Botros 10 - Un libro sulla Donna

Botros 10 - Un libro sulla Donna

Giovanna Moscato (https://t.me/BotrosGiornale) [Art. 8 Marzo 2023]

La Storia - Elsa Morante

Di una donna se ne può parlare sempre senza afferrare mai l’essenza del suo essere.


Senza partire da troppo lontano la parola donna ha un’etimologia estremamente interessante, infatti il sostantivo domina, signora, ne costituisce la radice. Ciò che contraddistingue l’essere donna è la capacità di dominare gli eventi, di essere signora della vita in quanto è essa stessa vita, culla e sorgente di civiltà.

Nella storia della letteratura italiana le voci femminili sono di rara ed incredibile bellezza, sono espressione di delicata sensibilità e di lucida rappresentazione della realtà, soprattutto se pensiamo alla storia del Novecento, di cui molte donne sono state interpreti accorate e attente. Un’autrice che sicuramente ha saputo narrare il mondo femminile con delicata commozione è Elsa Morante.


La Morante è stata la prima donna a vincere il premio Strega con il romanzo L’Isola di Arturo. Nacque a Roma poco tempo prima dello scoppio della prima guerra mondiale, nel 1912, convinta che il suo vero padre fosse il secondo marito di sua madre di cui portò il nome, mentre invece era figlia di Francesco Lo Monaco. Iniziò molto presto a scrivere poesie e racconti e lasciò la casa materna per andare a vivere da sola e in questo fu straordinariamente moderna. Il suo sogno cominciò a concretizzarsi quando iniziò la collaborazione con alcune testate giornalistiche: Il Corriere dei piccoli, I diritti della scuola e Oggi.

Come spesso è accaduto in passato, per ricevere una qualche considerazione, pubblicò alcuni racconti con un nome maschile: Antonio Carnera.
A 24 anni conobbe il grande scrittore antifascista Alberto Moravia diventando sua moglie. Grazie a lui frequentò alcuni degli autori più importanti dell’epoca, quali Umberto Saba e Pierpaolo Pasolini. A partire dalla fine degli anni '60 Elsa Morante divenne sempre più solitaria. Nei suoi ultimi anni la Morante fu costretta su una sedia a rotelle, dopo un incidente in cui si ruppe l’anca. Nell'aprile 1983 tentò il suicidio ingerendo tre diversi tipi di sonniferi e accendendo il gas, ma venne salvata dalla cameriera.


La sua opera più famosa e più interessante, a mio avviso, è “La Storia”, che pone al centro delle vicende una donna e i suoi figli nel periodo della seconda guerra mondiale.
Nel romanzo ciò che attrae è la profonda conoscenza della psiche umana, non dimentichiamo che la letteratura dell’epoca risente molto degli influssi della psicoanalisi di Freud in cui diventa fondamentale scandagliare la psiche umana andando alla ricerca delle motivazioni che spingono l’uomo ad agire, inoltre l’autrice impiegò tre anni per scrivere il romanzo e quando venne pubblicato volle che venisse realizzato in versione tascabile, quasi come se non desse alcuna importanza all’opera. Gli episodi del romanzo si dipanano tra il 1941 e il 1947.

Un giorno di gennaio dell'anno 1941 Gunther, un militare tedesco ubriaco, durante il suo girovagare notturno per Roma , incontra una donna, la maestra Ida Ramundo (ebrea per parte di madre), madre di un turbolento ragazzo quindicenne di nome Antonio, soprannominato Nino.

Colto da un attacco di rabbia e nostalgia, il soldato violenta la donna. Dalla gravidanza nascerà un bambino : Giuseppe, ribattezzato "Useppe" da suo fratello Nino. Di Gunther, che morirà poco tempo dopo, la donna non avrà più alcuna notizia. Ida e i suoi figli vivono in una casa di San Lorenzo. Il primogenito Nino è un ragazzo esuberante e innamorato della vita: ostenta scarsa voglia di studiare, ha un linguaggio scurrile e da borgata, il suo comportamento è spavaldo e sfrontato.

Non si accorge della gravidanza di sua madre fino alla nascita del fratellino, ma già dalla prima volta in cui lo vede se ne innamora, e inizia con lui uno stupendo rapporto di amore fraterno. Nel luglio del 1943 Nino riesce a entrare a far parte di un battaglione di camicie nere in partenza per il Nord Italia. Qualche giorno dopo un grosso bombardamento distrugge anche la casa di Ida, lasciando Ida e Useppe senza dimora.


Trovano così un riparo in uno stanzone dove vivono con altre persone. Negli stessi giorni Ida e Useppe si trovano casualmente ad assistere, alla stazione ferroviaria , alla partenza di un convoglio ferroviario che conduce al campo di concentramento di Auschwitz gli ebrei del ghetto di Roma, arrestati durante il rastrellamento del 16 ottobre 1943. In tale circostanza Ida assiste alla disperazione di una madre, scampata all'arresto, che si precipita in stazione chiedendo e ottenendo di salire sul treno assieme al marito e ai cinque figli, con i quali verrà mandata a morte nelle camere a gas all'arrivo al campo di concentramento di Auschwitz.

Poco tempo dopo, inaspettatamente, ricompare Nino, non più camicia nera ma partigiano comunista.

Con l'inizio del 1946, a guerra ormai terminata, le notti di Useppe iniziano a essere tormentate da lunghi e spaventosi incubi, provocati in parte dalle atroci immagini di guerra che trova stampate sui giornali. La persistenza degli incubi e dei repentini cambi d'umore del piccolo convincono Ida a portare Useppe da una dottoressa, che gli prescrive un ricostituente, grazie al quale la salute del figlioletto si stabilizza temporaneamente. Ma la malattia ricompare inesorabile, infatti Useppe viene colpito da attacchi epilettici.

A distruggere psicologicamente Ida sarà la morte di suo figlio Nino. Non molto tempo dopo anche Useppe, colpito da continui attacchi epilettici, muore. La madre, Ida, che al momento della morte del figlio si trovava a scuola, torna a casa in seguito a un presentimento. Alla vista del figlioletto morto, Ida impazzisce e si chiude in casa per paura che qualcuno glielo porti via. Ida viene portata in un ospedale psichiatrico, dove morirà nove anni dopo.




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