Botros 16 - Grandi catastrofi e grandi riprese

Botros 16 - Grandi catastrofi e grandi riprese

Angelins (https://t.me/BotrosGiornale) [Art. 3 Settembre 2023]


Le catastrofi nella storia dell’umanità sono state numerosissime e tutte devastanti, tanto da risultare difficile elencarle, classificarle e scegliere tra esse quali trattare in questo spazio.

Se ne sono verificate di tutti i generi e in tutti i campi: disastri ambientali naturali e causate dagli uomini; catastrofi economiche, genocidi, guerre.

Tutte hanno creato distruzioni, gravi disagi, morti, povertà, disperazione, lacrime.

Nell’articolo vogliamo sottolineare soprattutto quelle calamità sulle cui macerie l’uomo ha saputo o almeno ha tentato di ricostruire nuove speranze e far fiorire nuove visioni di umanità.



La seconda guerra mondiale

Il conflitto mondiale, come tutte le guerre, ha avuto conseguenze gravissime: 55 milioni di morti: oltre 32 milioni nella sola Europa, di cui 20 milioni i sovietici (il 12 della popolazione) e 5 milioni i tedeschi; in Estremo Oriente 13 milioni di cinesi uccisi e quasi 2 milioni i giapponesi. Europa, Giappone, intere aree della Cina erano distrutte; 25 milioni i senzatetto in URSS; città rase al suolo dai bombardamenti o cancellate dalla bomba atomica.

Il mondo, nel dopoguerra, appariva come un tremendo cumulo di macerie.

Uno degli aspetti più eclatanti di quella catastrofe, fu l’episodio di Hiroshima e Nagasaki

Il mattino del 6 agosto 1945, gli Stati Uniti D’America fecero esplodere sulla città una bomba di prova chiamata “The little boy”.

In questo attacco nucleare morirono circa 70mila persone, che sarebbero raddoppiate solo un mese dopo a causa dei residui tossici rimasti nell’aria.

Tre giorni dopo fu lanciata una seconda bomba nucleare su Nagasaki.

Oggi entrambe le città sono state completamente ricostruite e sono abitate da più di un milione e mezzo di persone.

Tranne per i monumenti dedicati agli attacchi, le tracce del bombardamento sono completamente scomparse; i livelli di radioattività sono nella media mondiale, così come il tasso di tumori.

Esempio di grande Resilienza e volontà di far rivivere la propria terra!

Ci si chiede com’è stato possibile ricostruire e vivere ancora in quelle città.

Per comprendere quanto avvenuto ci siamo documentati consultando articoli e documenti pubblicati nel tempo.

Gli esperti spiegano: “Su Hiroshima e Nagasaki vennero sganciate bombe nucleari che contenevano poche decine di chili di materiale radioattivo. Queste piccole quantità sono sufficienti a generare una fissione nucleare incontrollata, che a sua volta produce un’esplosione atomica.

Gli effetti di queste bombe sono sostanzialmente tre: una potente onda d’urto è in grado di sbriciolare palazzi di cemento a centinaia di metri dal luogo dell’esplosione; un “flash” di radiazioni infrarosse c può incendiare il materiale infiammabile anche a decine di chilometri di distanza; infine una pioggia di neutroni, raggi beta e gamma: questo è il vero e proprio effetto “atomico” della bomba e quello che causa l’avvelenamento da radiazioni.

Questa pioggia di radiazioni si esaurisce in poche frazioni di secondo.

Il vero pericolo a lungo termine di una bomba atomica è costituito dal materiale radioattivo contenuto nella bomba e dai prodotti della fissione nucleare, che restano estremamente radioattivi anche dopo essere stati vaporizzati dall’esplosione.

Questi materiali, quando ricadono a terra, rischiano di inquinare il suolo e avvelenare le persone che si trovano nelle vicinanze: si tratta del famoso “fallout nucleare”.

Nel caso di Hiroshima e Nagasaki questo tipo di inquinamento fu praticamente trascurabile: la quantità di materiale radioattivo nelle bombe ammontava a pochi chilogrammi.

