2020-02 JW Broadcasting

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Benvenuti! Questo mese ci concentreremo su come possiamo ‘servire Geova con gioia’. I genitori sanno bene che crescere un figlio è una grande gioia ma presenta anche delle difficoltà. Vedremo come 2 genitori sono stati un buon esempio per i loro figli. Quando pensate al nuovo mondo promesso da Dio, vi vengono in mente immagini come queste? Come vi fanno sentire? Siamo sicuri che vi piacerà molto essere proiettati nel futuro con il nuovo video musicale. Inoltre impareremo che possiamo essere più gioiosi se esprimiamo la nostra gratitudine in famiglia, in congregazione e a Geova. Questa è l’edizione di febbraio 2020 di JW Broadcasting.

Per cominciare, vorrei riflettere insieme a voi su questo invito: “Servite Geova con gioia”. Ci viene rivolto in Salmo 100:2. Ma voi servite sempre Geova con gioia? Penso che siamo tutti d’accordo nel dire che essere felici non è sempre facile. Ma allora è davvero così importante servire Geova con gioia? E cosa comporta? In altre parole, cos’è la gioia che Geova vuole che proviamo? E come possiamo servire Geova con gioia e mantenere un atteggiamento positivo? Perché possiamo dire che servire Geova con gioia è importante? Pensiamo all’obiettivo che abbiamo: imitare la sua personalità. In 1 Timoteo 1:11 viene definito il “felice Dio”. Quindi è logico che Geova desideri che lo serviamo con gioia, vero? In Deuteronomio, al capitolo 28, è riportato quello che Geova disse agli israeliti. Geova li avvertì di quello che sarebbe successo se fossero stati disubbidienti e se avessero smesso di servirlo con gioia. Leggiamo Deuteronomio 28, a partire dal versetto 45:

Deuteronomio 28:45) “Tutte queste maledizioni verranno certamente su di te, ti perseguiteranno e ti raggiungeranno finché tu non sia stato annientato, perché non avrai ascoltato la voce di Geova tuo Dio osservando i comandamenti e i decreti che ti ha dato.

(Deuteronomio 28:47) perché non avrai servito Geova tuo Dio con allegrezza e gioia di cuore quando avevi ogni cosa in abbondanza.

Geova aveva fatto davvero tanto per gli israeliti, eppure non erano felici. E a lui questo atteggiamento non piaceva per niente. Quindi capiamo che servire Geova con gioia è molto importante. Anche Gesù diede risalto a questo. Per esempio, nel Discorso della Montagna, aiutò le persone che lo ascoltavano a capire come essere felici.

Leggiamo le sue parole in Matteo 5, dove si trovano quelle che a volte vengono chiamate le 9 felicità. In seguito, l’apostolo Paolo parlò del “frutto dello spirito”. La gioia è una delle qualità che fanno parte di questo frutto. Essere gioiosi è importante e, attraverso il suo spirito, Geova ci aiuta a servirlo con gioia. Ma è realistico pensare di poter essere sempre sorridenti e canticchiare allegramente tutto il giorno? Ovviamente Geova non si aspetta questo. Non siamo tutti uguali e abbiamo modi diversi di esprimere la nostra felicità. E poi, ci sono momenti nella vita in cui ci sentiamo tristi o delusi. E Geova sa bene che alcuni di noi hanno problemi di salute, mentre altri lottano con la depressione, e quindi a volte non riescono proprio a esprimere gioia in questo modo. Eppure Geova ama ognuno di noi e ci apprezza moltissimo.

Allora che tipo di gioia si aspetta che proviamo? Cosa significa esattamente avere un atteggiamento positivo, o gioioso? Qui in Deuteronomio si parla della “allegrezza”, cioè “il sentimento interiore e la manifestazione esteriore di gioia”. E si parla anche della “gioia di cuore”. Il cuore si riferisce a quello che siamo dentro. La nostra persona interiore, che si rivela in tutto quello che facciamo, nei nostri desideri, affetti, sentimenti, passioni, pensieri, e così via. Quindi la gioia viene da dentro. Ma la gioia di cui stiamo parlando dipende dalle circostanze in cui ci troviamo? Facciamo un esempio. Penso che a tutti noi piaccia quando c’è il sole.

Ma come si sente un contadino che sta aspettando la pioggia di cui ha bisogno, e questa invece non arriva? Probabilmente sarebbe più felice se piovesse. In questi ultimi giorni è difficile, se non impossibile, trovarsi in circostanze perfette, senza problemi. Quindi sarete d’accordo con me nel dire che servire Geova con gioia non dipende dalle circostanze. E qui su JW Broadcasting e nelle nostre pubblicazioni abbiamo visto molti esempi di fratelli che non hanno perso la gioia nel servizio nonostante affrontassero situazioni difficili, come un problema di salute o l’opposizione. Ma allora cosa fa di noi una persona felice? Per rispondere a questa domanda, vi va di fare un piccolo esperimento con me? Chiudete gli occhi per un momento. Li avete chiusi? Ok, ora pensate a una mela. Potete riaprire gli occhi. Vi faccio una domanda: “Avete immaginato una mela rossa, una mela verde o una mela gialla?”

