2019-09 JW Broadcasting

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Benvenuti a tutti. Siamo felici di avervi con noi per il programma di questo mese. Come vedete, qui con me c’è un mio amico. Anzi, siamo ottimi amici! Vero? - Sì, è vero, David! - Che bello sentirtelo dire! Vi presento Herman van Selm, assistente del Comitato degli Scrittori. Lavoriamo insieme ogni giorno al Reparto Scrittori. Herman ha avuto molte belle esperienze. È nato in Olanda e ha servito per molti anni come missionario in Sudamerica. Ti va di raccontarci qualcosa in più? Certo David, volentieri. Io e mia moglie Kay abbiamo servito in 3 paesi. Forse per riassumere quel periodo della nostra vita in 3 parole direi: impegnativo, straordinario e gratificante. Per un po’ abbiamo vissuto in una zona isolata nella foresta pluviale dove non c’erano Testimoni. È stato impegnativo. Ci siamo chiesti: “Riusciremo a trovare qualcuno che voglia servire Geova? Da dove cominciamo?” Così con le nostre biciclette siamo andati da tutti gli abitanti della zona. Col tempo abbiamo studiato la Bibbia con circa 25 persone. Però! Queste persone, nonostante l’accanita opposizione dei vicini, facevano un progresso straordinario. Ad esempio una donna e i suoi figli hanno lavorato duramente per costruire una bellissima capanna. Ci siamo emozionati fino alle lacrime quando lei ha detto: “L’abbiamo costruita per le adunanze. È per Geova”. Meraviglioso! Un giorno alcuni che studiavano la Bibbia ci hanno mostrato le lettere che avevano scritto con coraggio per lasciare la chiesa a cui appartenevano. Quella settimana il pastore della chiesa di quel piccolo villaggio ha ricevuto un bel po’ di lettere! Immagino che non gli saranno piaciute molto. No, non sarà stato divertente. Vedere come Geova ha fatto crescere quel piccolo gruppo fino a farlo diventare una congregazione è stata un’esperienza davvero gratificante per me e Kay. E rafforza la fede di tutti noi, dovunque ci troviamo, sapere che Geova considera preziosi anche coloro che il mondo a volte disprezza e se ne prende cura. Che bei ricordi! Grazie!

Ma ora, cosa ci aspetta nel programma di questo mese? Beh, David, in questo programma conosceremo Andrej Nesmačnyj, un ex calciatore professionista. La sua storia ci spingerà ad analizzare le nostre priorità. In seguito vedremo come Thomas impara a trovare l’equilibrio tra lavoro e attività spirituali. E poi un allegro video musicale ci ricorderà quanto è bella la famiglia di servitori di Geova di cui facciamo parte. Interessante, cominciamo subito allora! Questa è l’edizione di settembre 2019 di JW Broadcasting.

Questo mese vorrei parlare con voi di 2 argomenti interessanti. Innanzitutto... Vorrei parlarvi della traduzione delle nostre pubblicazioni. E vorrei soffermarmi su una questione in particolare che riguarda la traduzione. So che in molti, forse per motivi di lavoro o per servire dove il bisogno è maggiore, vi siete trasferiti in un paese dove si parla una lingua diversa dalla vostra. O forse state servendo nel vostro paese in una congregazione di lingua straniera. Vi sarà capitato qualche volta di confrontare un articolo tradotto nella vostra lingua con lo stesso articolo tradotto in un’altra e di notare alcune differenze, e magari vi siete chiesti il perché. Certo non dovremmo mai pensare che i traduttori siano stati negligenti, poco accurati o che si siano presi qualche libertà di troppo. No. Noi ci fidiamo di questi fratelli e sorelle che si impegnano tanto. Quindi le differenze che notiamo devono basarsi su ragioni valide, e lo scopo di questa parte è proprio analizzare e capire meglio alcune di queste ragioni. Vorrei cominciare da uno dei princìpi che seguono i nostri traduttori. Non ci si aspetta solo che rendano in modo accurato i pensieri espressi nel testo inglese, ma che lo facciano tenendo a mente come parlano le persone. Quindi dovranno scrivere in modo accurato, chiaro e naturale senza però togliere dignità al messaggio. Ma come si produce una traduzione che sia accurata e risulti allo stesso tempo naturale? I traduttori non sono come gli scribi ebrei che facevano copie delle Scritture Ebraiche.

