Botros 3 - La società vacanziera

Botros 3 - La società vacanziera

Francesco Caliò (https://t.me/BotrosGiornale) [Art. 7 agosto 2022]

Una vita in vacanza!!!

Ricordate il brano dello Stato Sociale?

Sembrava essere la solita canzonetta priva di significato e pronta per essere servita ai consumatori…., In realtà il pezzo è uno specchio, uno spaccato sociologico della nostra società, pronti e diretti verso il consumo del tempo … Il sei fuori!!!!

Cantato per drammaticamente ricordare l’approccio al ribasso culturale delle generazioni chiude e schiude allo stesso tempo l’approccio italico medio e la sua deriva populista e sovranista. La canzone riprende in realtà le basi delle teorie sociologiche.

Lo Stato Sociale (fortemente voluto dal nostro Costituente) o “Welfare State”, è il modello societario in cui ci ritroviamo a vivere oggi (nonostante gli attacchi scellerati liberisti), anche se ancora con qualche difetto, nato dalla necessità da parte della gente di tutelarsi a vicenda per poter “vivere e sopravvivere”.

La sua nascita però è abbastanza lunga e travagliata, basti pensare che le prime opere di assistenza nei Comuni italiani nascono nel Medioevo ma solo nel Settecento iniziarono a svilupparsi le prime forme vere e proprie di assistenza e beneficenza laica.

Vivere “Una vita in vacanza” lo possiamo considerare quasi il sogno di tutti, un’utopia che ci libererebbe dalla stanchezza, dallo stress, dall’ansia di tutti i giorni passati a “vivere per lavorare” invece che a “lavorare per vivere” e soprattutto potrebbe eliminare la paura di molti di non riuscire ad arrivare a fine mese nonostante impegno e fatica.

Come si potrebbe vivere in vacanza? 

Marx risponderebbe a questa domanda dicendo che ciò sarebbe possibile solo tramite l’abolizione del capitalismo che ha reso le persone schiave del lavoro, rendendo la vita una continua corsa al guadagno, sempre più elevato, mettendo da parte l’unica cosa che non potrà mai tornare indietro: il “tempo per vivere”.

Questo sistema economico ha gettato nel dimenticatoio la ragione per cui lavoriamo, ovvero la necessità di dividere tra gli uomini i vari compiti necessari per sopravvivere insieme, come teorizzato da Durkheim, e godere del resto del tempo rimasto vivendo la vita, l’amore, l’amicizia e la famiglia.

Le vacanze sono frutto del mondo della produzione[1], sono di fatto nate con la necessità di staccare e staccarsi dal processo lavorativo produttivo per recuperare le energie psico-fisiche.

Attualmente, in base a tempo libero e possibilità economiche, viaggiare è una consuetudine per molti, o meglio, per chi può permetterselo. In passato non era così. Come e quando il viaggio ha acquisito rilevanza nell’organizzazione del tempo libero?

Tra Settecento ed Ottocento, in Gran Bretagna, si diffuse l’uso di andare al mare, grazie alle prescrizioni mediche per curare malinconia e depressione.

Ovviamente era una prerogativa per solo ricchi. In Italia, gli anni ’50 e ’60 del Novecento consacrano il popolo in veste vacanziera, essenzialmente per merito di due fattori: il boom economico (o miracolo economico) ed il diritto alle ferie retribuite proclamato dall’articolo 36 della Costituzione. In quel periodo, la vacanza rappresentava una conquista socio-culturale, personale e familiare (i nuclei familiari si spostavano in massa). E’ nell’immaginario collettivo l’immagine (anni 70-80) delle autostrade che nei primissimi giorni di Agosto, sembravano lunghissime e interminabili code di auto senza fine.

Il sistema di produzione capitalistico ha determinato le dicotomie tempo di lavoro/tempo extra-lavorativo e tempo individuale/tempo collettivo.

Ogni società tende a costruire quadri temporali che infondono senso alla quotidianità ed ai sistemi sociali, così come gli individui utilizzano strategie per gestire i propri momenti. Esiste un tempo fisico-naturale scandito da ritmi biologici e temporali; esiste anche il tempo deformato socialmente, strutturato dalle società in base a regole, orientamenti, modi di produzione, valori, bisogni dei gruppi e soprattutto dettato dal marketing.

Nella cultura occidentale, il tempo si correla a vari tipi di concezione: 1) quantitativa; 2) efficientistica (mercificazione del tempo); 3) valorizzazione della velocità; 4) programmazione; 5) flessibilità.

Secondo Bauman (2008), il tempo collocato all’interno della modernità liquida non poteva che essere caratterizzato da frammentazione, moltitudine ed istantaneità.

A parere del sociologo Domenico De Masi (2000), le persone stanno seguendo la direzione di una società non più fondata sul lavoro, ma sulle attività del tempo libero. Proprio questo tema è centrale nella teoria che vede la società moderna sempre più spinta verso forme estreme di flessibilità e precariato occupazionale[2].