Ma come fate a rispondere a questa domanda? Vi ho solo chiesto di pensare a una mela. Sapete rispondere perché noi pensiamo in termini di immagini. Sono infinite le immagini a cui pensiamo ogni giorno. E dopo averci pensato le impiliamo come se fossero delle fotografie. Quando poi ripensiamo a qualcosa è come se riprendessimo l’immagine legata a quel pensiero e la rimettessimo in cima. Se non portiamo alla mente quel pensiero, più passa il tempo, più l’immagine si troverà in fondo alla pila e più sarà difficile ricordarla. Ecco, questa pila di immagini fatta di pensieri rappresenta il nostro subconscio. Queste immagini determinano il nostro stato d’animo. Determinano se siamo tristi o felici, se siamo annoiati o emozionati, e così via. Geova, il nostro Creatore, è consapevole di quanto i nostri pensieri siano legati alle immagini. Prendete con me 2 Re capitolo 6 e vediamo un esempio di come Geova usa questo nostro processo mentale. Qui si parla dell’episodio in cui il re di Siria voleva catturare Eliseo. Ricordate come si sentiva il servitore di Eliseo? Leggiamo 2 Re capitolo 6, a partire dal versetto 15:

2 Re 6:15) Il servitore dell’uomo del vero Dio si alzò di buon’ora e, quando uscì, vide la città accerchiata da un esercito con cavalli e carri da guerra. Subito disse: “Oh, mio signore! Che facciamo?”

Il servitore aveva paura. Forse pensava al fatto che non c’era via di fuga e si immaginava già nelle mani dell’esercito siro. Eliseo sarebbe riuscito a confortare il suo servitore? Versetto 16:

2 Re 6:16) Ma Eliseo rispose: “Non aver paura! Quelli che sono con noi sono più numerosi di quelli che sono con loro”.

In altre parole Eliseo disse: “Pensa a qualcos’altro. Pensa a tutti quelli che sono con noi”. Ma funzionò? A quanto pare il servitore non riusciva a spostare la sua attenzione su questi pensieri rassicuranti. Non riusciva a visualizzare l’immagine di Geova che li proteggeva. Cosa fece Geova per aiutarlo? In 2 Re 6:17 leggiamo:

2 Re 6:17) Poi pregò dicendo: “O Geova, ti prego, apri i suoi occhi perché veda”. E Geova aprì gli occhi del servitore, che fu in grado di vedere. Ed ecco, la regione montuosa era piena di cavalli e di carri da guerra di fuoco, tutt’intorno a Eliseo.

Geova lo aiutò usando le immagini. I carri e i cavalli catturarono l’attenzione del servitore. In questo modo riuscì a spostare i suoi pensieri sul fatto che Geova era con loro e aveva tutto sotto controllo. Nella sua mente riusciva già a vedere la vittoria di Geova, e questo lo tranquillizzò. Si sentì felice. Quello che vide influì sui suoi pensieri e modificò il suo stato d’animo. I pensieri hanno un grande potere! E che gesto premuroso da parte di Geova! Perché, se ci pensiamo, Geova non aveva bisogno di carri e cavalli. Infatti salvò Eliseo e il suo servitore colpendo l’esercito siro con la cecità. Eliseo e il servitore provavano sentimenti diversi. Ma perché? Cosa fece la differenza? La situazione era la stessa per entrambi, ma furono i loro pensieri a fare la differenza. Cosa c’entra tutto questo con il nostro argomento: “Servite Geova con gioia”? Finora abbiamo visto che Geova vuole che siamo felici, giusto? Abbiamo capito che i nostri pensieri sono come delle immagini che determinano chi siamo e come ci sentiamo. Le immagini e i pensieri sono strettamente collegati. Ecco perché l’apostolo Paolo sottolineò l’importante ruolo che hanno i nostri pensieri.

In Romani 12:2 leggiamo: “Siate trasformati rinnovando la vostra mente”. E in Efesini 4:23 ribadì quanto è necessario ‘continuare a rinnovarsi nel modo di pensare’. Entrambi i versetti mettono in risalto l’importanza dei pensieri e quanto questi possano influire su di noi. Inoltre l’apostolo Paolo sapeva che possiamo cambiare il nostro modo di pensare. Leggiamo insieme 2 Corinti capitolo 10 e vediamo cosa ci incoraggia a fare. In 2 Corinti 10:5 Paolo disse:

2 Corinti 10:5) Noi abbattiamo i ragionamenti e tutto quello che si innalza contro la conoscenza di Dio, e prendiamo prigioniero ogni pensiero per renderlo ubbidiente al Cristo;

Questo è esattamente quello che dovremmo fare noi: controllare i nostri pensieri. Non dobbiamo soffermarci su pensieri che indeboliscono la nostra fede e ci rendono meno determinati a servire Geova. Abbiamo detto che i pensieri sono come immagini che rimangono dentro di noi. Non possono essere cancellate e influiscono sul nostro stato d’animo. Ma allora cos’altro possiamo fare? Siete pronti per un secondo esperimento? Chiudete di nuovo gli occhi e provate a non pensare a una mela. Potete riaprire gli occhi. Siete riusciti a non pensare a una mela? Se sì, probabilmente avete dovuto sforzarvi di pensare a qualcosa di diverso. Siamo fatti per pensare. Quindi per servire Geova con gioia non basta evitare i pensieri negativi; dobbiamo soffermarci su pensieri positivi. In Filippesi, al capitolo 4, ne troviamo alcuni. Leggiamo il versetto 8:

Filippesi 4:8) Infine, fratelli, tutte le cose vere, tutte le cose degne di rispetto, tutte le cose giuste, tutte le cose caste, tutte le cose amabili, tutte le cose di cui si parla bene, tutte le cose virtuose e tutte le cose degne di lode, continuate a considerare queste cose.