La nuvola di sostanze radioattive rimase in aria e fu dispersa dal vento, diluendosi con l’aria non contaminata e quindi perdendo la sua pericolosità.”

(da un articolo pubblicato da Post)

 

Chernobyl: l’immane catastrofe
A Chernobyl c’erano decine di tonnellate di uranio all’interno del reattore.
L’acqua utilizzata per raffreddare l’impianto si trasformò improvvisamente in vapore e causò un’esplosione simile a quella di una pentola a pressione.

La forza del vapore era tale che scagliò in aria il tappo che sigillava il reattore, un blocco di cemento e acciaio pesante più di 2.000 tonnellate: insieme a lui furono disperse anche enormi quantità di combustibile che si trovavano nel nocciolo.
A Chernobyl c’erano decine di tonnellate di uranio all’interno del reattore.

Si calcola che il combustibile radioattivo scagliato nell’atmosfera dall’esplosione di Chernobyl, sia stato circa 400 volte superiore a quello di Hiroshima.

Per quanto fosse stata forte, l’esplosione non era paragonabile a quella di una bomba atomica.
Il carburante non fu completamente vaporizzato trasformandosi in una nuvola che poteva essere disparsa dai venti.         
Intorno alla centrale ricaddero pezzi di carburante estremamente radioattivo e abbastanza grandi da essere visti a occhio nudo.
Questi frammenti, per niente diluiti, contaminarono enormi aree di suolo e rendendo l’intera area pericolosa per qualsiasi forma di vita.

Ancora oggi i lavoratori impiegati nella zona proibita, possono restarci per soltanto cinque ore al giorno per un mese, prima di doversi fermarsi per quindici giorni.
Secondo le autorità ucraine l’area intorno a Chernobyl resterà pericolosa per i prossimi 20 mila anni.



Olocausto

La Seconda Guerra Mondiale viene ricordata per i crimini di guerra e contro l’umanità; su tutti primeggia l’Olocausto (o Shoah), ovvero lo sterminio sistematico degli ebrei, deciso il 20 gennaio 1942 quando, nel corso della conferenza di Wannsee, viene approvata la cosiddetta "soluzione finale".

“Olocausto” è un termine greco che significa “sacrificio consumato col fuoco”.

E’ il nome dato all’uccisione sistematica di sei milioni di ebrei da parte del regime nazista e dai suoi alleati durante la Seconda guerra mondiale. Oltre agli ebrei, altri gruppi sono stati perseguitati per quella che veniva percepita come la loro inferiorità raziale e biologica.

Tra questi gruppi figuravano i Rom, le persone con disabilità, i prigionieri di guerra sovietici e gli omosessuali. Altri, come i testimoni di Geova, i socialisti e i comunisti, furono presi di mira per il loro credo religioso e politico.

Gli ebrei lo chiamano anche “shoah”. Per i nazisti, l’obiettivo della cosiddetta “soluzione finale” era eliminare tutti gli ebrei d’Europa. Sebbene la maggior parte delle vittime perse la vita in campi di concentramento come Auschwitz-Birkenau, molte persone morirono per mano delle squadre della morte mobili e altre in ghetti come quello di Varsavia.

  • Gennaio 1945, il campo di sterminio di Auschwitz viene liberato dalle truppe sovietiche: la maggioranza dei prigionieri era stata evacuata e avviata alle Marce della Morte verso il territorio tedesco ancora controllato dai nazisti.
  • Aprile 1945: Vengono liberati i Campi di Concentramento di Bergen Belsen, Dachau, Buchenwald. Suicidio di Hitler e nomina dell’Ammiraglio Doenitz a successore.

Gli studiosi di questa tragedia umana stimano che siano state tra 15 e 20 milioni le persone, che vennero uccise o imprigionate nei centri allestiti dai nazisti o dai governi fantoccio nei Paesi occupati, dalla Francia alla Romania. Fino ad oggi le stime dell'Olocausto erano di cinque-sei milioni di ebrei e di altri sei milioni di persone, giacchè non tutto l’orrore di quel triste e disonorevole evento, è venuto alla luce.

