Botros 17 - Il Sapere nella sociologia

Botros 17 - Il Sapere nella sociologia

Francesco Caliò (https://t.me/BotrosGiornale) [Art. 1 Ottobre 2023]
“Nella modernità liquida la cultura non ha un “volgo” da illuminare ed elevare; ha, invece, clienti da sedurre”
Zigmunt Bauman[1]

Quando nasciamo, veniamo catapultati in un mondo sociale che non è stato costruito e plasmato da noi. Infatti, non abbiamo nessuna possibilità di decidere in quale nazione nascere, che lingua parlare, che tipo di religione professare, insomma ci ritroviamo nostro malgrado in un sistema sociale che esiste già prima di noi, e che continuerà anche dopo di noi.

Un mondo che è divenuto negli ultimi anni, globalizzato e digitale con tutte le anomalie socio economiche che ne derivano (contraddizione storica tra paesi cd sviluppati e quelli non sviluppati o in via di sviluppo). Allo stesso tempo però siamo attori sociali che contribuiscono continuamente alla creazione stessa di questo mondo sociale, già dai primi momenti vitali, impariamo ad interagire inizialmente con i nostri cari, poi con coloro che circondano nel percorso vitale, amici, compagni di scuola, università, lavoro, sino alla conclusione del ciclo di vita.


Noi stessi siamo dunque attori di un sistema che preesiste, ma allo stesso tempo si autoalimenta del vissuto umano
[2]. Il sapere nella sociologia è orientato verso lo studio delle condizioni di adattamento, le interazioni, i mutamenti e le disuguaglianze sociali ed economiche. Esso rappresenta una capacità di azione sociale, viene trattato come una scatola nera, è indubbio che la conoscenza, non solo quella scientifica, sotto il profilo sociologico viene indagata sulle condizioni (socio economiche) di accesso ad essa.

La maggior parte di ciò che oggi definiamo sapere o cultura non è conoscenza diretta di fatti, regole e cose, ma si dà sotto forma di conoscenze dette “oggettivate”. Le conoscenze si possono definire come lo stock diversificato delle appropriazioni intellettuali della natura e della società, il quale costituisce a sua volta la risorsa culturale di una data società.

Conoscere significa partecipare alle risorse culturali del contesto sociale. Tuttavia questa partecipazione avviene in modo stratificato[3]: le opportunità di vita, lo stile di vita e l'influenza sociale dei singoli individui dipendono dal loro accesso allo stock di sapere a disposizione.

Il sapere va quindi riposizionato in relazione a quelle che sono le condizioni socio economiche, nel senso che si sta andando verso una società che privilegia le oligarchie economiche a danno della classe meno abbiente.


Scriveva bene Domenico De Masi (il sociologo dei lavoratori mancato proprio a settembre 2023)[4] quando affermava che l’attuale esecutivo fa della povertà una colpa, e di conseguenza tutte le politiche pubbliche risentono di questa deriva senza esclusione di alcun settore (dalla sanità, alla scuola, dagli interventi di politica sociale a quelle del lavoro).

Esempio calzante di come il sapere abbia un’impronta sociologica la rintracciamo con quello che succede in Italia per poter accedere ai corsi di laurea ad indirizzo medico/scientifico. I famigerati TOLC, che altro non sono che barriere in entrate alla possibilità di accedere a determinate facoltà, di fatto essi rappresentano il classico esempio di violazione del diritto alla cultura, al sapere, alla conoscenza.


La frequenza di questi pre-corsi producono a carico delle famiglie delle spese aggiuntive per poter far sì che i figli possano avere qualche possibilità in entrata ai suddetti corsi di laurea. Solo per medicina, nel 2023 i candidati sono stati all’incirca 180.000, con una spesa media procapite del corso di preparazione di € 2.500,00. Si capisce bene il giro di fatturato che muove questo meccanismo distorsivo a cui non tutti hanno la possibilità di partecipare.

Poiché si tratta nella maggioranza dei casi di approfondimenti disciplinari, non si comprende il motivo per il quale non sia possibile farli erogare alle stesse scuole/licei di appartenenza, ma si utilizzano strutture private create ad hoc (che se da una parte generano possibilità occupazionale, dall’altra producono profitti e non sempre l’efficacia formativa risulta essere ottimale). Sono meccanismi che di fatto mutuano una precisa scelta organizzativa (similmente a quello che accade nella sanità) a favore del privato e a discapito del settore pubblico.

Al contrario, il sistema francese[5] (analizzato in chiave comparativo) non prevede test in ingresso, ma solo in itinere, con un meccanismo di valutazione sull’apprendimento che fa media durante il primo anno.