o a pensarci, a meditarci su. Quindi considerando o meditando su queste cose, creiamo immagini nella nostra mente che ci aiutano a provare gioia mentre serviamo Geova. Servire Geova con gioia dipende da noi. La felicità non dipende dalle nostre circostanze, ma dipende dal fare le cose come piace a Geova. Se controlliamo i nostri pensieri, riusciamo a creare nuove immagini positive. E anche se in passato abbiamo vissuto esperienze che ci rendono difficile esprimere gioia, col tempo, quelle immagini tristi, quei pensieri verranno seppelliti dalle cose di cui parla Filippesi 4. Un po’ alla volta ci sentiremo più sereni, soddisfatti e felici, e questo sarà evidente anche agli altri. Per Geova, il nostro felice Dio, è importante che lo serviamo con gioia, e lui apprezza ogni sforzo che facciamo per riuscirci. Nel nostro primo video vedremo qual è un altro modo per servire Geova con gioia. Come ricorderete, Gesù disse: “C’è più felicità nel dare che nel ricevere”. E non è vero che ci sentiamo più felici quando lodiamo qualcuno o gli diciamo che lo apprezziamo e che gli siamo grati? Nelle interviste che seguono notate perché alcuni hanno difficoltà a esprimere questi sentimenti. Vedremo in che modo i nostri fratelli hanno seguito i suggerimenti contenuti nella Torre di Guardia.

Sono pioniera regolare e servo come pendolare alla Betel. Essere così impegnata per servire Geova mi dà tanta gioia. Ma visto che ho un programma molto intenso, a volte dimentico di esprimere gratitudine ai fratelli e alle sorelle. Volevo esprimere gratitudine a mia moglie, ma quando ci provavo mi sentivo in imbarazzo. Non era una cosa che mi veniva molto naturale. È giusto esprimere gratitudine, questo lo sapevo. Ma ho capito che per farlo dovevo trovare motivazioni più forti. I 10 lebbrosi saranno stati tutti grati, ma solo uno di loro tornò indietro per ringraziare. Così mi sono resa conto che anche se dentro di me provavo gratitudine, non sempre la mostravo agli altri. Esaù era un uomo impaziente. Davide invece meditava su quanto fosse prezioso il privilegio di adorare Geova. Ho capito che è importante fermarsi a pensare. C’era una sorella che andava quasi ogni giorno a trovare un’altra sorella ammalata, la aiutava a fare la spesa ed era molto premurosa con lei. Più riflettevo sul motivo per cui si stava impegnando così tanto e sui sentimenti che provava, più la apprezzavo. Geova ci ricompensa generosamente. Se Geova stesso desidera esprimerci la sua gratitudine, allora anche io dovrei esprimere gratitudine e dimostrare agli altri che li apprezzo. Invece forse pensavo che, siccome mi impegno per provvedere alla mia famiglia, dovevo essere io quello da ringraziare. Ho cominciato a riflettere sul modo in cui Geova considera mia moglie. Così ho iniziato a rivolgermi a lei con modi di fare e parole più gentili. Ho notato che anche il modo in cui la guardo sta diventando più dolce. E anche risolvere subito i disaccordi sta diventando più semplice. Sento che ci stiamo avvicinando sempre di più l’uno all’altra. Quando mostro gratitudine, sono molto felice. Ora conosco ancora meglio i fratelli e le sorelle della congregazione, e la nostra amicizia è più stretta. Ho capito che se Geova ci incoraggia a dimostrare agli altri che li apprezziamo è perché questo ci rende felici. E ora mi sento anche più vicina a Geova.

Alcuni di noi potrebbero fare un po’ fatica a esprimere gratitudine. Come abbiamo visto, potremmo essere molto impegnati nelle attività spirituali. Forse siamo timidi. O magari dobbiamo fare uno sforzo per conoscere meglio i nostri fratelli. Ma quando mostriamo di apprezzare gli altri, ci sentiamo più vicini a loro e a Geova, e questo ci rende felici. Far parte di una famiglia in cui c’è amore contribuisce molto alla felicità. Ma comporta anche delle responsabilità nei confronti dei propri genitori, figli o fratelli e sorelle. Nel prossimo video vedremo come 3 figli decidono di onorare la loro madre anziana. Notate quanto è importante avere una buona comunicazione in famiglia.

Non era la prima volta che la mamma si sentiva male, e ogni volta lo spavento ti fa mancare il respiro. Mio fratello e mia sorella sono sempre stati pronti a dare una mano. Questa volta però la situazione era diversa. La mamma doveva rimanere in ospedale almeno un’altra settimana e poi avrebbe avuto bisogno di assistenza continua. Non eravamo preparati per questo. Avrei dovuto accettare l’aiuto che i fratelli mi avevano offerto. Solo che non volevo essere un peso per loro. Silvia mi capiva. E ora si chiedeva come tutto questo avrebbe influito sul suo servizio alla Betel. Tony da parte sua avrebbe voluto abitare più vicino per essere di maggiore aiuto. Allora abbiamo deciso di pregare, dormirci su e incontrarci di nuovo dopo aver fatto qualche ricerca. Ho parlato con loro dell’esempio di Giuseppe riportato in Genesi 45. Lui disse a suo padre:

(Genesi 45:10, 11) Abiterai nel paese di Gòsen, così starai vicino a me, tu insieme ai tuoi figli, ai tuoi nipoti, alle tue greggi, alle tue mandrie e a tutto ciò che hai. 11 Là io provvederò al tuo sostentamento; altrimenti tu, la tua casa e tutto ciò che hai sarete ridotti in povertà, perché ci saranno altri cinque anni di carestia”’.

Giuseppe non lasciò che la distanza gli impedisse di prendersi cura di Giacobbe. Organizzò le cose in modo da poter essere d’aiuto, e per lui occuparsi del padre divenne una priorità. Anche Silvia e Tony hanno trovato degli ottimi articoli che suggerivano soluzioni pratiche, come farsi dare una mano di tanto in tanto, prendersi il tempo per parlare con la mamma più spesso o anche richiedere qualche forma di assistenza domiciliare. Non eravamo preparati a questo cambiamento improvviso, ma Geova ci sta aiutando ad affrontare ogni nuova sfida. Con il suo aiuto stiamo dando onore a nostra madre, perché prenderci cura di lei per noi è una priorità.

