Botros 16 - Ripartenze: la riabilitazione post-ictus

Botros 16 - Ripartenze: la riabilitazione post-ictus

Caterina Scavo (https://t.me/CaterinaScavo) [Art. 3 Settembre 2023]

Ogni anno, in Italia, sono circa 120mila le persone colpite da ictus. Di queste, circa 45mila riportano disturbi neurologici spesso invalidanti, come la spasticità, che si presenta in circa il 19% dei casi a 3 mesi e dal 17% al 38% a un anno dall’episodio acuto.

L’ictus cerebrale è una lesione cerebro-vascolare causata da rottura o dalla chiusura di un vaso cerebrale. Quando un’arteria nel cervello “scoppia” o si ostruisce, fermando o interrompendo il flusso di sangue, i neuroni, privati dell’ossigeno e dei nutrimenti necessari anche solo per pochi minuti, cominciano a morire, causando notevoli danni a tutte le funzioni.


Quali sono queste conseguenze?

  • paralisi di uno o più arti
  • disfagia, ovvero difficoltà a inghiottire
  • afasia, difficoltà nel parlare
  • aprassia, difficoltà a eseguire gesti in assenza di paralisi
  • neglect o Eminattenzione, quindi impossibilità a guardare ed esplorare la metà sinistra del corpo e dello spazio
  • depressione. 

L’incidenza dell’ictus ci dimostra che è fondamentale definire e diffondere PDTA (Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali) che tengano in considerazione l’importanza della riabilitazione, dal momento che i disturbi post evento ictale a cui vanno incontro i sopravvissuti sono numerosi e impattano sulla vita in modo molto negativo, e soprattutto, considerando che I trattamenti riabilitativi, se intrapresi precocemente, sono in grado di permettere al paziente il ripristino di molte delle funzionalità compromesse e il recupero di una buona qualità di vita.


L’ictus è definita, infatti, una patologia tempo-dipendente: prima si interviene, maggiori sono le possibilità di sopravvivenza e questo vale naturalmente anche per la riabilitazione; intraprendere subito un iter riabilitativo significa aumentare in modo significativo le opportunità di riprendere a parlare, muoversi, avere una vita di relazione e lavorativa.

Dopo un ictus, la coordinazione fine può essere assente, causando frustrazione e depressione nei pazienti. Per i terapisti occupazionali, è cruciale individuare la giusta modifica nelle attività quotidiane dei pazienti e raccomandare dispositivi di assistenza adeguati all’individuo.

Essi possono aiutare a ottenere eventuali dispositivi e le attrezzature necessarie (p. es. una panca per la vasca da bagno, maniglie per la vasca da bagno o per il WC) o anche raccomandare modifiche che permettono ai pazienti di svolgere attività della vita quotidiana nel modo più sicuro e indipendente possibile, come riorganizzare i mobili nei locali abitati e rimuovere il disturbo superfluo.


Per esempio, ai pazienti si può insegnare a vestirsi o radersi con una sola mano e a eliminare i movimenti superflui durante la preparazione degli alimenti o nel fare la spesa, così come si può suggerire l'utilizzo di abbigliamento e scarpe con chiusure facilitate, a strappo, o l’utilizzo di piatti piani con manici e prese di gomma per facilitare la presa.

“Nelle settimane successive all’ictus – spiega il professor Claudio Grassi, direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università Cattolica di Roma – ci può essere un recupero della funzione neuromotoria, anche molto significativo, dovuto a processi riparativi spontanei, ciò non toglie che sia necessario intraprendere un percorso di riabilitazione multidisciplinare…”

L’approccio tipico, attualmente utilizzato, è rappresentato dalla riabilitazione neuromotoria che cerca di esercitare e recuperare tutte quelle abilità compromesse a causa dell’ictus, come la diminuzione della forza muscolare, la mancanza di coordinazione ed equilibrio, la difficoltà nella deambulazione, oltre che a parlare e a deglutire: il paziente, con l’aiuto di fisiatri e fisioterapisti, imparerà a compensare eventuali disabilità permanenti con tecniche alternative.


«Per potenziare ulteriormente il ripristino delle funzioni motorie – prosegue il professor Grassi –, il nostro obiettivo è quello di affiancare alle metodologie classiche di riabilitazione, nuove metodiche quali la 
stimolazione non invasiva del cervello».

Negli ultimi anni, numerosi studi sperimentali hanno dimostrato che, affiancando alle procedure di riabilitazione neuromotoria standard, stimolazioni elettriche o magnetiche delle aree cerebrali interessate dall’ictus, si ottengono risultati migliori e in tempi più rapidi.

In particolar modo, parliamo della tDCSstimolazione transcranica a corrente diretta continua

“Sono stimoli di lieve intensità, applicati sulla superficie cranica, in maniera per nulla invasiva o dolorosa, che consistono in una corrente continua, come quella erogata dalle batterie che usiamo per i piccoli elettrodomestici nella vita di tutti i giorni, molto efficaci nel modificare due caratteristiche funzionali fondamentali delle cellule nervose: l’eccitabilità, la capacità di generare segnali, e la plasticità cerebrale, ovvero la riorganizzazione di carattere morfologico e funzionale che il cervello ha messo in atto a seguito dell’ictus…”

Nel momento in cui un individuo ha un ictus, è difficile dire quanto durerà la sua riabilitazione, perché spesso non è possibile prevedere se l’eventuale menomazione sarà permanente e di quale gravità, l’importante è che il paziente e i suoi congiunti abbiano pazienza e che la terapia sia svolta regolarmente, anche in funzione di “mantenimento”.

Naturalmente, affinché la “ripartenza” possa avere successo occorrono volontà e motivazione del paziente a collaborare per migliorare la propria situazione. 


Ripartenza”, in questo senso, significa in primo luogo essere disposti ad imparare cose nuove e ad acquisire una miglior sensazione del proprio corpo, tornando in grado di gestire di nuovo la vita di tutti i giorni, con o senza l’aiuto di altre persone e imparando a convivere nel miglior modo possibile con eventuali menomazioni permanenti.

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