Questi, per assicurarsi che le loro copie fossero accurate nei minimi dettagli, contavano ogni parola e addirittura ogni singola lettera. La traduzione però è un’altra cosa. Tradurre non significa fare in modo che il testo inglese e il testo nella lingua di destinazione abbiano lo stesso numero di parole. Potrebbe esserci un numero di parole diverso, ma il pensiero originale deve restare invariato. Ad esempio l’inglese fa un buon uso della ripetizione. Cosa vogliamo dire? Beh, che in inglese si può esprimere un concetto in una frase e poi ripeterlo nella frase successiva usando parole un po’ diverse, e ciò non è strano. Mentre in alcune lingue questo sarebbe considerato indice di bassa qualità di scrittura e influirebbe negativamente sulle nostre pubblicazioni. Quindi in casi simili i traduttori possono fondere in un’unica frase 2 frasi del testo inglese sempre che questo non alteri il pensiero originale. O in altri casi, per rendere il testo più naturale, possono esprimere in 2 frasi quello che diceva un’unica lunga frase in inglese. Da questo capiamo che confrontando il testo di un paragrafo in inglese con il testo della lingua di destinazione a volte ci troveremo a pensare: “Ehi, questo paragrafo è più corto!” Capita di sentire fratelli che conoscono una lingua straniera dire: “Non capisco perché i traduttori qui non abbiano seguito l’inglese parola per parola. Si può dire anche così!” Sì, forse ci sono le parole per dirlo. Si potrebbe dire anche così. Ma una traduzione letterale potrebbe sembrare strana a chi è madrelingua? A prescindere da quanto qualcuno abbia imparato bene una lingua straniera, generalmente solo chi la parla correttamente ed è madrelingua può dire se un concetto è espresso in modo naturale. La modestia può aiutare chi ha imparato una lingua straniera a riconoscere che è così. C’è un altro aspetto che deve ricordare chi parla una lingua straniera. Se criticasse apertamente una traduzione, potrebbe far sorgere dei dubbi nella mente dei madrelingua che devono affidarsi alla traduzione per ricevere il cibo spirituale? È chiaro che nessuno è perfetto. E fino a che i traduttori saranno persone imperfette, lo saranno anche le loro traduzioni. Ma potete essere certi che i nostri traduttori prendono molto sul serio il loro lavoro.

L’argomento “traduzione” è complesso, e io non sono sicuramente un esperto. Ascoltiamo allora alcuni fratelli che lavorano in questo campo da tanti anni e vediamo cos’altro possono spiegarci.

Vi presento Nick Ahladis, Nick Exarcheas e Saki Marais.

Come è stato appena detto, l’obiettivo dei traduttori è trasmettere le idee in modo accurato, naturale e chiaro. E questo non è per niente facile. Vediamo quali sono alcune difficoltà che incontrano i traduttori. Cercheremo di capire cosa motiva le scelte dei traduttori e ci concentreremo su 3 aspetti:

Il primo aspetto è: espressioni bibliche. Nick, potresti spiegarci perché tradurre alcune espressioni bibliche può essere particolarmente difficile? Prima di ricevere la Traduzione del Nuovo Mondo nella loro lingua, i fratelli sono costretti a usare Bibbie prodotte da altre religioni che si definiscono cristiane. Spesso queste Bibbie contengono idee religiose false e termini che riflettono quelle idee. Quindi nel produrre la Traduzione del Nuovo Mondo bisogna stare attenti a non lasciare che tali termini distorcano il significato della traduzione. Puoi farci un esempio di un’espressione che è stata tradotta in modo sbagliato nelle Bibbie prodotte dalla cristianità? Un esempio potrebbe essere l’espressione “spirito santo”. In molte Bibbie della cristianità questa espressione dà l’idea di una creatura spirituale in cielo, oppure di un fantasma, o addirittura di un demonio. Deve creare molta confusione nella mente di un lettore! Ma allora cosa possono fare al riguardo i traduttori? In molte lingue i nostri traduttori hanno riscontrato che il modo migliore per rendere “spirito santo” è dire “potenza santa” o “forza santa”. Potrebbero sembrare rese molto diverse, ma trasmettono la stessa idea. La Traduzione del Nuovo Mondo inglese in Genesi 1:2 descrive lo “spirito santo” come “la forza attiva di Dio”, mentre lì altre traduzioni inglesi dicono “lo spirito santo di Dio”. Ottimo. Quindi adesso si usa un’espressione che viene capita bene sia dai fratelli che dalle persone in generale. È proprio bello avere la Traduzione del Nuovo Mondo. Sì, è meraviglioso. Ma i fratelli devono ancora abituarsi ai nuovi termini. Dobbiamo ricordare che per anni hanno insegnato le verità bibliche usando termini di altre Bibbie. Ma quando usano la Traduzione del Nuovo Mondo nello studio personale, alle adunanze e nel ministero, iniziano ad abituarsi alla nuova terminologia e a vederne l’utilità. E apprezzano davvero questa traduzione. Grazie. Passiamo al secondo aspetto: gli esempi. Perché gli esempi sono particolarmente difficili da tradurre? Un esempio che va bene per una cultura potrebbe non andare bene per un’altra. Gli esempi sono efficaci solo se il lettore può capirli bene. Infatti Gesù sceglieva esempi sulle attività quotidiane di chi lo ascoltava, come l’agricoltura, l’edilizia e la pesca.

Anche oggi le nostre pubblicazioni usano esempi in cui le persone possano rispecchiarsi. Ricordo un articolo che spiegava l’importanza di essere pazienti nelle situazioni difficili, e faceva l’esempio di un automobilista bloccato nel traffico.

Un team ha scritto all’Help Desk per i Traduttori e ha spiegato che in quella zona il concetto di ingorgo stradale è estraneo alla maggior parte delle persone. Per chi vive in una grande città potrebbe sembrare assurdo, ma è così. Quindi il team voleva usare un altro esempio. Lì la gente è abituata a fare lunghe file in attesa che il mais e i cereali vengano macinati.

