Allevamenti intensivi responsabili dell’inquinamento in Lombardia

Allevamenti intensivi responsabili dell’inquinamento in Lombardia

ilfattoalimentare.it - Chiara Di Paola

Del ruolo degli allevamenti intensivi nella produzione di gas serra e polveri sottili si parla da tempo e di recente gli esperti del Politecnico di Milano (sostenuti dalla Fondazione Cariplo e coordinati dagli ingegneri Maria Brovelli e Daniele Oxoli, del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale) hanno condotto uno studio per valutarne l’effettivo impatto (ne abbiamo parlato in questo articolo sul ruolo degli allevamenti intensivi nell’inquinamenti in Lombardia).

Lo studio su inquinamento e allevamenti intensivi

Utilizzando un approccio innovativo basato sull’intelligenza artificiale, i ricercatori sono riusciti a incrociare i dati (raccolti tra maggio 2020 a dicembre 2021), a tracciare una mappa delle aree più inquinate della Lombardia e a mettere a confronto quelle in cui la scarsa qualità dell’aria è legata a una massiccia urbanizzazione e industrializzazione (come Milano e Pavia) e quelle in cui essa è riconducibile all’attività agricola (come Lodi, Cremona e Mantova).

I risultati dello studio, ripresi da Greenpeace, hanno confermato che l’impatto degli allevamenti intensivi e delle attività agricole connesse alla produzione mangimi sull’inquinamento nelle diverse aree geografiche considerate è paragonabile, se non superiore, ad altre fonti inquinanti come i carburanti, i motori termici, le caldaie domestiche, gli scarichi delle aziende, ecc.

In particolare questa modalità di allevamento è responsabile dell’aumento della produzione di PM2,5 (o ‘polveri sottili’) e di una vasta quantità di rifiuti organici composti principalmente da letame e urina, che rilasciano ammoniaca nell’aria e nitrati nel suolo e nelle acque sotterranee; composti che in quantità eccessiva risultano dannosi per la salute umana e per l’ambiente.

L’allevamento intensivo è responsabile dell’aumento della produzione di PM2,5

Allo stesso modo, le colture destinate dalla produzione di mangimi per il bestiame (come mais e cereali, con l’eccezione del riso) sono associate a valori molto elevati di inquinamento da PM2,5 per una serie di motivi chimico-fisici, tra cui l’uso dei fertilizzanti che rilasciano ammoniaca.

Oltre gli allevamenti intensivi

Questi risultati non sorprendono gli esperti ambientali, ma la conferma scientifica fornita dal PoliMI dovrebbe incentivare le autorità regionali e nazionali a mettere in campo azioni concrete, sistemiche e collaborative, per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’argomento e per favorire una definitiva transizione agroecologica del settore zootecnico. Di qui la proposta di legge “Oltre gli allevamenti intensivi” depositata alla Camera dei Deputati da Greenpeace insieme a Isde, Lipu, Terra! e WWF.

L’obiettivo è quello di favorire l’adozione di misure efficaci per mitigare l’impatto ambientale degli allevamenti in Lombardia e in altre Regioni, tra cui promozione di pratiche agricole più sostenibili e tecniche di allevamento meno intensive, implementare i sistemi di gestione dei rifiuti e predisporre di regolamenti più rigorosi sulle emissioni di ammoniaca e nitrati.

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, AdobeStock

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Source ilfattoalimentare.it

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