa di Giulietta e quella di Romeo, in centro a Verona, nascosta dal portone di un palazzo d’epoca, c’è la sede del Club di Giulietta, il luogo dove lettere di innamorati da tutto il mondo vengono raccolte e da cui partono risposte firmate dalle segretarie di Giulietta. 

“L’idea di base del club nasce da un’iniziativa di Ettore Solimani, che negli anni 30’ iniziò a raccogliere le prime lettere lasciate dai turisti alla tomba di Giulietta, di cui era custode e che all’epoca era il sito principale, poiché la casa ancora non era accessibile”

ci spiega Giovanna, responsabile del club all’epoca.

In seguito Giulio Tamassia, nel 1972 fonda il Club di Giulietta e, insieme a un gruppo di intellettuali, porta avanti iniziative legate alla storia di Romeo e Giulietta. E tra queste iniziative, non potevano mancare le lettere a Giulietta, cui un gruppo di volontari continua a rispondere ancora oggi.

Insieme a Giovanna, incontriamo altre tre volontarie, che ci raccontano in cosa consista il lavoro di segretaria di Giulietta:

“Si tratta di raccogliere le lettere lasciate nella cassetta della posta alla casa di Giulietta, arrivate alla sede o via mail, e di leggerle, per poi rispondere a ciascuna.
Le archiviamo poi, le dividiamo anche secondo la lingua: ne arrivano anche in giapponese, russo, portoghese…”.

Le segretarie sono circa 45(per 50mila lettere ogni anno), tutte volontarie di un network ormai internazionale:

“una ragazza neozelandese, in vacanza a Verona per un mese, è venuta tutti i giorni a rispondere alle lettere in inglese, e ancora oggi ci aiuta a rispondere alle mail”.


Ognuna di loro è arrivata al club in maniera diversa, spinta da un’esigenza diversa: alcune amano scrivere, altre amano leggere le lettere di sconosciuti che si raccontano a Giulietta, come non farebbero con conoscenti, altre rispondono alle lettere solo quando sentono di poterlo fare veramente con cura e con attenzione.    

“Non è facile rispondere: la risposta di Giulietta deve rispecchiare la personalità del personaggio, ma deve essere anche profonda e coinvolgente”,

racconta Veronica.

Quello che amo di questa attività di volontariato è che devo rispondere sotto il nome di Giulietta a lettere vere, di carta, ognuna con una grafia diversa, qualcuna con disegni e fotografie, altre ancora con piccolissimi oggetti, che danno un aspetto magico all’invio della lettera… E’ un’attività davvero unica per chi ama scrivere”.   



Ma perché la protagonista di una storia d’amore così tragica diventa la destinataria di lettere che chiedono consigli d’amore o raccontano storie d’amore (felici e tristi…)? 

“Perché Giulietta è un simbolo”, concordano tutte, e aggiungono: “Giulietta non è una ragazzina innamorata e basta. È una ragazza che si innamora e con l’amore cresce, diventa una giovane donna. L’amore diventa anche una crescita interiore e personale, non solo un sentimento verso qualcuno di esterno.
È lei fin da subito a tenere le redini della storia: non a caso dopo il bacio con Romeo è lei stessa, risoluta, a proporre e organizzare il matrimonio segreto. Romeo è un sognatore, un giovane uomo innamorato dell’amore…”.

Anche la Giulietta di Monteverde, raccontiamo loro, è una giovane donna che coinvolge Romeo con la sua intraprendenza e voglia di libertà: “è anche per queste caratteristiche che le persone le scrivono ancora oggi: Giulietta è un modello: è una donna che lotta contro la famiglia e la società per amore, e lo fa con un coraggio invidiabile.

È un personaggio positivo, ma con quel guizzo di follia che la porta a rischiare – e perdere – tutto per amore”. E lottare per amore non è così anacronistico: “forse oggi ci manca quella follia, che ci porta a rischiare tutto per amore.   

Va bene anche essere prudenti, ma non se la prudenza nasce dall’illusione di essere immortali e onnipotenti: non sempre a un’occasione persa o lasciata perdere ne segue un’altra, e rischiamo così di perdere l’amore che ci passa davanti…”.         