Questo esempio è stato approvato perché avrebbe aiutato i lettori a capire il punto: bisogna essere pazienti. I 2 esempi sono totalmente diversi tra loro ma il punto è lo stesso, in questo caso l’importanza della pazienza. Quindi quando leggiamo la Torre di Guardia o un’altra pubblicazione nella nostra lingua e vediamo un esempio diverso da quello usato nell’edizione inglese possiamo stare tranquilli: i traduttori sono stati autorizzati a fare quel cambiamento affinché arrivi il messaggio corretto. Molto interessante. Grazie. Adesso passiamo al terzo aspetto: il vocabolario, cioè le parole che si usano in una lingua. Potremmo pensare che per ogni parola fondamentale della nostra lingua ce ne sia una perfettamente equivalente in un’altra. In realtà tradurre è molto più complicato. Pensiamo, ad esempio, alla parola “pace”. Alcuni anni fa c’è stato un congresso che parlava della pace che viene da Dio. Potremmo pensare: “Beh, ‘pace’ è un parola semplice da tradurre”. Ma questa parola è stata usata circa 350 volte nei discorsi di quel congresso, a volte in riferimento alla pace tra Dio e l’uomo, in altri casi per indicare la pace in famiglia o con le altre persone, oppure per esprimere l’idea di pace mentale. In alcune lingue però è proprio impossibile rendere tutte queste sfumature di “pace” usando solo una parola.

Esiste una parola per trasmettere l’idea della pace che dà Dio, una parola diversa per indicare l’assenza di guerra in un paese, e un’altra parola ancora per esprimere l’idea che le persone vanno d’accordo tra loro. Quindi i traduttori devono capire di volta in volta il significato corretto della parola nel contesto e poi tradurla di conseguenza. È davvero straordinario riflettere su come Geova ci ha creato: con la capacità di pensare, provare sentimenti, elaborare concetti e idee che poi riusciamo a esprimere tramite il linguaggio, con quello che diciamo, cioè con le parole che usiamo. Ma ci esprimiamo in così tanti modi diversi! Sì, è vero. Ogni lingua ha il suo vocabolario e il suo modo di esprimere i pensieri. Quello che trovo molto interessante è come altre lingue rendono alcune espressioni che usiamo noi Testimoni di Geova. Ad esempio “ministero di campo”, “sorvegliante di circoscrizione”, “Sala del Regno”, “pioniere speciale”. Queste espressioni sono nate in inglese, e poi i traduttori hanno dovuto trovare degli equivalenti per rendere bene l’idea. Ma non dovrebbe essere difficile, no? Perché per la parola “regno” di sicuro in un’altra lingua c’è una parola equivalente. E per la parola “sala” ce ne sarà un’altra. Bisogna solo metterle insieme e il gioco è fatto: “Sala del Regno”. Le parole forse ci sono, ma una traduzione letterale potrebbe trasmettere un’idea completamente diversa.

Nelle nazioni dove c’è la monarchia, l’espressione “Sala del Regno” potrebbe far pensare a un “ufficio del governo” o a una “sala che appartiene al regno dei Testimoni di Geova”. E questo sarebbe del tutto fuorviante. È per questo che il Corpo Direttivo ha approvato traduzioni come “luogo di riunione dei Testimoni di Geova” o “sala dei Testimoni di Geova”. Anche se queste espressioni potrebbero sembrare un po’ diverse il senso non cambia, e le persone capiscono a cosa ci riferiamo. È chiaro che le difficoltà nel campo della traduzione sono molte. Ma la domanda è: “Come fa un nuovo team di traduzione o un team che si trova in un ufficio decentrato in una zona remota a essere sicuro di produrre traduzioni di elevata qualità?” Tutti i team, a prescindere dalle dimensioni o dal luogo in cui si trovano, comunicano regolarmente con il Comitato degli Scrittori del Corpo Direttivo. Sì, ovviamente i fratelli del Corpo Direttivo forniscono guida dalla sede mondiale, ma sanno davvero come lavorano i traduttori? Il Comitato degli Scrittori si fida dei traduttori, e di certo non controlla ogni virgola. Ha messo in atto dei programmi di formazione per insegnare ai traduttori i princìpi basilari della traduzione e per aiutarli a capire come applicare quei princìpi quando traducono le pubblicazioni. In questo modo si è certi di trasmettere lo stesso messaggio in tutte le lingue. Inoltre, quando non sono sicuri che la loro traduzione renda bene il significato, i traduttori possono scrivere al Comitato degli Scrittori per accertarsi che la loro traduzione trasmetta il senso giusto in base al contesto. Inoltre il Comitato degli Scrittori ogni settimana risponde a centinaia di domande; e questo fa parte della formazione che viene data ai team. Le risposte sono disponibili ai traduttori di tutto il mondo, così che possano imparare da come altri team hanno risolto questioni delicate e difficili. Questo buon dialogo crea unità di pensiero tra i traduttori di tutto il mondo, che riescono così a dire esattamente la stessa cosa. E di riflesso questo crea unità di pensiero anche tra i fratelli in tutto il mondo. Grazie mille per aver spiegato tutti questi aspetti che influiscono sulla traduzione. È davvero impressionante vedere come Geova abbia messo in atto un sistema che ci permette di contrastare gli effetti di quanto accaduto a Babele. Ed è anche straordinario pensare che, per mezzo dello spirito santo, Geova unisce i suoi servitori sulla terra a prescindere dalla lingua che parlano.