“Quel che è accaduto non può essere cancellato, ma si può impedire che accada di nuovo”. Nelle parole di Anna Frank è racchiuso il senso del Giorno della Memoria, ricorrenza che si celebra in gran parte del mondo, ogni anno, il 27 gennaio.

Si spera e si insiste, perché quello che è accaduto possa almeno essere un input perenne a recuperare e a rispettare i diritti umani.

L’Olocausto è diventato una bussola dei diritti umani

Creare un ponte tra il passato e il presente è il principale obbiettivo delle politiche della memoria promosse dalle istituzioni dell’Unione Europea

Una data fortemente simbolica, scelta per commemorare i milioni di vittime della Shoah, ma non solo. Una data da portare impressa del cuore, di cui vogliamo ribadire l’importanza ripassando quando è nata, perché e cosa significa "giornata della memoria".

Per commemorare le vittime. Ma anche e soprattutto per il dovere di conoscere uno dei capitoli più bui della nostra storia affinché non si ripeta. È questo il significato del Giorno della Memoria: il dovere di non dimenticare descritto da Primo Levi. "Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre".

La ricostruzione vera è questa: non solo chiudere per sempre i campi di sterminio, ma creare una nuova coscienza della dignità umana, imparare a capire che siamo tutti fratelli ed uguali, senza differenze di credi religiosi e politici.

Installazione allo Yad Vashem, il Memoriale della Shoah di Gerusalemme

Sopra: Forno crematorio



Il dopoguerra come grande ricostruzione
Verso la fine degli anni ‘50 e l’inizio degli anni ‘60, l’economia capitalistica mondiale attraversò una vera e propria “età dell’oro.

Si verificarono un forte incremento demografico, e soprattutto un processo di grande espansione economica industriale, che iniziato negli Stati Uniti subito dopo la fine del conflitto, finì per coinvolgere il resto d’Europa nel decennio successivo, fino a garantire per quasi 25 anni una fase quasi ininterrotta di benessere.

Esempio luminoso di questo processo di ricostruzione è stato il cosiddetto Miracolo economico italiano

Nel 1945 l’Italia era distrutta quasi completamente, e si ritrovava senza risorse economiche ed umane. Molte famiglie risultavano sena sostegno dii braccia maschili (molti furono i morti e i dispersi in guerra).

La produzione industriale del paese era scesa a meno di un terzo rispetto all’inizio del mentre quella agricola era dimezzata; il sistema dei trasporti era collassato e la condizione degli edifici pubblici e privati gravemente compromessa.

La forte disoccupazione e le numerose tensioni sociali completavano il quadro delle tante difficoltà che il nuovo sistema democratico si trovava ad affrontare.  

La povertà dilagava e il lavoro era nullo.

Tuttavia, grazie ad iniziative europee ed americane, l’Italia ritrovò la forza di risollevarsi dalle macerie.

Leggiamo un documento pubblicato dall’ Ansa
Il primo consistente aiuto alla ripresa economica italiana venne dall’estero: l’inserimento dell’Italia nel blocco capitalista dei paesi occidentali a guida USA consentì l’inizio dell’intervento statunitense finalizzato a favorire la ripresa dell’intera economia europea. 

Il piano Marshall
L'European Recovery Program, meglio noto come piano Marshall” dal nome del suo ideatore, venne varato nel giugno del 1947 e nel corso del triennio successivo, fino al 1951, riversò 13 miliardi di dollari, più aiuti materiali d’ogni genere, sulle economie europee e su quella italiana. 

Un altro consistente incentivo alla crescita economica italiana venne dal parallelo avvio del processo di integrazione europea: nel 1951 nasceva la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA), con il compito di coordinare la produzione e i prezzi dei settori ritenuti strategici per la produzione industriale.

