Botros 22 - Comunicazione social

Botros 22 - Comunicazione social

Caterina Scavo (https://t.me/CaterinaScavo) [Art. 6 Marzo 2024]

La comunicazione è il fondamento di tutti i rapporti umani. 

Paul Watzlawick, noto psicologo americano, è stato uno dei primi a effettuare uno studio scientifico sulla comunicazione. Nella sua celebre opera “La pragmatica della comunicazione umana” (1971), Watzlawick ha concettualizzato i principi fondamentali, definendo la comunicazione come: “uno scambio interattivo fra due o più partecipanti, dotato di intenzionalità reciproca e di un certo livello di consapevolezza, in grado di far condividere un determinato significato sulla base di sistemi simbolici e convenzionali di significazione e di segnalazione secondo la cultura di riferimento”.

Ma il linguaggio orale o i gesti non bastano quando bisogna comunicare su grandi distanze, proprio ciò ha dato l’impulso allo sviluppo di mezzi di comunicazione sempre più sofisticati. I passi avanti fatti in campo tecnologico negli ultimi trent’anni sono stati enormi e oggi protagonista indiscusso tra i mezzi di comunicazione sono i social network, piattaforme virtuali in grado di connettere individui da tutte le parti del mondo. 


Ma la comunicazione faccia a faccia esiste ancora? Per fortuna sì…. anche se con grossi limiti. Sicuramente le persone in tutto il mondo continuano a parlarsi, ma sempre con il cellulare tra le mani. 

In alcuni istituti scolastici della Città Metropolitana di Parigi, i dirigenti hanno deciso di interdire l’uso degli smartphone, “obbligando” i ragazzi a confrontarsi faccia a faccia sia con i propri pari che con i professori. E proprio i feedback negativi dei ragazzi riguardo questa modalità comunicativa, mettevano in luce il loro disagio e le loro difficoltà. 

Parlare faccia a faccia con un’altra persona implica sintonizzarsi con le proprie e le altrui emozioni e dunque preoccuparsi della loro gestione. Oggi i ragazzi sono poco abituati a fare tutto questo, anche se la percezione diffusa tra di loro è un'altra. 

Secondo i giovani l’uso delle emoticon, riproduzioni stilizzate delle principali espressioni facciali umane rappresentanti un’emozione, permette di manifestare il proprio stato d’animo all’altro. Ma le emoticon ci riportano ancora una volta nel mondo virtuale: sembra che gli adolescenti non facciano distinzione tra reale e virtuale e che dunque per loro esista solo un’unica “realtà”, quella virtuale. 

Un articolo del 2015 di The Next Web intitolato “Il web ha cambiato per sempre le nostre relazioni” fa il punto sulle motivazioni che portano le persone, in particolare gli adolescenti, ad intrattenere maggiormente relazioni online. Una relazione faccia a faccia comporta un certo grado di difficoltà, in quanto si basa sulla condivisione sia di informazioni verbali, che non verbali, come la dimostrazione di emozioni, dubbio e preoccupazione. Al contrario, Internet concede l’anonimato e la distanza fisica, due attributi favorevoli che permettono alle persone di dire, fare e condividere cose e sentimenti che al di fuori dello spazio cibernetico non farebbero mai. È quello che si intende per effetto di disinibizione.

Questi aspetti si possono riscontrare tanto all’interno di flussi di comunicazione tra individui, quanto nella creazione e mantenimento delle relazioni personali. Detto ciò, il cyberspazio tra gli individui sembra essere una lama a doppio taglio. Gli adolescenti perdono consapevolezza del valore della relazione in quanto tale; non distaccano l’offline dall’online e, così facendo, reputano uguale relazionarsi tramite i social all’incontrarsi di persona. Di questo passo, sentono meno il bisogno di vedersi faccia a faccia. Inoltre, i giovani digitali sono pigri, ecco perché, tendono sempre verso la soluzione meno impegnativa e rapida, in cui le emozioni, anche per i più timidi, si traducono con semplici emoticons di rimpiazzo.


Indubbiamente, come accennato prima, la nostra propensione alla pigrizia, all’avere tutto subito e nell’immediato, contribuiscono alla qualità delle relazioni che si instaurano. Ciò nonostante, le nuove tecnologie alimentano questa nostra tendenza e affievoliscono ciò che per la nostra Società ha sempre occupato un ruolo essenziale: amore, amicizia e famiglia. 

Pensiamo che un “ti voglio bene” inviato per Whatsapp nel gruppo della famiglia basti a sistemare i rapporti con i genitori dopo una discussione animata, che un like alla ragazza che mi piace sia sufficiente a farle capire le mie intenzioni, che bloccare l’ex fidanzato sui social lo elimini del tutto dalla Terra, oppure che la condivisione di un video divertente ad un amico gli faccia dimenticare delle cose per cui ci si vuol far perdonare. 

Sarebbe inopportuno e incosciente non condividere l’idea che i social siano importanti all’interno dei rapporti con le persone e, più in generale, nella vita quotidiana di tutti. Sono un ottimo strumento per comunicare e per manifestare ciò che non diremmo o faremmo abitualmente. D’altra parte, sarebbe altrettanto incosciente affermare che ciò che si costruisce coi media abbia lo stesso significato del reale.

Allo stesso modo non possiamo attribuire tutta la colpa, di quanto affermato fino ad ora, agli individui stessi, in quanto essi crescono al passo con i cambiamenti sociali. Quindi, danno importanza alle cose in base agli insegnamenti che ricevono dalla Società.

Tuttavia, potremmo sollevare una curiosa domanda: siamo sicuri che questa tendenza ad abbandonarci ai social per instaurare e far progredire le nostre relazioni, distaccandoci dal vero valore delle stesse, sia tutta colpa della tecnologia?

Oppure siamo noi a non essere più in grado di rapportarci agli altri?

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