Grazie fratelli. Ci avete fatto capire e apprezzare ancora di più tutto il lavoro che c’è dietro una traduzione di buona qualità. Ho imparato molto. E sono sicuro che vale lo stesso per chi ci ascolta. Il prossimo video racconta un avvenimento di cui conservo un bellissimo ricordo. Sapete, negli anni ’70 servivo come sorvegliante di circoscrizione insieme a mia moglie nella zona di Montréal, in Canada. Un martedì sera dopo l’adunanza si avvicinò un servitore di ministero tutto emozionato che mi disse: “David, un mio collega di lavoro che è un responsabile di una piccola chiesa mi ha invitato a casa sua!” “Molto bene”, risposi io. E lui: “No, no, no. Non hai capito! Loro non invitano nessuno a casa, a meno che non siano membri della loro chiesa. Penso stia per succedere qualcosa di bello!” Dissi: “Bene, se è interessato invitalo all’adunanza per questo fine settimana. Mi piacerebbe conoscerlo”. Così quel fine settimana speravo venisse, ma non fu così. E non venne neanche il servitore di ministero. Poco tempo dopo, era lunedì mattina presto, ricevetti una telefonata dal fratello Laurier Saumur, un fratello molto conosciuto nella zona di Montréal che serviva come pioniere speciale. Laurier mi disse: “Abbiamo un problema. Un migliaio di persone vuole studiare la Bibbia. E molte di loro vogliono assistere all’adunanza questa settimana”. Erano i membri di quella chiesa. Allora dissi al fratello Saumur se poteva organizzare gli studi biblici. Ecco come erano andate le cose: il servitore di ministero era andato a trovare l’uomo e gli aveva dato testimonianza. Poi il fratello aveva incontrato anche gli altri responsabili della chiesa. Erano molto interessati alla Bibbia e volevano che anche gli altri membri della chiesa potessero conoscerla meglio. Così circa metà di questi accettò di studiare la Bibbia, più o meno 1.000 persone. Ma cosa aveva spinto il responsabile di quella chiesa a invitare il fratello a casa sua? Ora guardate il video che segue, e poi risponderemo a questa domanda.

A metà degli anni ’70 venne chiesto a molti fratelli della zona di Montréal di dare una mano: stava accadendo qualcosa di unico. Un pioniere speciale, che stava aiutando i fratelli a organizzare l’opera a quel tempo, disse che circa 1000 persone provenienti dalla stessa chiesa desideravano studiare la Bibbia con i Testimoni di Geova. E tutto questo grazie alla testimonianza informale. Le cose andarono così: Un giorno un fratello della congregazione del posto mi raccontò che aveva dato testimonianza informale a un collega, responsabile di una piccola chiesa della zona. L’uomo aveva detto di voler studiare la Bibbia con i Testimoni di Geova e desiderava convincere gli altri membri della sua chiesa a fare altrettanto. All’interno di quella chiesa questa persona aveva una certa influenza. Così parlò con i membri della chiesa di quanto aveva sentito dal fratello e fece capire loro che avevano bisogno di comprendere meglio la Bibbia. Si parlò molto di quella situazione eccezionale. Avevo sentito dire che un migliaio di persone voleva studiare la Bibbia. Non c’erano abbastanza fratelli e sorelle che potessero condurre tutti quegli studi biblici. Così vennero formati gruppi di 10, 12, 15 persone, e una o 2 volte alla settimana nelle Sale del Regno si studiava la Bibbia con loro. Si faceva una domanda dopo l’altra. Non si smetteva mai di fare domande. Ma la Bibbia rispondeva sempre in modo logico, un versetto chiariva un altro versetto. Così capimmo che all’interno della Bibbia si poteva trovare la risposta a ogni domanda. Inizialmente gruppi di 2 o 3 famiglie studiavano insieme. Rispondevano sempre con la Bibbia. Questo mi colpì molto perché mi fece capire che non sapevo nulla della Bibbia. E pensai: “La Bibbia spiega questo; la Bibbia spiega quest’altro”. Fu come una scoperta per me. Stiamo parlando di noi genitori, perché i bambini non c’erano. E quando capivamo un insegnamento, lo trasmettevamo ai nostri figli. Tutti si comportavano bene durante lo studio. I bambini sedevano in silenzio con il loro libro Verità e la loro Bibbia. Quando queste famiglie venivano nella Sala del Regno, i bambini sedevano accanto ai genitori, e ascoltavano attenti quello che veniva insegnato. Ero giovane quando iniziarono a venire in Sala. Me lo ricordo proprio bene. Molti di loro erano miei coetanei. Li vidi come dei futuri amici. Che bella atmosfera! La mia prima adunanza fu qui, a Laval. Per me fu una pietra miliare: mi aiutò davvero a prendere una posizione, ad adorare Geova e a far diventare la verità il mio modo di vivere. Da giovane avevo paura della morte. Provai un grande sollievo quando capii che dopo la morte non c’è sofferenza: è come dormire. Quello a cui aspiravo prima, e che magari si sarebbe potuto realizzare, non veniva più al primo posto. Ora volevo una vita semplice, stare al passo con l’organizzazione e crescere i miei figli nella verità. Oggi quei fratelli si danno molto da fare all’interno dell’organizzazione, collaborano in vari ambiti e hanno grandi responsabilità. Mio padre ha sempre cercato di darci un buon esempio e questo mi ha davvero colpito. Adesso io e mia moglie abbiamo il privilegio di servire qui alla filiale del Canada. Quando la mia famiglia cominciò a frequentare le adunanze avevo 8 anni. Ho dei bei ricordi della congregazione che a quel tempo si prese cura di noi. All’età di 15 anni iniziai a leggere la Bibbia ogni giorno e a studiarla. Da allora ho capito cosa volevo fare nella vita: servire Geova a tempo pieno. Penso che Geova abbia visto quello che c’era nel nostro cuore. Geova ci ha aiutato davvero. Non esiste niente di meglio. Da soli non saremmo mai riusciti a lasciare quella chiesa e a trovare la verità. Ma Geova ha trovato quelli con “la giusta disposizione”. Grazie a quell’occasione in cui è stata data testimonianza informale la verità ha toccato molti cuori.

