Botros 11 - Un mese dopo la tragedia di Steccato di Cutro

Botros 11 - Un mese dopo la tragedia di Steccato di Cutro

Bruno Apicella (https://t.me/BotrosGiornale) [Art. 2 Aprile 2023]

Tragedia a Steccato di Cutro, sale a 90 il numero delle vittime


La cronaca di cosa è avvenuto il 26 febbraio scorso nel nostro mare.

"Abbiamo sentito un forte urto. L'acqua sottocoperta era in grande quantità. Poi la barca all'improvviso si è spezzata e siamo stati invasi dalle onde".

Il racconto dei sopravvissuti, un mese dopo la tragedia di Steccato di Cutro, descrive i momenti di terrore che le circa 180 persone a bordo della Summer Love, il caicco naufragato nel nostro mare la notte tra il 25 e il 26 febbraio scorso, hanno provato. Sentimenti di paura, disperazione, sconforto e tanto dolore. Sognavano un futuro diverso e, invece, 91 persone, proprio l'altro giorno il mare ha restituito il corpo di un uomo di 30 anni, hanno trovato la morte a pochi metri dalla spiaggia di Steccato.


E se le ricerche dei dispersi non si fermano, con lo stesso ritmo procede anche l'inchiesta della Procura di Crotone per ricostruire ruoli e responsabilità attorno all'intera vicenda. Tutto questo mentre nel Tribunale minorile di Catanzaro ha preso il via l'incidente probatorio con il quale si stanno raccogliendo le dichiarazioni dei testimoni nel procedimento a carico di un presunto facilitatore pakistano che ancora deve essere identificato.

Le testimonianze raccolte descrivono la paura delle persone a bordo dell'imbarcazione, i ritardi nei soccorsi e soprattutto il dolore provato per la perdita dei propri cari:

"Ho tenuto la mano di mio fratello - ha raccontato al giudice uno dei minorenni sopravvissuti al naufragio - anche quando il suo cuore non batteva più".

Storie strazianti. Come la storia della famiglia di 21 persone, partita tre mesi fa dall'Afghanistan: per il viaggio avevano investito 118 mila euro derivanti dalla vendita di una casa e di un terreno da parte dello zio. Erano 21 familiari e, di loro, in 16 hanno smesso di respirare nel nostro mare.


Testimonianze che rendono doverosa e, soprattutto, necessaria la risposta all'interrogativo che accompagna l'intera vicenda: perchè la notte tra il 25 e il 26 febbraio scorso la Guardia costiera ha deciso di non far uscire le sue motovedette alla ricerca dell'imbarcazione che, nelle ore precedenti, era stata segnalata da Frontex? E ancora: la nave Summer Love, sui cui viaggiavano circa 180 persone, poteva essere salvata? E' stato fatto tutto il possibile per impedire che circa 100 persone, provenienti dall'Iran, dall'Afghanistan, dalla Siria e dalla Tunisia potessero perdere la vita nel nostro mare? A domande, dubbi e interrogativi dovrà rispondere l'inchiesta coordinata dal Procuratore capo di Crotone Giuseppe Capoccia.

Il lavoro raccolto fino a questo momento ricostruisce quanto è accaduto. Ma andiamo con ordine. E' la notte del 22 febbraio, quando un barcone parte dalla Turchia, da Smirne per la precisione, per avviare quello che sarà un vero e proprio viaggio della speranza e raggiungere l'Italia sognando una nuova vita.

A bordo dell'imbarcazione ci sono circa 180 persone. Non tutto va come previsto: il motore della prima nave, la Luxury 2, ha un'avaria e gli scafisti sostituiscono la nave con un'altra di legno che, appunto, conosceremo tutti con il nome di Summer Love. Dopo due giorni di navigazione la nave si avvicina alle coste italiane ma ad aggravvare la situazione e impedire l'arrivo sulle coste calabresi c'è il maltempo e la paura che gli scafisti possano essere scoperti dalle forze dell'ordine. 


Si continua a navigare fino a quando alle 22.26 del 25 febbraio scorso un aereo di Frontex segnala la presenza in mare della Summer Love e avverte le autorità italiane. Autorità italiane che, tuttavia, avviano l'operazione di Law enforcement e non il Sar, che avrebbe consentito la ricerca e il soccorso in mare del caicco. La barca, però, in un primo momento, pur viaggiando senza le dotazioni di sicurezza, all'apparenza non avrebbe registrato problemi. La segnalazione viene considerata come "evento immigrazione 533 del 25 febbraio" ma, scrivono nella relazione di servizio, "non si evidenziano elementi riconducibili al fenomeno migratorio".

Le condizioni del mare peggiorano. Tutto diventa più incerto ma, non viene avviata nessuna operazione di soccorso. Anche se, come ricostruito fino a questo momento, ci sarebbero state diverse telefonate tra la Guardia costiera e la Guardia di finanza. Poco dopo la mezzanotte due mezzi della Guardia di finanza escono per monitorare la situazione ma il mare è troppo agitato.

Rientrano anche perchè i loro mezzi non sono adeguati per gestire un'operazione di salvataggio. Attorno alle 2 le motovedette della Guardia di Finanza provano a riuscire ma, anche questo tentativo resta vano, in quanto le condizioni del mare sono definite "proibitive". Tutto questo mentre i mezzi della Guardia costiera, capaci anche di navigare con il mare in condizioni difficili, restano fermi.

Alle 4.10, invece, al 112 arriva una telefonata da un numero internazionale, in inglese. La chiamata arriva da un'imbarcazione che è a meno di 100 metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro. Intanto i primi a prestare soccorso sono alcuni pescatori del posto che, giunti sul luogo, iniziano a salvare le prime persone. Assieme a loro anche i carabinieri alcuni dei quali, gettandosi in mare in divisa, provano a salvare più vite possibili.


Ma, lo scenario è da brividi: davanti ai loro occhi incontrano solo corpi.

I sopravvissuti raccontano che, intorno alle 4, sull'imbarcazione si è sentito un forte rumore, forse per l'impatto con una secca, che, come conseguenza, ha ridotto in pezzi la nave. A fare il resto le onde del mare che hanno travolto le 180 persone a bordo della nave. Di questi, oggi, si contano 91 morti di cui 34 minori: 21 maschi e 13 femmine. 31 di loro non avevano compiuto nemmeno 14 anni.

Una strage nel nostro mare. Una strage che merita risposte.
Anche perché, secondo le testimonianze dei superstiti e dei pescatori giunti sul posto per prestare soccorso, si evincerebbe che dal naufragio all'arrivo delle prime motovedette della Guardia di finanza e della Guardia costiera, sarebbe passata più di un'ora e mezza. E resta la domanda: se tutto fosse stato fatto in tempi più rapidi, si sarebbero salvate più vite?


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