Abbiamo visto uno dei modi in cui una famiglia può decidere di prendersi cura di un genitore che sta invecchiando. Ovviamente le circostanze variano da una famiglia all’altra. Quindi ogni famiglia deve pregare e prendere una decisione in base alla propria situazione. Se anche voi e la vostra famiglia state cercando il modo migliore per prendervi cura dei vostri genitori, cosa può aiutarvi? I princìpi della Bibbia e, come abbiamo visto, un dialogo aperto e sincero. Tutto questo, unito al rispetto e all’amore, vi aiuterà a prendere una buona decisione. Ma ora vediamo alcune delle gioie e delle difficoltà che si hanno quando si crescono dei figli. Spostiamoci in Alaska, dove vive la famiglia Bode. Vedremo cosa possiamo imparare dall’esempio di Dale e Nadja, i genitori di questa famiglia.

Vivevamo in una cittadina dell’Alberta quando è nato il nostro primo figlio. Quando ci siamo trasferiti a Craig avevamo 4 figli. Poi negli anni ne abbiamo avuto altri, e ora sono 9. Ci è stata affidata questa responsabilità e quindi, come genitori, è necessario mettere il Regno al primo posto. Bisogna dare il buon esempio. Bisogna andare alle adunanze. Bisogna uscire regolarmente in servizio. Sapevamo che per dare il buon esempio ai nostri figli dovevamo amare Geova più di ogni altra cosa. Ci hanno aiutato a capire che sono le cose spirituali a renderci felici. I miei genitori, non solo a parole ma con l’esempio, ci hanno insegnato a cercare prima il Regno. Con 9 figli la vita è molto movimentata. Una famiglia così numerosa forse potrebbe portarti ad avere più scuse. Avere 9 figli è una sfida sotto un milione di aspetti. C’erano momenti in cui nostra madre si sedeva sulla sedia a dondolo ed era proprio sfinita. Mi ricordo che una volta era l’ora di andare all’adunanza, ma ero esausta. Però pensai a Isaia 40, che dice: “Quelli che sperano in Geova riacquisteranno le forze”. Così capii che Geova si aspettava che ci andassi. Mi avrebbe dato la forza per farlo. Perciò pregai e mi preparai. C’era sempre caos! Nel libro di Ebrei veniamo incoraggiati a non trascurare le adunanze. Mio padre ce lo ricordava sempre. C’è stato un periodo in cui in inverno ci impiegavamo anche 2 ore per arrivare alle adunanze. Quando tornavamo a casa la sera tardi, i bambini erano distrutti, e lo eravamo anche noi. Vedere quanta importanza davano alle adunanze mi ha aiutato a capire che bisogna sempre apprezzarle. I miei genitori ci hanno insegnato ad andare regolarmente sia in servizio che alle adunanze. Sapevamo esattamente cosa dovevamo fare. Quando arrivava il sabato mattina, ci alzavamo, uscivamo di casa e andavamo in servizio. Non potevamo rimanere semplicemente seduti in macchina. Sapevamo che eravamo lì per dare testimonianza. Fin da piccoli abbiamo seguito l’esempio dei nostri genitori nell’interessarci degli altri. Perciò ci piaceva molto andare in servizio. La predicazione mi dava degli obiettivi. Avevo delle persone da visitare. E dovevo prepararmi per sapere di cosa parlare con loro. Durante il servizio di campo facevamo spesso delle pause sia per i bambini che per noi. Era importante che ai nostri figli piacesse il ministero, non volevamo essere severi o troppo rigidi. Mi viene in mente il passo biblico di Proverbi 22:6, dove si legge: “Insegna al ragazzo la strada da prendere”. I miei lo hanno fatto dando la priorità alle cose spirituali piuttosto che a quelle materiali. Geova ci ha aiutato a dare il meglio come genitori. Abbiamo fatto degli errori, ma ho sempre saputo che il miglior genitore è Geova. Quindi dovevamo insegnare ai nostri figli ad amarlo, e poi lui avrebbe fatto il resto. La nostra è una famiglia felice perché Geova ne ha sempre fatto parte. Tutti i nostri figli si stanno impegnando nella verità. Siamo molto felici di questo, e sono sicuro che lo è anche Geova.

Forse non avete 9 figli, e neanche 7, 5 o 2, ma l’esempio dei Bode può insegnare qualcosa a tutti i genitori. Una delle figlie ha menzionato un punto molto importante. Ha detto: “I [nostri] genitori, non solo a parole ma con l’esempio, ci hanno insegnato a cercare prima il Regno”. Anche se era molto impegnativo occuparsi di una famiglia così numerosa, Dale e Nadja hanno sempre dato la priorità ai bisogni spirituali della famiglia. Il loro esempio positivo ha influito profondamente su tutti i loro figli. Ora ascolteremo il fratello Stephen Lett, membro del Corpo Direttivo. Rivolgendosi alla famiglia Betel, ha parlato di un pericolo che può soffocare la gioia e di come evitarlo.