Oltre 200 membri della chiesa con i loro figli e nipoti hanno accettato la verità.

Il fratello parlò della verità in modo efficace. Ma cosa aveva spinto il responsabile di quella chiesa ad ascoltarlo? Il suo comportamento. Il fratello era gentile, e il modo in cui trattava gli altri sul posto di lavoro aveva colpito quell’uomo. Un poeta disse: “Preferirei vedere un sermone piuttosto che ascoltarne uno ogni giorno”. Questa storia dimostra che è proprio così. Questo pensiero ben ci accompagna nella prossima parte del nostro programma. Nel video che segue vedremo come comportarci da cristiani può avere un profondo effetto su chi ci sta intorno, anche sul posto di lavoro.

A volte odio il mio lavoro. Come fa Jason a essere sempre così positivo? Ho chiesto a Jason perché ha rifiutato i soldi e ho scoperto che è testimone di Geova. Conosco bene i Testimoni, perché anche mia moglie lo è. Ma quello che ha fatto mi ha molto sorpreso. Chissà perché ha pensato di non aver diritto a quei soldi extra. È un gran lavoratore e quasi tutti i nostri responsabili accettano bustarelle. Jason mi ha fatto leggere un versetto dalla Bibbia:

(Colossesi 3:23) Qualunque cosa facciate, fatela con tutta l’anima, come per Geova e non per gli uomini,

Il rapporto che Jason ha con Dio influisce su ogni aspetto della sua vita, anche sul suo atteggiamento nei confronti del lavoro. Non farebbe mai qualcosa di disonesto, indipendentemente da ciò che fanno gli altri. È evidente che mette davvero in pratica quello in cui crede. Jason poi mi ha invitato a visitare il cantiere dove stava lavorando come volontario. Mi sembrava di essere in un altro mondo. Persone di etnie diverse lavoravano insieme senza pregiudizi, ed erano tutti volontari. Jason mi ha proposto di studiare la Bibbia con lui. Anche Emma mi aveva chiesto più volte di studiare ma avevo sempre detto di no. Questa volta però ho accettato. Mi piaceva studiare e ogni tanto andavo volentieri alla Sala del Regno. Ma dovevo fare straordinari per mantenere la mia famiglia. Non potevo andare alle adunanze tutte le settimane. Hey Jason, come riesci a fare tutto? Lavoro, famiglia, adunanze e anche il lavoro volontario. Cerco di tenere a mente le parole di Gesù in Matteo 6:22. Gesù paragonò l’occhio a una lampada. Disse che se “il tuo occhio è concentrato su una cosa sola, tutto il tuo corpo sarà luminoso”. È impossibile concentrarsi su più di una cosa alla volta. Gesù voleva che i suoi discepoli si concentrassero su un solo obiettivo: fare la volontà di Dio. Invece di farci distrarre dalle cose materiali io e mia moglie viviamo una vita semplice, evitiamo debiti inutili e non compriamo cose che ci portano via troppo tempo ed energie. Questo modo di vivere ci lascia tempo per le cose davvero importanti. Cosa ne pensi? Emma preferirebbe che tu guadagnassi più soldi o che trascorressi più tempo con lei andando alla Sala del Regno? L’esempio di Jason mi ha colpito molto. È un lavoratore onesto e diligente ma sa anche tenere il lavoro al giusto posto. Mi ha fatto riflettere molto sulle mie scelte e ho deciso che anch’io voglio fare ogni cosa ‘con tutta l’anima per Geova’.

Giacomo 2:17, 18 dice in parte: “La fede da sola, senza le opere, è morta. [...] Mostrami la tua fede senza le opere, e io ti mostrerò la mia fede mediante le mie opere”. La fede che Jason ha dimostrato sul posto di lavoro ‘mediante le sue opere’ ha motivato Thomas ad accettare di studiare la Bibbia e a continuare ad avvicinarsi a Geova nonostante le battute d’arresto. Riflettere su quest’ultimo video e sulle storie di vita raccontate nel video precedente ci ricorda che quello che facciamo può dare una grande testimonianza a chi ci osserva. E quando invece mostrare fede significa rinunciare a qualcosa a cui teniamo molto? Quello che ha fatto un calciatore, Andrej Nesmačnyj, potrebbe aiutarci a capire cosa fare in una situazione simile.

