Quanta acqua consuma una centrale nucleare?

Quanta acqua consuma una centrale nucleare?

Avvocato Atomico
Torri di raffreddamento della centrale di Cattenom, Francia

Post originale su FB: https://www.facebook.com/AvvocatoAtomico/posts/290300202636177

Uno dei grandi cavalli di battaglia dell’opposizione alle centrali nucleari è il consumo indiscriminato di acqua. Come sempre quando si fa opposizione a priori e faziosa, l’argomento contiene un fondo di verità, ma quest’ultimo è talmente distorto da rendere totalmente falsa la conclusione. Ma andiamo con ordine.

Una centrale elettrica può avere un ciclo termico o meno, e quindi può richiedere o meno acqua per il suo funzionamento (fanno eccezione le centrali idroelettriche che non hanno alcun ciclo termico ma richiedono acqua).

Un ciclo termico si basa su due fonti, una calda e una fredda, che si scambiano energia sotto forma di calore, parte del quale viene convertito in lavoro (energia elettrica). Maggiore è la differenza di temperatura, maggiore è l’efficienza (cioè quanta energia utile riesco ad estrarre per unità di energia scambiata). L’efficienza di un ciclo termico ideale è quella di un ciclo di Carnot che opera tra le stesse temperature, ed è sempre inferiore ad 1 per via del secondo principio della Termodinamica.

Anche una centrale nucleare ha un ciclo termico. A causa della natura della reazione con cui viene prodotto il calore, il ciclo è semplice (posso estrarre calore una sola volta), mentre nelle centrali a combustibili fossili posso estrarre calore anche dai fumi, ottenendo quindi un ciclo combinato. Questo fa sì che, per innalzare il rendimento di una centrale nucleare, occorra aumentare la temperatura del ciclo: con i reattori ad acqua questo è molto difficile (a causa del cambiamento di fase dell’acqua), mentre è più facile con quelli a metallo liquido o a gas. Ma non divaghiamo, e torniamo a concentrarci sul consumo d’acqua.

I primi modelli di centrale nucleare raggiungevano il 25% circa di rendimento termico netto (i Magnox, tipo quello di Latina), gli ultimi modelli raggiungono quasi il 40%; quelli a metallo liquido arrivano fino al 45% e quelli a gas ad alta temperatura poco oltre il 50%. Questo significa che una grande quantità di calore deve essere asportata e scaricata nell’ambiente. Prima che ve lo chiediate, questo calore non è un problema per l’effetto serra, dal momento che il fabbisogno energetico umano non è che una frazione minuscola dell’energia proveniente dal sole - ciò che rende problematica la presenza di un quantitativo eccessivo di CO₂ in atmosfera è proprio il fatto che viene “intrappolata” una maggior quantità di energia solare.

L’asporto di calore avviene attraverso una serie di cicli: nei reattori maggiormente utilizzati oggi, il ciclo primario e il ciclo secondario sono entrambi chiusi. L’acqua del circuito primario assorbe calore dal nocciolo e lo cede al generatore di vapore; l’acqua del circuito secondario viene scaldata nel generatore di vapore (trasformandosi, per l’appunto, in vapore) e viene poi raffreddata e fatta tornare in forma liquida nel condensatore: entrambi questi circuiti non richiedono di prelevare acqua dall’ambiente esterno, visto che riutilizzano sempre la stessa. Il circuito terziario, invece, è aperto, dunque preleva acqua dall’ambiente, che utilizza per raffreddare il condensatore, e poi la reimmette nell’ambiente a temperatura più alta.

I regolamenti delle centrali termiche prescrivono che l’acqua non possa essere reimmessa nella fonte di provenienza se ha una temperatura superiore di 10°C a quella della fonte stessa (a seconda del paese i regolamenti possono essere differenti: in Francia la temperatura di reimmissione è di appena 1°C superiore a quella ambientale). Questo significa che il dimensionamento dell’impianto sarà dipendente dalla disponibilità d’acqua: la nuova centrale indiana di Jaitapur da 9.6 GW non potrà rifornirsi d’acqua da un ruscello che va in secca, dovrà necessariamente ricorrere ad un grande fiume o ad un lago o al mare (e infatti verrà costruita sull’oceano).

Dunque è vero che una centrale nucleare richiede enormi quantitativi di acqua? Sì, ma è falso che *consumi* enormi quantitativi di acqua. C’è una bella differenza.