Ritornando al problema generale del sapere o della conoscenza, non si può non affrontare il tema dell’ozio creativo, teoria sviluppata proprio dal sociologo Domenico De Masi nel 1995[6]. L’ozio nella fattispecie non consiste nel non far nulla, ma al contrario nella ottimizzazione del tempo di vita proprio grazie alla conoscenza, al sapere. 

La creatività sviluppata grazie alla conoscenza genera circoli virtuosi. I due termini sono apparentemente in antitesi, secondo De Masi, questa condizione, che un tempo apparteneva a pochissime persone, oggi riguarda il 70% dei lavoratori. Al tempo di Marx era solo il 6%. Insomma, per usare le sue parole (De Masi),

l’ozio creativo è l’unione di lavoro con cui produciamo ricchezza, di studio con cui produciamo sapere e di gioco con cui produciamo allegria. L’insieme di queste tre cose dà origine a quelle che possiamo chiamare ozio creativo”.


Si lavora senza accorgersi di farlo. Il presupposto di questo paradigma è la serenità, se una persona si diverte a lavorare, ama il suo lavoro, sta bene anche con chi lo circonda. In questo senso, l’opposto dell’ozio è la preoccupazione. De Masi, si fa fautore dell’approccio lavorare meno, lavorare tutti”, tra l’altro la tesi era sostenuta anche da John Maynard Keynes[7], secondo il quale avremmo avuto quello che poi abbiamo davvero: i genitori si ammazzano di lavoro e i figli restano disoccupati”. Perché in fondo lavorare è facile, oziare è difficile[8].


I motori di ricerca fanno ormai parte della nostra vita quotidiana, è indubbio che la conoscenza, il sapere utilizza anche questi canali per produrre un effetto divulgativo, non senza storture ovviamente. Non mancano le cd “fake” non solo intese come notizie false e mistificanti, ma anche come siti informativi che in realtà nulla hanno a che fare con il sapere o con la conoscenza[9].

Il sapere in chiave sociologica e antropologica è in sostanza la conoscenza della diversità, soprattutto quando si osserva la specie umana; lingue diverse, credenze, idee e opinioni diverse, abitudini diverse, concezioni del mondo diametralmente opposte, modi di vestire e di mangiare diversi, gusti diversi, diverse organizzazioni modulari della vita, della società, della stessa famiglia, del lavoro e si potrebbe continuare a lungo.

Questa massa di diversità, di approcci differenti, richiede di essere descritta, documentata, spiegata, interpretata, compresa e analizzata ed è in grandissima parte di tipo culturale, collegata al fatto che gli esseri umani producono (oltre ai danni al pianeta e alla stessa specie) cultura[10]. Il sapere è quindi insito nello sviluppo umano, sia esso scientifico che umanistico.


In questa locuzione la cultura è un sapere appreso (intesa come procedimento scientifico delle scoperte), acquisito mediante determinati processi sociali, educativi ed esperienziali. Il sapere è dunque legato al concetto socratico del sapere di non sapere”. Proprio questo fattore genera la ricerca di nuovi saperi e nuove conoscenze; Ma anche il consolidare quelle esistenti sia nella fase statica che in quella dinamica, evolutiva. Di fatto, la sociologia della conoscenza studia le modalità di produzione del sapere[11].

Il sapere si scontra con l’attuale stato della società, virtualizzata e poco avvezza al recepimento delle criticità. I social (nella loro peggiore evoluzione) hanno preso il posto delle biblioteche, delle letture, degli approfondimenti. Ci si trova in un tempo che blasona la tipologia dell’influencer[12] o dei youtuber[13], con tutte le negatività che si portano dietro. La generazione sotto attacco è quella più giovane, i meccanismi con i quali queste nuove forme di comunicazione devastano le menti è semplice.

La continua ricerca dei like, le sponsorizzazioni, i guadagni facili, le azioni eclatanti quanto idiote (distruggere una nuova vettura, attraversare i binari, saltare tra palazzi, viaggiare a folle velocità con la propria vettura, causando anche e purtroppo eventi mortali, la cronaca, anche recente è copiosa al riguardo) sono il catalizzatore che tiene attaccati migliaia di ragazzini al loro smartphone. Il telecomando che solo qualche anno fa era il primo oggetto che si utilizzava al rientro dalla scuola ormai è lasciato dormiente.