Il calcio era tutta la mia vita. Avevo sempre sognato di diventare un calciatore professionista. Credevo che la felicità significasse fama, carriera e soldi. Quando avevo 6 anni i miei genitori mi iscrissero a calcio. Amavo giocare a calcio. Passavo tutto il tempo al campo, anche fino a sera tardi. Quando avevo 12 anni conobbi Geova grazie a mia madre, che a quel tempo iniziò a studiare la Bibbia. E dopo circa un anno cominciai a predicare di casa in casa. Quando avevo 17 anni finii la scuola e ricevetti un invito dalla società calcistica Dinamo Kiev. Quello fu un momento indimenticabile! Ero davvero emozionato perché fin da quando ero piccolo sognavo di giocare per la Dinamo Kiev. Da allora dedicai tutte le mie energie e il mio tempo alla carriera. Non passava giorno senza un allenamento o una partita. Non c’era tempo per le cose spirituali. Ovviamente stando con i miei compagni di squadra diventai come loro. Vivevo una vita immorale: con tutti quei soldi potevo fare quello che volevo. Andavo nei night club, facevo vita notturna; c’era tanta immoralità. Tutti volevano essere miei amici e conoscermi. E naturalmente tutto questo aveva il suo fascino. Investii anche molti soldi nel mercato immobiliare. Volevo creare una base solida per il futuro e avere soldi per me, la mia famiglia e i miei parenti così che non ci sarebbe mancato nulla. Ero convinto che questa fosse la vera felicità. Andai avanti così per 9 anni. Ci fu una svolta quando in un colloquio con la dirigenza sorse un problema, e loro cominciarono a insultarmi. In quel momento mi sentii inutile, come un bicchiere di plastica che usi, accartocci e butti via. Inoltre era in arrivo una nuova generazione, un sacco di giovani calciatori. Smisi di essere incluso nella formazione iniziale. Cominciò anche la crisi economica e i prezzi del mercato immobiliare crollarono. Andai nel panico, non sapevo cosa fare. Così iniziai a pensare al significato della vita: “Qual è lo scopo della vita? Se non è la carriera o il denaro, allora qual è?” Poi mi venne in mente tutto quello che avevo imparato riguardo a Geova quando ero ragazzo. Insieme a mia moglie, cominciai di nuovo a studiare la Bibbia. Dopo un anno ricominciai a predicare e nel 2009 mi battezzai come testimone di Geova. Questo mi diede una gioia e una soddisfazione che non si possono neanche paragonare a quello che provi quando vinci una medaglia o una coppa. Capii che non potevo essere schiavo di 2 padroni, ma avevo ancora 2 anni di contratto con la Dinamo Kiev. Anche se fu un periodo difficile, sfruttai questa opportunità e sono grato a Geova che sia stata data una buona testimonianza riguardo al suo nome. Alcuni giocatori hanno mostrato interesse per la verità. Nel 2011, alla scadenza del contratto, conclusi la mia carriera calcistica. 1 Timoteo al capitolo 6 ci incoraggia a “riporre la [nostra] speranza non nelle ricchezze incerte, ma in Dio” e a “essere ricchi di opere eccellenti”. Le persone mi chiedono: “Hai dei rimpianti?” “Forse vorresti tornare indietro; non ti manca il calcio?” E io rispondo sinceramente di no. Non mi manca e non voglio tornare indietro perché la mia relazione con Geova è più importante di qualunque altra cosa. Tutto quello che offre questo mondo ha vita breve, è solo un’illusione. La gente vede solo un lato della medaglia: la fama e i soldi. Ma dall’altro lato ci sono ferite e delusioni. È davvero dura psicologicamente ed emotivamente. Non sei libero. Ecco perché la cosa migliore è dare il nostro meglio a Colui che lo apprezza. Quello che fai per Geova ti darà sempre felicità, gioia e soddisfazione.

In questa intervista Andrej ha detto che non poteva “essere schiavo di due padroni”. Questo lo ha portato ad abbandonare il mondo dello sport professionistico. Spesso la nostra fede ci spinge a lasciarci alle spalle una carriera o un’attività che ci piace. Ma sentite cosa disse Paolo in Filippesi 3:8:

(Filippesi 3:8) Anzi, ritengo che tutto sia una perdita di fronte all’ineguagliabile valore della conoscenza di Cristo Gesù mio Signore. A motivo suo ho accettato di perdere tutto, e considero tutto un mucchio di rifiuti per poter guadagnare Cristo

Possiamo essere sicuri che qualunque cosa ci lasciamo alle spalle per proteggere la nostra spiritualità non ha valore se paragonata alle benedizioni che ci dà l’amicizia con Geova. Ma ora torniamo da te, David. Grazie, Herman. È stato bello ascoltarti. C’è un secondo argomento di cui vorrei parlarvi. Il titolo di questo discorso è: “Fate i conti”. Sì, avete sentito bene! “Fate i conti”. Può darsi che la matematica non sia la vostra materia preferita ma, come vedremo, fare qualche conto è utile, perché a volte è l’unico modo per collocare gli avvenimenti nel tempo o per capire meglio il contesto e rendere così più interessante la nostra lettura della Bibbia. Vorreste anche voi rendere più interessante la vostra lettura della Bibbia? Sono sicuro di sì. Ok, cominciamo con un numero che potrebbe facilmente sfuggirci mentre leggiamo la Bibbia. Leggiamo Matteo 19:28. Vediamo come un numero a volte può dirci qualcosa in più rispetto al testo. Matteo 19:28:

(Matteo 19:28) Gesù disse loro: “In verità vi dico: alla rigenerazione, quando il Figlio dell’uomo si siederà sul suo glorioso trono, voi che mi avete seguito siederete su 12 troni, giudicando le 12 tribù d’Israele.

