Botros 4 - l'Editoriale

Botros 4 - l'Editoriale

don Rosario (https://t.me/donRosarioMorrone) [Art. 4 settembre 2022]

Il lavoro per costruire bellezza

Fin da quando nasciamo, nella diversità dei gradi della crescita, in tutti noi c’è la voglia di fare qualcosa.

Nella prima fase della nostra vita costruiamo giocando, poi crescendo ci accorgiamo che siamo capaci di produrre sempre di più e con maggiore perfezione.
Man mano che sviluppiamo le nostre capacità personali, ci accorgiamo che siamo in grado di realizzare qualcosa in un modo originale, particolare e che in alcuni campi siamo persino unici.

Il 'fare' sembra essere connaturato alla nostra persona e mentre elaboriamo concretizzando alcune idee, ci rendiamo conto di esprimere la bellezza che è dentro di noi.

Se con le nostre mani, la nostra intelligenza riusciamo a costruire qualcosa di buono e bello, comprendiamo di essere dotati di potenzialità impensabili, che dobbiamo espletare, per sentirci completi, sereni, felici.

Il lavoro dovrebbe essere il mezzo, non solo per sostentarci, ma per mettere a frutto le bellezze di tutte le nostre costitutività.

Credo che queste poche righe possano dare subito un’idea di che cosa sia il lavoro per l'Essere umano..

Non è un impiego per far soldi: se fosse così, sarebbe un’attività che invece di arricchire la nostra personalità, la mortificherebbe costringendola in schemi angusti.

Ho sentito molte volte delle persone lamentarsi per il troppo lavoro e per l’assenza di stimoli, che causano l’immobilità dello spirito dell’individuo.

Credo che queste persone dovrebbero domandarsi se quel lavoro sia quello giusto per la loro persona, per le loro aspirazioni, per la loro crescita culturale, umana e creativa.


In una parola dovrebbero indagare ed assicurarsi che quella attività lavorativa permetta realmente di esprimere l’originalità del proprio essere.

L’insoddisfazione dipende dal fatto che le energie spese in un certo lavoro, non si spandono, ma restano limitate, mortificate dal solo scopo di far soldi.

Non si lavora per guadagnare, si lavora per realizzarsi come persona.

Ricordo un episodio accaduto nel mio paese e che è rimasto nella mia mente.

Un giovane, contro la sua volontà, fu mandato in città a studiare medicina, perché sua mamma voleva avere assolutamente in famiglia “u medichicchiju i mmmà”.

Tra l’altro, quella mamma non aveva tenuto conto che il figlio alla vista del sangue sveniva, e si illudeva che col tempo, il giovane si sarebbe abituato.

Quel figlio, però, non sognava di diventare dottore, ma ingegnere. Ma, dal momento che la madre insisteva con forza, accettò di studiare medicina e si laureò.

Ricordo che questo dottore, a un certo punto lasciò di esercitare la professione di medico, per realizzare il suo sogno di ingegnere.

Mi torna in mente la storia di un’altra persona, che abbandonò il posto sicuro e ben pagato, perché non si sentiva soddisfatto dall’attività che svolgeva. Preferì guadagnare di meno attraverso un lavoro che lo rendeva più sereno, perchè gli consentiva di esprimere la sua vena creativa.

So che questo scritto può sembrare strano e che mentre leggerete, penserete che sono un idealista, lontano dalla realtà in quanto i soldi sono necessari, per mantenere una famiglia.

Non sto dicendo che bisogna lavorare senza guadagno; sto sottolineando che lo scopo primario non devono essere i soldi, ma la realizzazione piena della propria personalità.

Sprecare la vita intorno a delle faccende, che sono logiche utilitaristiche, è una scelta negativa e per nulla lungimirante; a lungo andare quel lavoro diverrà causa di mortificazione della propria dignità: le giornate saranno un trascinare la propria esistenza senza entusiasmo, senza speranza di raggiungere obiettivi sognati da sempre.

Concludo questo scritto, che è una breve introduzione al giornale, con un’annotazione personale.

Se non avessi fatto il prete, cosa avrei fatto?

Avevo due aspirazioni: fare l’ingegnere elettronico, guadagnando bei soldini (l’altra volta ho incontrato un ingegnere elettronico che lavora in Amazon e quando mi ha confidato quanto guadagna, sono impallidito per l’enormità della cifra).

Il secondo sogno era quello di fare il pilota di rally; mi piace troppo correre ed essere spericolato.
Avrei sfruttato questa mia pazzia, per lavorare divertendomi.

Alla fine, però, ho scelto di fare il prete: guadagno poco, mille euro al mese, e sono a disposizione degli altri 24 ore su 24.

Non mi importa dei soldi, ma sento che la mia persona si realizza nel mettere al servizio degli altri tutte le componenti della mia personalità.

Alla fine della vita non avrò guadagnato tanto, ma potrò dire con il cuore, con convinzione e serena consapevolezza il mio “Consummatum est”: ho consumato i talenti, che mi sono stati dati.

Lavoriamo, dunque, per realizzare quello per cui siamo nati: la bellezza della vita.


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