Il successo della CECA incoraggiò i paesi fondatori a proseguire su questa strada: nel 1957 veniva fondata la Comunità economica europea (CEE), con il compito di creare un mercato comune mediante l’abbassamento delle tariffe doganali e il principio della libera circolazione di capitali e forza lavoro. 



La ripresa economica italiana tra gli anni ‘40 e ‘50

Luigi Einaudi alla guida della politica economica italiana (Fonte: Getty-Images)

Grazie a questi interventi il periodo più critico per l’economia italiana poteva dirsi superato già all’inizio degli anni ‘50 con il recupero dei livelli produttivi precedenti il conflitto. Nell’immediato dopoguerra, la politica economica venne guidata dall’economista liberale Luigi Einaudi, che riuscì a far recuperare potere d’acquisto alla Lira riportando la fiducia degli investitori, anche attraverso l’adozione di misure energiche. 

Nel 1955 venne poi varato il “piano Vanoni”, un primo tentativo, mai tentato fino a quel momento in Italia, di programmazione economica sotto la guida dello Stato. 



Il Miracolo economico: nuovi consumi e stili di vita

Flash sui cambiamenti

Fonte: Getty-Images

A rendere l’Italia una delle locomotive del processo di espansione economica europea, oltre ai fattori internazionali, contribuirono anche alcune condizioni specifiche dell’economia italiana. In particolare il basso costo dei salari e la grande disponibilità di manodopera permise alle aziende italiane di essere estremamente competitive sul mercato mondiale, esportando facilmente i loro prodotti.

A favorire la grande crescita fu anche un ruolo diverso dello Stato in ambito economico, che pur non arrivando a pianificare completamente la fase di sviluppo vi contribuì in numerosi modi.

Il ruolo delle aziende di Stato
I primo settori industriali ad essere trainanti per l’economia italiana furono quello delle fonti energetiche e delle materie prime: l’ENI(Ente Nazionale Idrocarburi) divenne il centro strategico per l’approvvigionamento del paese, con lo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi presenti in Italia e l’acquisto di combustibili dall’estero; a sua volta l’IRI-Istituto per la ricostruzione industriale - si impegnò nella creazione di una moderna industria siderurgica, rifornendo le industrie di acciaio a costi contenuti per favorire la produzione di infrastrutture e di nuovi beni di consumo su larga scala.  

Simboli del boom: l’automobile

Uno dei simboli del Miracolo economico fu certamente l’automobile, diventata in quegli anni un autentico “status symbol”, grazie alla FIAT.

Gli elettrodomestici

Il settore che determinò il più grande cambiamento di stile di vita negli anni del boom fu certamente quello legato agli elettrodomestici: le aziende italiane del settore (come la Candy e la Ignis) diventarono nel giro di pochi anni all’avanguardia facendo entrare frigoriferi, lavatrici e lavastoviglie nelle case degli Italiani ed esportando in tutto il mondo i loro prodotti.

Un’altra azienda particolarmente attiva fu la Olivetti, che propose un modello di fabbrica particolarmente innovativo nel settore delle macchine da scrivere.

Tutti questi nuovi strumenti alleggerirono, soprattutto le donne della pesantezza di alcuni lavori e fecero scoprire a molti il concetto di tempo libero.

La televisione, nuovo hobby degli italiani, entrò in tutte le case dello stivale e contribuendo ad allargarne l’orizzonte culturale. Ben presto la tv fece scoprire il gusto di rimanere in casa e di essere contemporaneamente in contatto con il mondo intero.

 

Il miracolo italiano ebbe anche qualche risvolto negativo.

Il Meridione, salvo alcune eccezioni, rimase escluso da questo processo: le regioni del Sud, pur vivendo un momento di crescita, restarono ben lontane dallo sviluppo delle aree del Nord; inoltre le imprese esistenti nel Meridione spesso non riuscirono a reggere la concorrenza, aumentando il divario già esistente tra le diverse zone del paese.

Questa realtà determinò il trasferimento della popolazione dal Sud al Nord Italia.