Avete notato qualcosa di particolare? Vi do un indizio. Gesù pronunciò queste parole verso la fine del suo ministero sulla terra. Vi è venuto in mente qualcosa? Vi do un altro indizio: il numero 12. A quel punto Gesù sapeva che solo 11 dei suoi apostoli sarebbero rimasti fedeli. Eppure disse che nel Regno ci sarebbero stati 12 troni, non 11. Cosa significava questo? Che un altro apostolo avrebbe dovuto prendere il posto di Giuda. E in effetti andò così. Beh, questa era facile. Non c’erano conti da fare, era solo un numero. Ma vediamo come fare i conti è utile per rispondere ad alcune domande. Supponiamo che durante l’adorazione in famiglia uno dei vostri figli vi chieda se Noè e Abraamo si conoscevano. Cosa gli direste? Sapreste rispondere? Potreste semplicemente dire: “La Bibbia non lo dice”, e risolverla così. Ma potete trovare la risposta se fate i conti. Partiamo dai dati che abbiamo. Il Diluvio avvenne nel 2370 a.E.V. e questa è una data certa. Se volete capire come si arriva a questa data, cercate la voce “Cronologia” nel libro Perspicacia. Quindi nel 2370 a.E.V. ci fu il Diluvio. E Noè visse altri 350 anni dopo il Diluvio. Quindi se facciamo 2370 - 350, scopriamo che Noè morì nel 2020 a.E.V. Ricordate la domanda? Noè e Abramo si conoscevano? Abramo entrò nel paese di Canaan nel 1943 a.E.V. Anche qui, se volete capire come si arriva a questa data, esaminate il libro Perspicacia alla voce “Cronologia”. Lì ci sono le informazioni che vi servono. Dicevamo, nel 1943 a.E.V. Abraamo, Abramo in quel caso, entrò nel paese di Canaan e all’epoca aveva 75 anni. Quindi doveva essere nato 75 anni prima del 1943, e se facciamo 75 + 1943, scopriamo qual è il suo anno di nascita: il 2018 a.E.V. Allora, Noè morì nel 2020 a.E.V. e Abramo nacque 2 anni dopo, nel 2018. Non si sono mai conosciuti, anche se per poco.

Nelle nostre pubblicazioni è stato spesso detto che Gionatan aveva almeno 30 anni più di Davide. Ma la Bibbia non lo dice. Ora pensate a quella persona che studia la Bibbia con voi, quella che vi chiede prove a sostegno di tutto; se vi chiedesse di dimostrarlo, sapreste come fare? Potete riuscirci se fate i conti. Il re Saul regnò in Israele per 40 anni. Poi Davide diventò re. E quanti anni aveva Davide in quel momento? La Bibbia dice che “aveva 30 anni”. Questo significa che alla nascita di Davide Saul regnava da 10 anni. Ma quando Saul aveva cominciato a regnare Gionatan era già un uomo adulto ed è molto probabile che fosse già nell’esercito. E per diventare un soldato bisognava avere almeno 20 anni. Quindi se Gionatan aveva almeno 20 anni quando Saul aveva cominciato a regnare e Davide nacque 10 anni dopo quella data, quanti anni di differenza avranno avuto allora Gionatan e Davide? Circa 30 anni di differenza, 20 + 10 = 30.

Il prossimo esempio è un po’ più complicato, ed è l’ultimo di cui parleremo. Ma possiamo farcela. Perspicacia nello studio delle Scritture spiega che Mosè e Giobbe vissero nello stesso periodo. Ma la Bibbia non lo dice. Allora come possiamo esserne così sicuri? Anche in questo caso, cosa possiamo fare? Ditelo voi! Esatto, possiamo fare i conti. Le prove di Giobbe devono essere avvenute dopo la morte di Giuseppe. Lo deduciamo da quello che Geova disse a Satana, come riportato nel capitolo 1 di Giobbe: “Non c’è nessuno come lui sulla terra”. “Nessuno”. Ma, se Giuseppe fosse stato ancora in vita, Geova avrebbe detto che non c’era nessuno come Giuseppe e Giobbe sulla terra. E se le prove di Giobbe fossero avvenute ancora prima, Geova avrebbe detto che non c’era nessuno come Giacobbe e Giobbe, Isacco e Giobbe, Abraamo e Giobbe. E ricordiamoci che tra la morte di Noè e la nascita di Abraamo passarono 2 anni. Quindi possiamo dire che le prove di Giobbe si verificarono dopo la morte di Giuseppe. E Giuseppe quando morì? La data è certa: morì nel 1657 a.E.V. Come facciamo a saperlo? La spiegazione in questo caso è per veri appassionati di matematica. Comunque nel libro Perspicacia e nella Bibbia troverete tutte le informazioni necessarie per arrivare a questa conclusione. Ma, per semplificare, partiamo dal 1657 a.E.V., e cioè 144 anni prima che Israele lasciasse l’Egitto sotto la guida di Mosè nel 1513 a.E.V. Quindi le prove di Giobbe devono essere avvenute durante quei 144 anni. Questo è un dato importante: 144 anni prima che Israele lasciasse l’Egitto. Cominciate a vederci più chiaro? Ecco l’informazione chiave: Giobbe visse altri 140 anni dopo essere stato messo alla prova, quindi è probabile che fosse ancora vivo nel paese di Uz quando Israele lasciò l’Egitto.