Il tema del mio discorso è: “Guardiamoci da ogni forma di avidità”. Geova consigliò con amore al segretario di Geremia, Baruc, di smettere di cercare ‘grandi cose per sé stesso’. Quali erano quelle cose? Non lo sappiamo con certezza, forse preminenza o cose materiali, oppure entrambe. In ogni caso, Geova aveva visto che c’era una qualità negativa che si stava sviluppando in Baruc: l’avidità. Il libro Perspicacia definisce l’avidità “desiderio bramoso o smodato”. Mentre secondo un dizionario è un “desiderio incontrollato [ad esempio di denaro] che sembra non placarsi neppure se soddisfatto”. Quindi, in effetti, Geova stava dicendo a Baruc: “Smetti di essere avido”. E per estensione Geova dice la stessa cosa a ciascuno di noi. Anche Gesù disse qualcosa che è sulla stessa linea del consiglio di Geova a Baruc. Aprite la Bibbia in Luca capitolo 12, leggeremo il versetto 15 su cui si basa questo discorso e in cui troviamo un consiglio simile da parte di Gesù. Luca 12:15: “Dopodiché [Gesù] disse loro: ‘Tenete gli occhi aperti e [notate il punto] guardatevi da ogni forma di avidità, perché anche quando si è nell’abbondanza, la vita non dipende dalle cose che si possiedono’”. Ma perché per noi è una sfida ‘guardarci da ogni forma di avidità’, come consigliava Gesù? Perché abbiamo 3 grandi nemici. Analizziamoli uno per volta e vediamo come ci rendono le cose difficili. Il primo nemico è la nostra imperfezione. In Genesi 8:21 Geova dice: “L’uomo è incline a nutrire nel suo cuore pensieri cattivi fin dalla giovinezza”. E uno di questi pensieri cattivi è l’avidità. Questa tendenza si manifesta nell’uomo già dalla tenera età. Infatti fin da quando muovono i primi passi i bambini afferrano con forza gli oggetti e dicono: “È mio! È mio! È mio!” Comincia a manifestarsi l’avidità, non è vero? Quando guardiamo un bimbo forse diciamo: “Che carino!” Oppure: “Ha gli occhi di sua madre e il naso di suo padre”. Ma difficilmente ci viene da pensare: “Guarda questo bimbo quanto è altruista!” No. Ci vogliono tempo e impegno per insegnare ai bambini a diventare altruisti come Geova. Passiamo ora al nostro secondo grande nemico, Satana. Cosa portò Satana alla rovina? L’avidità. Voleva qualcosa che spettava solo a Geova e permise a quel desiderio di mettere radice nel suo cuore. Cosa voleva tanto avidamente? Voleva essere adorato. E lui vuole che l’avidità porti alla rovina anche noi. Usa l’avidità per intrappolarci e per questo alimenta la nostra tendenza sbagliata a essere avidi. E, riflettiamoci un attimo, cosa ha usato Satana per far cadere in trappola Eva, che era perfetta? Il tranello dell’avidità. La portò a desiderare fortemente qualcosa che apparteneva solo a Dio. In effetti le disse: “Mangiare i frutti di tutti gli alberi del giardino tranne uno non è abbastanza. Devi desiderare quell’unico frutto che non puoi mangiare”. Ora facciamo un esempio per capire fino a che punto Satana aveva reso avidi Adamo ed Eva. Immaginate di avere degli ospiti a casa e di dirgli: “Fate come se foste a casa vostra”. Li portate in cucina, aprite il frigo e dite: “Prendete quello che volete dal frigo, dalla dispensa, dai mobili della cucina... tutto quello che volete. È tutto a vostra disposizione. Servitevi senza bisogno di chiedere”. Poi aprite un cassettino e dite: “Mi raccomando però: le cose che ci sono qui dentro le ho messe da parte, mi serviranno in un’altra occasione. Perciò vi prego: non mangiate quello che c’è in questo cassetto. Ma ci sono cose simili nella dispensa e nei mobili della cucina. C’è tutto quello che vi serve”. Dite che sarebbe una richiesta eccessiva? Stareste trattando male gli ospiti? Al contrario, vi stareste dimostrando generosi. Ed era così che Geova si era comportato con Adamo ed Eva. Ma torniamo all’esempio. Immaginate di tornare in cucina e trovare i vostri ospiti che mangiano le cose del cassetto, quelle che gli avevate detto di non prendere. Ci rimarreste male, vero? Lo considerereste un furto e forse chiedereste ai vostri ospiti di andarsene. Questo spiega ciò che Geova provò e come reagì. Se Eva fosse stata contenta di ciò che aveva il diritto di avere le sarebbe andata molto meglio! Parliamo ora del nostro terzo nemico, il mondo. Siamo costantemente circondati dal mondo di Satana e dal suo spirito, ovvero “lo spirito del mondo”. Possiamo dire che mentre Geova diffonde il suo spirito santo per spingere i suoi servitori a imitarlo e a essere altruisti, Satana da parte sua diffonde la puzza dello spirito del mondo che porta le