9 MAGGIO
Ogni anno, puntualmente si ripresenta il 9 maggio.
Lapalissiano, nulla di straordinario, anche tutti gli altri giorni del calendario sottostanno alla stessa regola.
Ma questo giorno, il 9 maggio, per la nostra parte di mondo ha un significato molto importante.
Chi lo festeggia, chi lo maledice: dipende da che parte della Storia ci si collochi.
Chi lo festeggia, lo fa onorando i milioni di persone, soldati e civili, che si sono sacrificati per liberarsi dalla presenza di un cancro che aveva invaso le loro nazioni.
Chi lo maledice, per il motivo opposto, perché nonostante tutto l’impegno messo, questo cancro non è riuscito a farlo prevalere.
Che nell’Unione Sovietica prima e nella Federazione Russa ora questa sia una data vissuta con grande partecipazione non è un mistero.
L’Unione Sovietica è quella che ha dato un enorme tributo di sangue per la liberazione, di se stessa e di noi tutti.
Se però il significato originale non è cambiato nel tempo, è cambiato invece agli occhi della Storia.
Nel tempo ci sono stati diversi nove maggio, che per ragioni relative al periodo storico hanno assunto significati differenti sui quali credo meriti una considerazione.
Per rimanere negli ultimi, i 9 maggio più significativi sono stati quelli dei decennali.
Il 9 maggio 1995 è stato quello della “vittoria” non tanto sul nazi-fascismo ma sull’Unione Sovietica dove a Mosca si sono riuniti i capi di stato di quelle nazioni sotto la cui spinta si è dissolta l’Urss. Da vincitori a fare da contorno ad un presidente che ha consegnato nelle loro mani tutto quanto desiderato delle ricchezze del paese.
È stata probabilmente quella dove sul palco regnava maggior felicità, in contrasto con l’umiliazione verso i popoli russi, verso le vittime, verso i sopravvissuti che avevano combattuto.
Vent’anni dopo arriva il nove maggio del 2015, già diventato simbolo dell’orgoglio dei popoli russi, riscattati dalle umiliazioni subite nel decennio degli anni ’90, con il paese avviato verso un futuro roseo ma che viveva un momento di perplessità, come in bilico tra due mondi.
L’anno prima aveva visto il susseguirsi di avvenimenti previsti da alcuni, voluti da altri ma che nelle speranze della popolazione si pensava, si voleva, fossero preoccupazioni infondate appartenenti ad un passato oscuro che mai più sarebbe tornato a mostrare il suo volto.
Invece la realtà ha colpito con la sua brutalità ognuno di loro ed il colpo è stato così forte che ancora non ci si rendeva conto di ciò che si accumulava all’orizzonte.
Anche da parte occidentale vi era un certo imbarazzo; molti paesi sapevano che il colpo di stato in Ucraina non era così genuino, che la violenza stava mietendo nuove vittime e che i rapporti con la Russia potessero cambiare radicalmente come poi è avvenuto.
La partecipazione alla Parata non è stata contrastata e vissuta come oggi: c’era chi non aveva compreso la realtà e chi, comprendendola, aveva preferito girare la testa da altra parte.
Partecipazione sentita sul fronte della Russia, timida sul fronte occidentale.
Quelle che invece, a mio avviso, segnano più di tutte la frattura che si è verificata tra questi nostri due mondi che qualcuno ha voluto, sono quella del 2005 e quella di oggi.
Segnano non solo la divisione dei nostri mondi ma anche il bivio dove le visioni del mondo hanno cambiato il loro percorso, strade che si sono allontanate sempre più e, soprattutto, più si va avanti e minori saranno le possibilità di trovare un punto di interesse comune che renda possibile il ritorno alla pacifica convivenza.
Il 2005, 60° anniversario, pochi lo ricordano ma è stato un anno particolare, molto importante che se compreso, come doveva essere, avrebbe cambiato per sempre il corso della storia senza spargimenti di sangue.
Io lo chiamo l’anno della grande riconciliazione grazie alla mano tesa dall’allora Presidente Putin a tutto il mondo occidentale.
È stato l’anno che ha visto la presenza in Piazza Rossa di tutti i rappresentanti dei paesi coinvolti nel secondo conflitto mondiale, la grande guerra patriottica, come si chiama in Russia e l’invito è stato fatto ed accolto con uno scopo preciso.
Quello di suggellare una volta per tutte la pace.
Non la pace “giusta”, come la vogliono chiamare ora; la pace “vera”, quella che viene decretata tra tutte le vittime della guerra, su entrambi i fronti.
Concetto ribadito ampiamente anche negli anni precedenti l’avvio dell’operazione speciale nel Donbass, monito inascoltato: dalle guerre non escono vincitori e vinti, ma solo perdenti da ambo le parti.
Chi perde di più, chi meno ma in ogni caso perdenti.
Da sola, questa ragione sarebbe sufficiente per evitare le guerre, ma così non è.
In quell’anno si sono uniti tutti sotto un’unica bandiera che non significava dimenticare, ma ricordare e passare oltre.
Cosa non è immaginabile ora.
La parata di oggi è speculare a quella del 2005.
Il 2025 sarà l’anno ricordato per la spaccatura dei nostri mondi, per il fallimento dell’occidente sull’oriente e sul sud del mondo.
Il tentativo, fallito, di isolare la Russia ha dato nuove speranza a tutti coloro che subiscono le angherie dell’occidente capitalista, forse, finanziario sicuramente.
Il rischio che in questa spaccatura ci finiscano molti di noi è più grande di quanto non ci si possa immaginare.
Avrei preferito che la Storia proseguisse nel solco del 2005, ma così non è.
Buon 9 maggio, Giorno della Vittoria, non dimentichiamo di chi e non lasciamo che prevalga una storia diversa.
Per ora è tutto... День Победы!!!
Con rispetto, Enio.