Botros 3 - La vacanza per lavorare meglio

Botros 3 - La vacanza per lavorare meglio

Luigi Puccio (https://t.me/BotrosGiornale) [Art. 7 agosto 2022]

Lo smartworking turistico e i nomadi digitali

Dobbiamo riuscire ad amalgamare il meglio del mondo digitale e il meglio del mondo fisico. Dobbiamo raggiungere l’efficienza di Zoom, garantendo la connessione umana che si ha solo quando le persone si riuniscono.

Brian Chesky, il Ceo di Airbnb lo scorso gennaio ha dichiarato di avere scelto la vita da nomade digitale, ha appena annunciato che la stessa facoltà sarà data a tutto il personale dell’azienda. Oltre 6.000 persone dunque potranno decidere liberamente se preferire l’ufficio come luogo deputato al lavoro, prenotando quindi la propria postazione in una delle sedi dell’azienda nel mondo, oppure se eleggono lo smartworking anche come occasione per andare a vivere altrove.

Nella lunga lettera dedicata ai dipendenti, il cofondatore e amministratore delegato dell’azienda ha sottolineato come il passaggio a una cultura decentralizzata e ibrida del lavoro consentirà alla compagnia di assicurarsi i migliori talenti del mondo e non i lavoratori che si trovano a vivere nei paraggi dei suoi uffici o nel raggio di un ragionevole pendolarismo.

«Due anni fa, il mondo è stato messo sottosopra – ha affermato Chesky – i nostri uffici hanno chiuso e ci siamo trovati a lavorare dalle nostre camere da letto, dagli scantinati e dagli uffici domestici. Ora dobbiamo riuscire a combinare il meglio del mondo digitale e il meglio del mondo fisico. Dobbiamo raggiungere l’efficienza di Zoom, garantendo la connessione umana che si ha solo quando le persone si riuniscono. Pensiamo che il nostro nuovo modello lavorativo sia in grado di combinare il meglio di entrambi i mondi».

La scelta intrapresa dall’azienda non comporta solo un cambiamento strutturale esemplare verso «una maggiore flessibilità lavorativa, ma anche un buon programma di business sostenibile tant’è che il portale dell’affitto breve stesso lancia una joint venture per cooperare con le destinazioni che vogliono trasformarsi in mete per lo smartworking arrivando quindi a definire un vero e proprio programma per tutti quei territori, quegli enti locali e quelle aziende di promozione turistica che vogliono trasformare i propri luoghi e le proprie mete in «hub» per nomadi digitali.

Un ottimo modo per restituire vitalità a paesi, comunità e località che tipicamente sino ad oggi non venivano toccati dagli itinerari turistici tradizionali.

È dunque una scelta che può creare un’opportunità interessante per trasformare e sviluppare anche il settore turistico visto che la flessibilità è diventata parte integrante della cultura di molte aziende. E lo ha fatto anche in Italia dove il trend del nomadismo digitale esisteva già prima dell’arrivo della pandemia ma dalla quale ha ricevuto un certo booster.

Oggi, come raccontano i dati del Secondo Rapporto sul Nomadismo Digitale in Italia, stilato dall’associazione italiana nomadi digitali, se nel mondo si contano 35 milioni di persone che si autodefiniscono nomadi digitali hanno un’età media di 37-40 anni per la maggior parte dei casi dipendenti o collaboratori di aziende principalmente nel mondo della comunicazione, del marketing e dell’information tecnology.

«Considerando che per quasi un nomade digitale su 2 la permanenza potrebbe durare oltre i 3 mesi e fino a un anno, ecco spiegato quanto il nuovo flusso faccia gola non solo al settore turistico, ma all’intero territorio di destinazione, che non è quello già baciato (e stressato) dal grande turismo di massa perché – ha raccontato il presidente dell’associazione italiana nomadi digitali intervenendo al recente forum “Italia, un Paese per nomadi digitali?” organizzato da ANSA – il 43% degli intervistati in Italia preferirebbe andare nelle regioni del sud e nelle isole.
E il 93% sarebbe disponibile anche a soggiornare in piccoli comuni o aree marginali».

Gli elementi che maggiormente pesano al momento della scelta tra una meta e l’altra, al primo posto troviamo la qualità della connessione a Internet, poi il costo della vita, a seguire la disponibilità e varietà delle attività culturali e non ultima la possibilità di fare esperienza delle tradizioni locali.

Tuttavia, a fronte di una richiesta che esplicitamente si fonda sul desiderio di vivere magari a due passi dal mare e comunque in località dove la qualità della vita è più elevata che nelle città e i costi decisamente più bassi, le mete italiane non hanno una realistica praticabilità, tant’è che la prima località italiana che occorre nella classifica di Nomad List delle città più ospitali per chi vuole lavorare viaggiando è alla duecentesima posizione.

Dopo Palermo dobbiamo scorrere sino alla posizione numero 1.200 per trovarne un’altra, Torino.

Il mondo sta cambiando a una velocità impressionante.

Mutano le regole di economia, società, lavoro e di conseguenza mutano gli stili di vita e il rapporto tra uomo e ambiente: tutto, mediato dalla tecnologia, si trasforma e viene messo in discussione a un ritmo sempre più incalzante in un qui e ora che non ci consente di rimandare più scelte politiche e amministrative essenziali per un futuro che non sia in ritardo rispetto a quello che altri paesi sono stati in grado di prefigurare e realizzare.

 

 

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