persone a imitare lui e a essere avide. E uno dei mezzi che il mondo di Satana usa per promuovere l’avidità è la pubblicità martellante. La gente è sotto un bombardamento di pubblicità. Facciamo un esempio per capire il punto. È uscita una nuova macchina, scintillante, che luccica come un gioiello. Centinaia di luci puntate la fanno brillare ancora di più. Inquadrano la macchina da ogni angolo e poi compare una donna vestita in modo seducente che cammina verso la macchina. Quasi non te ne accorgi ma c’è della musica piacevole in sottofondo. La donna apre la portiera, entra in macchina e la musica aumenta di intensità. Il messaggio che lo spot vuole trasmettere è: “Sei proprio un poveraccio se non te la compri”. Non ti parlano delle grosse rate che devi pagare o delle adunanze che salterai per riuscire a pagarle, ti dicono solo: “Sei un poveraccio se non te la compri”. Metodi simili sono spesso impiegati per pubblicizzare molti aggeggi elettronici e altri prodotti. È chiaro quindi che dobbiamo combattere con impegno lo spirito del mondo e non permettergli di alimentare in noi l’avidità. Infatti, se non stiamo attenti, il nostro amore per Geova potrebbe essere schiacciato dall’amore per il denaro e per le cose materiali. E in questo caso, invece di essere noi a vincere il mondo, come fece Gesù, sarebbe il mondo a vincere contro di noi. Dobbiamo riconoscere che non è facile combattere contro questi 3 grandi nemici e seguire l’esortazione di Gesù di evitare “ogni forma di avidità”. E riflettiamo anche su questo: Gesù non disse che esiste una sola forma di avidità, un solo tipo. L’avidità può avere molte facce, può manifestarsi in diverse forme, ma noi dobbiamo evitarle tutte. Quale pensate che sia l’antidoto contro il veleno dell’avidità? Non è forse il sapersi accontentare? Ad esempio, una forma di avidità di cui abbiamo parlato è quella per le cose materiali; accontentarsi di ciò che si ha è l’antidoto contro questo pericoloso tipo di avidità. Ci ricordiamo bene di 1 Timoteo 6:8: “Quindi, avendo di che mangiare e di che vestirci, [e la nota aggiunge “un riparo”] di queste cose ci accontenteremo”. Sapersi accontentare è una protezione. Ed era questo il messaggio che Geova voleva trasmettere a Baruc. Gli stava dicendo: “Hai già quello che ti serve. Smetti di accumulare o di cercare grandi cose. Accontentati e occupati delle cose più importanti”. E gli indicò una ragione impellente per farlo. Infatti in Geremia 45:5 Geova gli disse: “Sto per far abbattere una calamità su ogni uomo” e se ‘riuscirai a dominare’ la tendenza all’avidità “ti darò la tua vita come bottino”. La stessa cosa vale per noi. Anche oggi Geova sta per portare “una calamità su ogni uomo”, perciò accontentiamoci di quello che davvero ci serve e ‘cerchiamo prima il Regno’. Siamo “residenti temporanei”, non è vero? Come si legge in 1 Pietro 1:17. Riguardo a questa espressione vi faccio un esempio. Immaginate che abbiamo preso in affitto una struttura per un congresso di zona. In questo caso di solito facciamo dei piccoli lavori per rendere la struttura più accogliente. Puliamo per bene, facciamo un ritocco di vernice dove serve, ripariamo qualche bagno e sistemiamo qualche luce. Ma non ci sogneremmo mai di intonacare e pitturare l’intero stadio dentro e fuori. Non andremmo a sostituire tutti i sedili con sedili nuovi. E non distruggeremmo il parcheggio per farne uno nuovo, perché siamo solo residenti temporanei. Usiamo quella struttura solo per un fine settimana. Ora noi non sappiamo esattamente quanto durerà questo sistema di cose, ma non per molto. Perciò viviamo una vita semplice, perché siamo residenti temporanei. Un altro tipo di avidità è il desiderio di preminenza. Ma ne saremo protetti se ci siamo felici di quello che Geova generosamente ci concede di fare. Accontentarsi avrebbe protetto ad esempio Cora ai giorni di Mosè. Un’altra forma ancora di avidità riguarda il desiderio sessuale. Sia i single che gli sposati saranno protetti non cercando ciò che non hanno il diritto di avere. Se si fosse accontentato, Davide non avrebbe peccato con Betsabea. E ci sono anche altre forme di avidità, come la ghiottoneria e l’ubriachezza. Ma per tutti questi tipi di avidità l’antidoto è lo stesso: sapersi accontentare di ciò che abbiamo il diritto di avere e che Geova ci ha dato. Se riusciremo a guardarci da ogni forma di avidità, avremo il privilegio di vivere il meraviglioso momento in cui Geova aprirà la sua mano e soddisferà i legittimi ‘desideri di ogni vivente’.