Possiamo dire che queste nuove “entità” sono il frutto del non sapere
, esse infatti crescono proporzionalmente a discapito della cultura, man mano che il secondo fattore decresce, esse avanzano in modo inesorabile e con effetti sociali devastanti. La comunicazione oggi rappresenta il vero potere, persino la politica come scienza ha abdicato[14], e le odierne campagne di ricerca del consenso sono basate su effetti distorsivi creati appositamente per trarre vantaggio sugli altri competitor.

Se ci pensate bene, anche le notizie dei giornali, telegiornali, format televisivi sono tagliuzzate, costruite, smontate e rimontate in relazione a quello che si vuole far arrivare alla società. I format seri, quelli che fanno servizio pubblico, le inchieste, quelli che mettono in crisi il sistema sono sempre contestati proprio da coloro i quali detengono le leve del potere che mal sopportano di essere messi in discussione. Per cui ci troviamo spesso in balia di tempeste non governabili ed i cui effetti, sono sotto gli occhi di tutti.

Si arriva persino a chiedere la sostituzione di figure apicale dei musei storici di importanza nazionale per mera bramosia di potere e di “poltrone”. La società appare impotente, o forse e meglio dire che la società viene veicolata verso forme di imbruttimento culturale. Perché si sa… tenere il popolo lontano dalla “cultura critica” lo rende mansueto e credulone e i poteri che si muovono dietro possono liberamente decidere quali azioni compiere. Il potere insomma piega la cultura al suo volere[15].


Cultura, non è possedere un magazzino ben fornito di notizie, ma è la capacità che la nostra mente ha di comprendere la vita, il posto che vi teniamo, i nostri rapporti con gli altri uomini. Ha cultura chi ha coscienza di sé e del tutto, chi sente la relazione con tutti gli altri esseri (…). Cultura è la stessa cosa che la filosofia… ciascuno di noi è un poco filosofo: lo è tanto più quanto più è uomo… Cultura, filosofia, umanità sono termini che si riducono l’uno nell’altro (…). Cosicché essere colto, essere filosofo lo può chiunque lo voglia. Basta vivere da uomini, cioè cercare di spiegare a se stessi il perché delle azioni proprie e altrui, tenere gli occhi aperti, curiosi su tutto e tutti, sforzarsi di capire; ogni giorno di più l’organismo di cui siamo parte, penetrare la vita con tutte le nostre forze di consapevolezza, di passione, dì volontà; non addormentarsi, non impigrire mai; dare alla vita il suo giusto valore in modo da essere pronti, secondo le necessità, a difenderla o a sacrificarla.
Antonio Gramsci – Quaderni dal carcere - 1929

 

[1] Claudia Presicce – L’allarme di bauman: La cultura come merce – 16 Febbraio 2023 - https://www.quotidianodipuglia.it/cultura/l_allarme_di_bauman_consumi_culturali_merce-1555361.html

[2] Ken Plummer – Il primo libro di sociologia – Einaudi 2021

[3] Univerona - https://www.dsu.univr.it/documenti/OccorrenzaIns/matdid/matdid135671.pdf

[4] Domenico De Masi - https://www.unita.it/2023/07/05/intervista-a-domenico-de-masi-meloni-si-vergogni-ad-attaccarmi-su-borsellino/

[5] https://www.institutfrancais.it/italia/il-sistema-universitario-francese

[6] Domenico De Masi – Ozio creativo – Rizzoli 2012 

[7] https://www.sintesidialettica.it/lavoro-senza-luomo-lallarme-inascoltato-di-keynes/

[8] Dario Mastellone – Sociologicamente.it - https://sociologicamente.it/ozio-creativo-lavorare-divertendosi-e-possibile/

[9] Alberto Cevolini – L’ordine del sapere – Mimesis 2022

[10] Robert Deliege – Storia dell’antropologia – Il Mulino ultima edizione – UNICZ – dispensa di Antropologia sociale - https://web.unicz.it/admin/uploads/2019/06/i-antropologia.pdf

[11] Nico Stehr – Il Sapere, l’approccio sociologico alla conoscenza – Treccani - https://www.treccani.it/enciclopedia/sapere_%28Enciclopedia-delle-scienze-sociali%29/    

[12] Maria Angela Polesana – Influencer e social media – Franco Angeli 2023

[13] https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/youtube-gamer-dalla-voglia-di-esprimersi-ai-guadagni-come-nasce-e-dove-va-il-fenomeno/

[14] Gianfranco Pasquino – Minima politica – UTET 2020

[15] Giorgio Caravale – Senza intellettuali – Laterza 2023


Il tuo parere...

Clicca qui per scrivere le tue osservazioni

https://forms.gle/GbuWfYpDpiuS8mry9


Report Page