Tsunami

Una tragedia di cui si parla ancora oggi con terrore

Il 26 dicembre 2004 un violentissimo terremoto di magnitudo 9.1 sulla scala Richter colpì la zona dell’Oceano Indiano al largo della costa Nord-Occidentale di Sumatra, in Indonesia.

Lo tsunami che ne seguì raggiunse le coste dell’intero sud-est asiatico, lambendo anche quelle dell’Africa orientale.

Il maremoto, con onde alte fino a quindici metri, provocò oltre duecentomila morti, tra questi anche quaranta italiani e migliaia di dispersi.

I Paesi più colpiti furono: Thailandia, Indonesia, Sri Lanka, India, Birmania, Bangladesh e le Maldive. Interi villaggi sulla costa vennero spazzati via dalla furia delle acque, così come diversi resort vennero rasi al suolo, provocando decine di morti tra i turisti che stavano trascorrendo lì le vacanze di Natale.

L’epicentro del terremoto, in alto mare, nell'Oceano Indiano, provocò un maremoto le cui onde si propagarono per circa 800 chilometri.

In trenta minuti raggiunsero Sumatra, le isole Nicobare e le Andamane travolgendo in maniera devastante ogni cosa che trovavano sulla loro strada. Vennero sommerse spiagge, alberghi, campagne e città. Un’ora e mezza dopo, lo tsunami arrivò a colpire le spiagge del Sud della Thailandia.

Anche in questo caso furono spazzati via i resort frequentati dai turisti, che quel giorno erano affollatissimi. Passarono altri 30 minuti e fu colpito lo Sri Lanka, quindi le onde raggiunsero il Sud dell'India e le Isole Maldive. L’onda anomala non accennava a fermarsi e dopo sei ore arrivò sulla costa africana della Somalia.

La Tv trasmisero di continuo immagini terrificanti di turisti e abitanti, che vagavano tra le macerie alla ricerca di parenti o amici: volti distrutti dal dolore e dalla paura, gente che in pochi secondo aveva perso tutto, case, lavoro, parenti e amici, spiagge piene di detriti, case crollate, macerie ovunque.

Passato il maremoto, nei giorni seguenti iniziarono gli appelli per la ricerca di dispersi. Le foto delle persone ancora mancanti all’appello erano appese ovunque.

Le vittime furono oltre 230 mila, almeno 1,5 milioni di sfollati solo in Sri Lanka, 100mila in India, quasi 30mila in Thailandia, più altre centinaia di migliaia in Indonesia.

Eppure, anche nel caso tragico dello Tsunami, la gente dei luoghi colpiti, ha saputo dar vita alla ricostruzione.

Una serie di fotografie documenta i progressi nella ricostruzione delle infrastrutture urbane e strutture turistiche nelle zone costiere colpite dal disastro del 26 dicembre 2004

La devastazione

 

Devastazione e ricostruzione a confronto

Le foto scattate oggi documentano la ricostruzione delle strutture turistiche ormai quasi completata in molte delle spiagge colpite.

Alcune strade di Banda Aceh, in Indonesia, mostrano i cambiamenti avvenuti nel corso di questi ultimi dieci anni: strade che erano completamente ostruite dai detriti e dai corpi, oggi sono tra le più trafficate di tutto il paese.

Nelle zone costiere e negli arcipelaghi della Thailandia, come per esempio le isole Phi Phi, diversi centri turistici che erano completamente distrutti – come bungalow, alberghi, negozi – sono stati ricostruiti, o comunque le opere di ricostruzione sono quasi terminate.

Molti dei villaggi più piccoli interessati dallo tsunami dieci anni fa sono riusciti a riprendersi e oggi hanno riavviato le loro attività, basate per lo più sulla pesca.



Attentato alle torri gemelle di New York

L’11 settembre 2001 è avvenuto uno degli attentati più sconvolgenti della storia, il primo anzi, di una lunga serie. Quel giorno quattro aerei di linea statunitensi sono stati dirottati da 19 terroristi facenti parte il gruppo terroristico di Al-Qaida.