Il servizio a tempo pieno è un modo speciale per servire Geova con gioia. Ma come possiamo mantenere la gioia nei momenti di difficoltà? Jay e Elaine Humer, voi ne sapete qualcosa. Grazie di essere qui con noi per raccontarci quello che avete affrontato.

Avete servito a tempo pieno per più di 40 anni, molti dei quali nella circoscrizione, vero? Sì, abbiamo avuto il meraviglioso privilegio di servire come pionieri e come ministri viaggianti per 30 anni. - Esatto. - Geova è stato davvero buono permettendoci di servirlo in questo modo. Quando ho compilato la domanda per servire come pioniera regolare nel ’72 ho pensato che fosse il mio dono per Geova, il mio sacrificio per lui. Ma dopo tutte le benedizioni ricevute in questi anni e dopo aver visto come Geova ci ha aiutato nei momenti di difficoltà, ho capito che quello che pensavo fosse il mio dono per lui in realtà era il suo dono per me. Davvero incoraggiante. Grazie. Hai parlato di “momenti di difficoltà”. Vi va di raccontarci qualcosa al riguardo? Certo, uno dei periodi più difficili è stato quando circa 20 anni fa sono morte 7 persone a noi care in soli 6 mesi. È stato davvero difficile, perché 5 di queste persone erano nostri parenti tra cui il padre di Jay, mia zia Alma, che mi ha fatto conoscere la verità, e mio padre. È stata una tragedia dopo l’altra. È difficile perfino immaginare come vi siete sentiti in questa situazione, che ci fa pensare a Giobbe. Cosa avete fatto per ritrovare la gioia? Beh, ci è voluto impegno. Ovviamente ci siamo concentrati sul servire i fratelli e sul collaborare con loro. Questo ci ha permesso di non pensare costantemente al dolore che stavamo provando. Ci siamo anche concentrati sulla speranza della risurrezione e così è diventata per noi “l’elmo della salvezza”, perché ha protetto il nostro cuore e la nostra mente in quel periodo così tragico. E poi, chiaramente, abbiamo parlato ad altri di questa speranza, e questo ha rafforzato la nostra fede. Già. Grazie. C’è qualcos’altro che avete fatto e che volete raccontarci? Beh, il momento più difficile è stato circa 4 anni dopo quando nostro nipote Christopher è morto in un incidente d’auto all’età di 17 anni. Avevamo vissuto nella stessa casa con lui e i suoi genitori per un po’ di anni prima di servire nella circoscrizione. Era come un figlio per noi, visto che abbiamo deciso di non averne in questo sistema. Quindi perderlo è stato davvero devastante. È stato un duro colpo per tutta la famiglia, soprattutto per i genitori. Christopher stava andando alla Sala del Regno per incontrare il padre e la nonna per uscire in servizio ma la sua auto ha slittato sul ghiaccio finendo contro un’altra auto. È morto sul colpo. È stato davvero straziante. Ci sentivamo a pezzi, eravamo distrutti. Ero così a terra che facevo fatica perfino a chiedere a Geova di ascoltare i miei “gemiti inespressi”. Non ho parlato con Geova per 3 giorni, ma lo ascoltavo. In che senso lo ascoltavi? Ricordo una volta che eravamo insieme con tutta la famiglia e mia sorella aveva appena detto che Christopher era stato cremato. Stavamo organizzando il funerale e a quel punto sono crollata. Ho sentito un dolore così forte che mi sono accasciata a terra e sono scoppiata a piangere. Ero lì sul pavimento e ho pensato che forse era così che si sentiva Maria quando disse: “Signore, se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto”. Mentre ero a terra, sentivo mia sorella che diceva a Jay: “Prendi la Bibbia e leggile il suo brano preferito”. E Jay mi ha letto il Salmo 91, che conoscevo a memoria, e lì ho iniziato a sentire quello che Geova voleva dirmi. Ti è bastato ascoltare Geova quella volta sola? Assolutamente no. Ho dovuto fare molte ricerche. Ho cercato ogni articolo che parlasse della risurrezione e ogni versetto sul conforto, e ho riflettuto molto guardando le immagini delle nostre pubblicazioni. Un versetto in particolare mi ha toccato il cuore, Salmo 56:8 che dice: “Tu conosci bene ogni passo del mio vagare. Raccogli le mie lacrime nel tuo otre! Non sono forse riportate nel tuo libro?” Mi ha fatto pensare a quanto Geova si preoccupa per noi, a quanta attenzione ha per noi: addirittura raccoglie ogni nostra lacrima e ne prende nota. Questo mi ha fatto davvero sentire vicino a Geova. Quindi hai continuato ad ascoltare Geova grazie al conforto che hai trovato nelle pubblicazioni. Ti viene in mente qualche articolo in particolare? Sì, in un articolo si parlava di un fiore delicato che si era piegato dopo una tempesta, uno di quei nubifragi che spinge uomini e animali a correre in cerca di riparo. Il fiore, però, era rimasto lì: intatto, piegato ma non spezzato, ben radicato nel terreno. Mi ha fatto pensare alla nostra situazione. L’articolo diceva che quando perdiamo qualcuno non possiamo farci niente, proprio come il fiore non può sradicarsi e correre al riparo, può solo resistere. Ma l’articolo si soffermava sulla speranza e sulla fede. La speranza è la nostra ancora, e ci aiuta a rimanere spiritualmente forti. E la fede, come dice Giacomo 1:3, quando è forte, ci dà la forza di perseverare. Ed è stato così per noi. Il dolore si è attenuato. Anche noi, come quel fiore, ci saremmo rialzati e avremmo ricominciato a sorridere. Ed è successo. Ricordo la prima volta che mi sono sentita di nuovo serena. Ho pensato: “Oh Geova, tu riesci davvero a far guarire il nostro cuore!” Hai fatto anche qualcos’altro? Ho iniziato a riflettere su alcune immagini delle nostre pubblicazioni. Ne ho trovata una in particolare dove c’era un pastore che aveva camminato tra i rovi per recuperare un agnello che si era perso. Lo aveva tirato fuori, se lo era messo sulle spalle e se lo teneva stretto. Così ho pensato: “Non c’è posto più sicuro in cui trovarsi!” Ho deciso di stampare l’immagine ingrandendola un po’ e ho scoperto qualcosa che non avevo notato nella pubblicazione: il pastore aveva dei graffi sul viso. Così ho pensato che non sarà stato facile per lui camminare tra i rovi e tirare fuori l’agnello. Allora ho riflettuto sul fatto che Geova è il nostro grande Pastore e su quello che è stato disposto a fare per salvarci, anche se ha dovuto soffrire. Ora stavo ascoltando Geova, e mi sentivo di nuovo vicina a lui. E cosa hai fatto poi con gli articoli e le immagini che hai trovato? Ho deciso di stampare tutto: gli articoli, le immagini, i versetti, e li ho tenuti sulla mia scrivania per un bel po’ di tempo. Poi li ho messi dentro a una cartellina e quella per me era la lettera di incoraggiamento che Geova mi aveva scritto. Sapevamo che dovevamo fare qualcosa per non essere sopraffatti dal dolore. Si dice che il lutto è un viaggio doloroso e inevitabile. Ma è una fase da attraversare, non una condizione permanente. E anche se il dolore non scompare mai del tutto, cambia col tempo. Geova ci ha creato così, con un cuore che può guarire. E col tempo anche il nostro è guarito. Sì, è vero. Non è mancanza di fede, è un effetto collaterale dell’amore: volevamo bene a Christopher e quindi ci manca. Non lo abbiamo dimenticato. Spesso hai questa paura quando perdi una persona cara. Ma sapere che Christopher è nella memoria di Geova ci conforta. Lui è giusto, quindi non si dimentica dei suoi leali servitori, tra cui Christopher. Siamo sicuri che potremo rivederlo. Questo ci aiuta a non guardare sempre, per così dire, lo specchietto retrovisore ma a guardare avanti, a quando saremo con lui nel nuovo mondo. Geova ha davvero mantenuto le sue promesse e ci ha aiutato a superare questa tragedia. Ha raccolto i pezzi del nostro cuore e li ha rimessi insieme. Anche se questa tragedia è successa 17 anni fa, è ovvio che la ferita c’è ancora. Ma siamo sappiamo per certo che sparirà completamente quando, nel Paradiso, riaccoglieremo Christopher a casa. Quindi posso certamente dire che Geova è stato la mia fortezza, mio Padre e amico in un senso profondo. Abbiamo capito davvero che Geova ci ama, si prende cura di noi e ci protegge. E, visto che è un Padre così buono, ci ha fatto provare di nuovo gioia e ci ha dato una vita meravigliosa. Dopo tutti questi anni in cui abbiamo servito Dio, possiamo dire che qualunque cosa dai a Geova, qualsiasi sacrificio fai per lui, lui ti dà molto di più. Non puoi essere più generoso della Persona più generosa dell’universo. E, proprio come ci ha benedetto in tutti questi anni, siamo certi che continuerà a benedirci anche nel nuovo incarico. Vi ringraziamo molto per averci raccontato di voi e della vostra vita. Siamo certi che Geova rimarrà al vostro fianco mentre continuerete il vostro servizio a tempo pieno come pionieri speciali. Continuate a mettere in pratica i princìpi che ci avete indicato in modo che Geova continui a ‘custodire il vostro cuore’. Grazie.

