Botros 17 - l' Editoriale

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don Rosario (https://t.me/donRosarioMorrone) [Art. 1 Ottobre 2023]

U crivu, ovvero il “setaccio” del vero sapere

Viviamo in un’epoca in cui siamo bombardati da una continua tempesta di informazioni su tutti gli aspetti dello scibile umano.

E’ molto positivo che ci siano tantissimi mezzi di comunicazione, che ci trasmettono nozioni di ogni specie e di tutte le conquiste incessanti della ricerca dell’uomo.

Basta cercare su quel grande mare magnum che è internet, per trovare tutti i ragguagli necessari a soddisfare ogni curiosità.

Conoscere tanti aspetti culturali come un bravissimo erudita e contenere nella mente notizie numerosissime come fa l’immensa memoria di un buon computer, che riesce a ricordare date, avvenimenti, difficilissime formule matematiche, concetti filosofici, non vuol dire possedere l’arte del sapere.

Esiste una differenza tra l’erudito (un tuttologo colto)- perfettamente informato su ogni dottrina o branca scientifica - e il sapiente, che invece sa ben discernere tra cosa è giusto da ciò che è sbagliato e sa distinguere ciò che è bene da ciò che è male, e addirittura sa spingersi in una distinzione difficilissima che è quella del bene e del meglio.

L’arte del sapere non si riduce al solo possedere informazioni ma si rintraccia nella capacità delle persone che, davanti a tante conoscenze, si pongono con u crivo -così lo chiamavamo una volta in dialetto- grande setaccio o vaglio, che i contadini, dopo la mietitura, usavano, per cernere i cereali e per separare la parte buona dagli scarti, mentre la massaia, in misura più ridotta, lo utilizzava e lo utilizza ancora, per liberare la farina da impurità e raffinarla.

Sul “crivo mentale” o intellettivo del sapere, si può mettere di tutto e di più; si può poggiare qualsiasi materiale, di qualsiasi natura e mentre lo si agita con attenzione e continuità, quello che non è buono ed importante per la vita rimane sopra, quello che invece è fondamentale e costituisce una colonna di riferimento a cui appoggiarsi durante l’arco della nostra esistenza, scende sotto purificato, liberato da dipendenze, da abbagli fuorvianti ed entra nel profondo del nostro essere, per potenziare e non affossare le nostre capacità.

Credo che l’immagine del crivo possa trasmettere chiaramente a tutti il significato del vero sapere.

Noi non siamo semplici tabulae rasae su cui chiunque può scrivere, né semplici contenitori in cui ammassare di tutto e di più senza criticità, senza dovute distinzioni, badando più alla quantità che alla qualità delle conoscenze.

Non siamo automi, macchine programmate, per ricevere dati ed operare secondo comandi ed impulsi ideati da altri, se pur scienziati.

La saggezza suggerisce di non porci con pregiudizi dinanzi alle novità dello scibile, ma neppure di lasciarci schiavizzare da teorie, che non siano state rielaborate, filtrate dalla nostra interiorità, dalla nostra intelligenza.

Sempre aperti ad accogliere nuove conoscenze, nuove scoperte, nuove sperimentazioni in ogni campo della cultura, dobbiamo tuttavia operare come il saggio contadino, e saper scartare, buttare via ciò che è scoria; è doveroso saper filtrare le impurità, che offuscano la visione limpida della vita ed impediscono di scegliere con sapienza.

Il discernimento, anche nel campo del sapere, è l’arte di chi conserva nel profondo le cose preziose, quelle che valgono, che possano durare tutta la vita come lampada che guida sicura i nostri passi lungo il sentiero del nostro cammino terreno.

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