Causarono la morte di 2977 persone e altrettante 6000 sono morte nel corso degli anni a causa di malattie respiratorie e tumori, causati dalle polveri dell’esplosione. Per questi motivi e per gli ingenti danni infrastrutturali causati, questi eventi sono spesso raccontati dall’opinione pubblica come i più gravi attentati terroristici dell’età contemporanea.

  • Cosa c’è al posto delle Torri Gemelle adesso
    Ancora oggi si ricorda con grande tristezza l’11 settembre 2001, giorno dove hanno perso la vita 2974 persone. Tutto è successo la mattina dell’11 settembre quando due aerei diretti a Los Angeles sono stati dirottati e fatti schiantare contro le Torri Gemelle del World Trade Center, provocandone anche il crollo.
    Ma andiamo a sapere cosa c’è al posto delle Torri Gemelle adesso.
  • One World Trade Center al posto delle Torri Gemelle
    Dopo il crollo delle Torri Gemelle a New York c’era il sito del World Trade Center, conosciuto anche come Ground Zero.
    Si trattava di un grande buco nero, venuto fuori dopo aver portato via le tonnellate di detriti e calcinacci.
    Questo buco, profondo decine di metri, sul fondo aveva una croce che voleva essere un tributo ai caduti. Adesso, al suo posto, c’è One World Trade Center, il grattacielo più alto di New York e conosciuto anche con il nome di Freedom Tower.
  • Freedom Tower, il grattacielo più alto di New York
    La Freedom Tower è un edificio di 1776 piedi corrispondenti a 541 metri e 32 centimetri al pennone. La sua altezza fino al tetto, invece, è di 417 metri. La scelta del numero 1776 non è un caso: rappresenta, infatti, l’anno della dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti.
    La Freedom Tower ha 104 piani, di cui solo 85 sono disponibili perché gli altri 19, per motivi di sicurezza, sono riservati. IlOne World Trade è stato realizzato per riqualificare la Lower Manhattan, i cui edifici circostanti sono stati ristrutturati interamente.

Immagini di ricostruzione e di speranza

One World Trade Center
L'One World Trade Center, inaugurato nel 2014, sorge molto vicino a dove si trovavano le Torri Gemelle e, infatti, condivide il nome con la torre del nord distrutta.

Con i suoi 541 metri di altezza, oggi l'One World Observatory, chiamato anche Freedom tower, è l'edificio più alto di New York e ospita l'osservatorio più alto della città.

La vista dal One World Observatory offre panorami spettacolari sulla Grande Mela, tra cui i ponti di Brooklyn e Manhattan, la Statua della Libertà e i grattacieli di Midtown da una prospettiva particolare.

Memoriale dell'11 settembre, le fontane in onore delle vittime
A prima vista è una piazza alberata, finché non si arriva di fronte agli enormi vuoti lasciati dalle due Torri Gemelle.

Nelle vecchie fondamenta di entrambe le torri sono stati costruiti due identici monumenti a forma di fontana, dove l'acqua scende a cascata e si perde nella terra.

Attorno al bordo ci sono targhe di bronzo con i nomi di tutte le persone morte l'11 settembre 2001 e nell'attentato al World Trade Center del 1993. Inoltre tra gli alberi che circondano i monumenti, uno è molto particolare: il Survivor Tree, l'albero che è sopravvissuto all'attacco.

Museo commemorativo dell'11 settembre
Il museo dell'11 settembre si trova sotto la piazza e si concentra sulla storia del World Trade Center e sul prima, durante e dopo l'attacco terroristico.

Sono esposti oggetti legati all'attentato, frammenti originali delle Torri Gemelle, la storia di alcune vittime, resti degli arei e molto altro.

(da Genio)

Ecco: queste piccole riflessioni fanno capire che dopo ogni crisi, anche dopo la più grande catastrofe, la volontà, la forza della vita, fanno ritrovare l’energia, per ricostruire su qualsiasi maceria e per continuare a vivere.

La Speranza non muore nel cuore dell’umanità!

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