Come abbiamo detto prima, la felicità non dipende dalle circostanze, ma dai nostri pensieri e dal nostro atteggiamento. E con le immagini che creiamo nella mente possiamo cambiare i nostri pensieri. Il nuovo video musicale mostra lo straordinario effetto che può avere l’immaginazione. È intitolato: “Il nuovo mondo che verrà”.

Chiudi gli occhi e immagina che sei in un mondo perfetto che non ha più né problemi né guai. Tutti sono al sicuro ormai. I bimbi giocano, ridono, e tu guardi il nostro pianeta bellissimo. La pace abbonderà ‘finché la luna non ci sia più’. Dio ci mostrerà tutto l’amore che ha, nel mondo che verrà. Questa speranza per noi è un fuoco, un sole, un’àncora. Non è un sogno: noi ci vediamo già lì, insieme, nel mondo che verrà. Chiudi gli occhi e immagina che sopra i monti o al mare c’è un posto per te: ora è casa tua. Senti passi avvicinarsi e tu hai capito già chi è: tende le sue braccia verso te e tu piangi, perché è questo il giorno che aspettavi di più. Morte, non potrai separarci più, nel mondo che verrà. Questa speranza per noi è un fuoco, un sole, un’àncora. Non è un sogno: noi ci vediamo già lì, insieme, nel mondo che verrà. Le sue promesse per noi presto Geova Dio adempirà. ‘La mano lui aprirà’ e i desideri realizzerà. Questa speranza per noi è un fuoco, un sole, un’àncora. Non è un sogno: noi ci vediamo già lì, insieme, nel mondo che verrà, nel mondo che verrà, nel mondo che verrà, nel mondo che verrà.

Sono sicuro che ascolterete questa canzone tante volte. O magari vi metterete anche a cantarla. La speranza è qualcosa su cui dovremmo sempre concentrarci. Farlo avrà un effetto su di noi: contribuirà alla nostra gioia. Per concludere il programma di questo mese visiteremo uno dei posti più spettacolari della terra: Martinica. Quest’isola si trova nella parte orientale dei Caraibi e copre un’area di circa 80 km di lunghezza e 35 km di larghezza. Martinica viene chiamata “l’isola dei fiori” ed è caratterizzata da paesaggi mozzafiato tra cui spiagge, foreste, fiumi, piantagioni di canna da zucchero e montagne frastagliate. La cima più alta è la Montagne Pelée, tristemente nota per l’eruzione vulcanica che in tutto il XX secolo ha provocato più vittime. Quando questo vulcano eruttò nel 1902, quasi 30.000 persone persero la vita perché ignorarono i segnali d’allarme. Nel ministero si parla spesso di questa tragedia. Attualmente qui ci sono 4.700 proclamatori e 62 congregazioni. I fratelli predicano in 8 lingue, tra cui francese, inglese, lingua dei segni francese, arabo e creolo di Martinica. Conducono più di 4.500 studi biblici, quasi uno per proclamatore. Ogni anno arriva su questa bellissima isola oltre un milione di turisti, molti in nave da crociera. Questo offre una grande opportunità per predicare. La città di Le Marin accoglie oltre 55.000 barche a vela l’anno. I fratelli qui predicano “di barca in barca”. Questa è la città di La Trinité, dove 2 anni fa è stata formata una congregazione di lingua creola di Martinica. Oggi in questa congregazione ci sono 91 proclamatori e 10 pionieri regolari. Questi fratelli predicano nelle campagne, in collina e ovunque ci siano persone. I nostri fratelli e le nostre sorelle di La Trinité ci mandano con affetto i loro saluti. Dalla sede mondiale dei Testimoni di Geova, questo è JW Broadcasting.




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