Il soggetto risponde in modo naturale come fosse un istinto di sopravvivenza, fuggire dai ritmi ossessivi e alienanti dei moderni sistemi produttivi multinazionali, proprio attribuendo nella scala dei valori, maggiore peso al tempo di vita libero[3].    

  Vi è anche ulteriore implicazione rappresentata dall’uso dei social media; mediante la condivisione di fotografie/video dei luoghi e posti visitati, il soggetto permette la visualizzazione ad un pubblico virtuale/reale, riducendo le distanze, fornendo informazioni e stimoli. Quindi, da un lato, il turismo di massa equivale ad una standardizzazione culturale destinata a semplici consumatori, dall’altro, all’opposto, il distacco dalla quotidianità determina un’esperienza soggettiva, un viaggio di vita dentro il quale il turista attribuisce importanza al vissuto individuale.

I viaggi e la cultura s’intersecano in maniera continua, producendo nuovi stili di vita e nuove abitudini; viaggiare comporta la mobilitazione di persone, oggetti materiali (valigie, animali, mezzi di trasporto, cibi, abiti, ecc.) ed immateriali (immagini, ideologie, convinzioni religiose, interrelazioni tra visitatori ed ospiti, ecc.), generando una mescolanza di culture.

Le vacanze per come vengono intese oggi[4], sono segmenti di vissuto personale, spaccati di vita e spezzoni di tempo del ciclo di vita dell’individuo. La società offre in termini di “prodotto vacanza” destinato al consumo, una varietà di esperienze a volte anche diametralmente opposte..

Si va dal villaggio turistico, alla visita delle città d’arte, dalle crociere (in cui viene abbinato il viaggio marittimo con l’esperienza di visite di città molto distanti tra di loro e in poco tempo), ai viaggi in stati o paesi dove il rischio per la propria vita è elevatissimo (si pensi a quei posti laddove non vengono rispettati i più basilari diritti umani, ma che attirano proprio per questo soggetti che evidentemente si nutrono di esperienze ai limiti della ragionevolezza)[5].

Si è arrivati persino al turismo spaziale…ultima trovata per pochi miliardari, che per vivere pochi minuti in microgravità sborsano milioni di dollari pur di soddisfare il proprio io.

Non dimentichiamo che la società attuale/moderna/postmoderna ha creato anche lo stress post vacanze…il malessere da rientro.. Siamo così bravi e così ingabbiati nella strutturazione del volere delle multinazionali che non riusciamo neppure ad appropriarci del nostro tempo di vita, del nostro tempo libero (anche in ferie si è sempre collegati alle mail aziendali, agli eventi produttivi, a tutto.. tranne che a noi stessi!!

Appare chiaro comunque, che il fenomeno vacanze è strettamente legato al bilancio familiare, in media 4 famiglie su 10 rinunciano alle vacanze per motivi economici. Le vacanze sono una delle prime voci di spesa ad essere sacrificate.

Un fenomeno che non è affatto residuale: nel 2020, primo anno di emergenza Covid, circa il 37% dei nuclei familiari ha dichiarato di non potersi permettere una settimana di ferie all’anno lontano da casa. Il biennio covid ha falcidiato non solo strutture ricettizie ma anche la possibilità di fruire dei viaggi, difficoltà che cresce con la composizione numerica dei nuclei familiari (Il 44,5 % delle famiglie con tre figli minori rinunciano alle vacanze)[6].

Il problema quindi è di natura socioeconomica, in poche parole anche in questo caso, la stratificazioni sociale (quella distinzione storica in classi sociali ad impatto lavoristico tra chi detiene i mezzi di produzioni e chi mette a disposizione il proprio tempo “la subordinazione socioeconomica” contrapposta a quella “tecnico funzionale”)[7] è la chiave di lettura della disparita di accesso ad una vacanza, intesa proprio come periodo dedicato al singolo individuo o al nucleo familiare globalmente inteso.

Note

[1] Aris Accornero – Il mondo della Produzione – il Mulino 2001

[2] Romano Cappellari – Il tempo e il Valore (Flessibilità e gestione dell’orario di lavoro) 2002 Utet

[3] A. Maslow – La piramide dei bisogni – In Giuseppe Bonazzi – Storia del pensiero organizzativo – Il Mulino 2008

[4] Calzati Viviana – Tesi dottorato di ricerca in Sociologia - Bologna 

[5] Asterio Savelli – Sociologia del turismo - Hoepli - 2012

[6] https://www.openpolis.it/sono-le-famiglie-con-piu-figli-a-rinunciare-spesso-alle-vacanze/    -   Interessantissimo articolo sullo spaccato sociale delle famiglie in rapporto con la possibilità di fruire delle vacanze.

[7] Fabio Mazziotti – La subordinazione socio economica – Manuale di Diritto del Lavoro – Jovene.


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