Ci mostrano alcune lettere raccolte per noi, e le conservano e raccontano con cura e delicatezza, perché parte di una lunga storia d’amore per Giulietta e la sua vicenda, ma anche parte di un archivio di storie d’amore da tutto il mondo: “in fondo parlare d’amore oggi è molto più difficile di quanto facessero il giovane Romeo o quell’artista di Mercuzio, o di quanto facesse Giulietta stessa”.         

In fondo, il club di Giulietta protegge anche questo, il nostro diritto a parlare d’amore. A volte non solo attraverso una lettera, anche attraverso la danza.( da Bollettino di Roma).

Abelardo ed Eloisa; storia che fece scandalo

Abelardo era bellissimo, intelligente, insuperabile maestro di retorica. I suoi studenti lo adoravano. Era chierico, cioè avviato al sacerdozio e alla direzione spirituale, ma ancora non era stato ordinato prete.

Eloisa, nipote di Fulberto, canonico di Notre-Dame, era giovanissima, bionda, bella, amante del sapere. Abelardo, al suo arrivo a Parigi, venne accolto nella casa del canonico, sotto lo stesso tetto in cui viveva Eloisa. Fulberto affidò con fiducia Eloisa ad Abelardo, il grande e casto chierico, affinché le insegnasse la filosofia.

Fino a quel momento nessuna donna aveva interessato Abelardo.

Ma stando insieme spesso per motivi di studio, Abelardo fu folgorato da Eloisa che loricambiò.

I due si innamorarono perdutamente e non seppero contenere il loro amore.

Scoperti da Fulberto, furono separati, ma di nascosto continuarono ad incontrarsi e ad amarsi.

Eloisa rimase incinta ed Abelardo la rapì, cosa che fece infuriare lo zio.

Abelardo sposò subito Eloisa e chiese allo zio di non divulgare la notizia, per non creare scandalo (Abelardo era un chierico ed Eloisa giovanissima) e rovinare la reputazione di Abelardo.

Ma Fulberto li tradì e rese pubblica la notizia del loro matrimonio.

Abelardo per proteggere Eloisa da commenti malevoli, l’affidò alla badessa dell’Argenteuil e poi tornò a Parigi. Fulberto pensò che Abelardo avesse abbandonato la nipote e per vendicarsi, inviò di notte dei sicari che lo evirarono con conseguenze gravi.

Queste tragiche vicende separarono i due: Abelardo divenne monaco benedettino, ma continuamente invidiato per la sua cultura e maestria: amato e odiato, ebbe una vita piena di contrasti e sofferenze.         

Eloisa divenne badessa del Paracleto, una comunità religiosa fondata con l’aiuto economico di Abelardo. I due comunicarono fino alla morte attraverso lettere che sono state pubblicate da Feltrinelli

Dopo una vita di persecuzioni ed infelicità, che lui definisce “le mie disgrazie”, morì e fu sepolto nel Paracleto come aveva chiesto, per restare accanto all’amata.

Eloisa morì a 65 anni e fu sepolta vicino ad Abelardo nella cripta del Paracleto, in tombe separate.         

In seguito furono riuniti da mani pietose nel cimitero di Pere-Lachaise (Parigi), dove ancora si trovano i loro resti.


Conclusione

Leggendo queste storie di amore e di morte, si potrebbe pensare che gli amori più grandi debbano essere anche tragici e proibiti.

La conclusione è troppo frettolosa.

In passato non si consentiva di innamorarsi di chiunque: si era prigionieri di tante convenzioni sociali assurde. Oggi ci si può amare e scegliere in libertà, spesso senza tanti drammi, ma è ugualmente difficile incontrare il vero, grande amore.

Il più delle volte gli amori, che sarebbe meglio definire innamoramenti, finiscono, perchè basati sull’apparenza, sulla fretta e sulla pretesa o illusione di poter cambiare quello che del partner non piace.

Per costruire un grande amore, bisogna sperimentarlo nel tempo; è necessario non lasciarsi abbagliare da caratteristiche passeggere (bellezza, ricchezza, successo), è opportuno impegnarsi, per farlo crescere nel rispetto, nella generosità e nelle difficoltà, senza pretendere che l’altro si snaturi.



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