Nel 2002 (ultimo dato che ho trovato, ma la situazione non è cambiata moltissimo) il comparto elettrico francese ha RICHIESTO (fate bene attenzione al termine) il 71% di tutti i prelievi di acqua dolce francesi, pari a 18.5 miliardi di metri cubi annui, ma il 97.5% di tale quantità è stato restituito all’ambiente. Ed il restante 2.5%? Questo è l’effettivo CONSUMO di acqua. Infatti, in periodi in cui l’acqua del fiume è troppo calda o la portata è ridotta, molti impianti fluviali accendono le torri di refrigerazione, che sono entrate nell’immaginario comune come presenti unicamente nelle centrali nucleari, mentre invece si possono trovare anche in impianti termoelettrici di tipo tradizionale. Ma come, quindi anche le torri delle centrali a carbone emettono solo vapore acqueo? Quelle larghe e dal profilo iperbolico, sì; nelle centrali a combustibili fossili sono però presenti anche le ciminiere, che invece buttano fuori ogni sorta di gas inquinante e climalterante.

Quando una centrale nucleare funziona normalmente, preleva in media dal fiume (o dal mare) circa 160 litri d’acqua per kWh di energia elettrica prodotto. Quest’acqua è poi completamente restituita all’ambiente. Se invece la portata del fiume è insufficiente, allora viene accesa la torre di refrigerazione (foto 1: le torri di raffreddamento della centrale di Cattenom, Francia).
Attenzione: “portata insufficiente” non vuol dire che il fiume è in secca, ovviamente: vuole semplicemente dire che il prelievo di grandi quantità d’acqua o lo scarico a temperatura più alta potrebbero compromettere la stabilità dell’ambiente fluviale, laddove ovviamente l’obiettivo è di rendere l’impatto ambientale di un impianto nucleare prossimo allo zero. Ovviamente la condizione di portata insufficiente non si verifica mai quando si ha a disposizione il mare come sorgente fredda: per questo motivo non vedrete mai le caratteristiche torri dal profilo iperbolico in una centrale costruita sulla costa (foto 2: la centrale nucleare di Flamanville, sulla costa della Normandia).

Cosa succede quando viene accesa la torre di refrigerazione? Il prelievo di acqua fluviale cala a 6 litri per kWh, ma solo 4 vengono reimmessi nel fiume: gli altri 2 sono fatti evaporare nelle torri. Se qualcuno è digiuno di nozioni di calorimetria, potrebbe chiedersi come mai con la torre evaporativa in funzione è la quantità d’acqua richiesta diminuisce così tanto: l’enorme differenza è dovuta al calore latente di evaporazione, che per l’acqua è altissimo. 1kg di acqua che evapora estrae 539 kcal, mentre innalzare di 1 °C lo stesso kg di acqua richiede solamente 1 kcal.

https://www.physagreg.fr/Cours3eme/nouveau-programme/elec3/electricite3-chap4-besoin-eau-centrale-nucleaire.pdf

Dunque la vulgata circa il fabbisogno di acqua degli impianti nucleari è “quasi esatta”, ma è proferita in modo tale da essere totalmente scorretta: la RICHIESTA è enorme (ma è pari a qualsiasi altro ciclo termico con la stessa efficienza totale), il CONSUMO è però trascurabile. Dato poi che molte centrali sono sugli stessi fiumi, lo stesso metro cubo d’acqua utilizzato nel ciclo aperto può passare (idealmente) dalle 4 centrali nucleari sulla Loira o sul Rodano.

Se poi non si vietasse il teleriscaldamento da centrali nucleari, la richiesta di acqua sarebbe ancora inferiore (molto del calore di scarto verrebbe riciclato) e si consumerebbero anche molti meno combustibili fossili. Ma qui pare che usare meno combustibili fossili faccia schifo a tutti.

Ah, esistono anche modelli di torri di refrigerazione a secco. Sono poco usati perchè l’efficienza netta dell’impianto diminuisce (hai un consumo elettrico per le ventole, laddove le torri di raffreddamento evaporative sono completamente passive), ma d’altra parte permetterebbero di costruire una centrale in pieno Sahara.

-Enrico (revisione di Luca)

La centrale nucleare di Flamanville, sulla costa della Bassa Normandia


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