La conclusione? Mosè e Giobbe vissero nello stesso periodo. Quindi cosa abbiamo imparato facendo i conti? Beh sulle prime potremmo pensare: “Abbiamo imparato che Abraamo è nato 2 anni dopo la morte di Noè, e abbiamo dimostrato che Gionatan aveva almeno 30 anni più di Davide e che Mosè e Giobbe vissero nello stesso periodo”. È vero, in effetti abbiamo trovato risposta ad alcune domande. Ma probabilmente non erano domande che non vi facevano dormire la notte. Abbiamo imparato qualcos’altro. Ricordate: a volte un numero non è solo un numero e fare i conti ci permette di ottenere informazioni che non troveremmo diversamente. E se abbiamo imparato questo, allora è valsa la pena di trattare questo argomento. La prossima volta che incontrate un numero nella Bibbia, non ignoratelo. Fermatevi e ragionateci su. Sarete contenti di averlo fatto! Dopo tutti questi conti, vi va di ascoltare un po’ di musica? Il prossimo video musicale ci darà un assaggio della gioia che si prova quando assistiamo a un congresso internazionale e incontriamo i nostri fratelli e sorelle da tutto il mondo.

Eccoci finalmente qui, casa nostra è lontana. Confidiamo in Dio e sappiamo che sempre ci benedirà. Noi facciamo ogni cosa per Geova; è per lui che viviamo. È autentico, vero, l’amore tra noi; è grande più che mai. “Noi siamo una famiglia unita, adoriamo Dio. E ne fai parte anche tu; saremo sempre amici tuoi”. Eccovi, siete tutti qui pronti a darci il benvenuto! Il programma sta iniziando e cresce l’emozione in noi. Tutto questo è grazie a Geova: l’unità è un suo dono. Da qualunque nazione veniamo, per sempre lo serviremo noi. “Noi siamo una famiglia unita, adoriamo Dio. E ne fai parte anche tu; saremo sempre amici tuoi”. Per noi è bello stare qui e scoprire posti nuovi. Ci accolgono con cordialità. Predicare gioia dà. È l’amore dei nostri fratelli ciò che più scalda il cuore; in qualunque paese vicino o lontano ci raggiungerà. Che bella è la nostra grande famiglia unica: dal Mali al Messico, dal Perù all’Australia. “Noi siamo una famiglia unita, adoriamo Dio. E ne fai parte anche tu; saremo sempre amici tuoi. Da tutte le nazioni veniamo, siamo un popolo. E ne fai parte anche tu; saremo per sempre amici tuoi. Figi, Tahiti e Nuova Zelanda, Kenia, Italia, Kazakistan, Azerbaigian, Indonesia, Estonia... Insieme adoriamo Dio”.

Questa canzone rende bene ciò che proviamo quando conosciamo altri componenti della nostra famiglia internazionale. Hai davvero ragione. È bellissima. Questo mese abbiamo visto come le nostre azioni possono aiutare chi ha un cuore sincero ad accettare la verità. Abbiamo dato un’occhiata dietro le quinte del lavoro di traduzione. E abbiamo fatto anche un po’ di conti. Herman, mi piace molto lavorare con te al Reparto Scrittori. E mi è piaciuto anche preparare e condurre questo programma insieme a te. Grazie, David. Beh, grazie a te. Ti ringrazio per il tuo aiuto. Ora, ho saputo che questo mese a molti di voi verrà comunicata la data del prossimo congresso di zona. Vi piacerebbe sapere qual è il tema scelto per i congressi del 2020? Abbasso un po’ la voce e vi svelo il segreto. Si basa su Filippesi 4:4. Il tema è: “Rallegratevi sempre”. Non vi sembra bellissimo? Di sicuro ci permetterà di iniziare ottime conversazioni. Le persone vedranno il nostro distintivo e ci chiederanno: “Ma cosa c’è da essere così felici?” E noi glielo potremo spiegare. Prima di concludere il programma, insieme a Herman faremo una breve visita in Botswana, nell’Africa meridionale. Il Botswana è un paese ricco di bellezze naturali. Una è il delta dell’Okavango, riserva naturale con una variegata fauna selvatica. In Botswana si registra anche la più alta concentrazione di elefanti al mondo. Mentre gli abitanti che vivono in questo immenso paese sono solo circa 2 milioni e mezzo. Qui ci sono 2.316 proclamatori, il che equivale a una proporzione di 1 testimone di Geova ogni 1.000 persone circa. Quindi sono sempre molto felici quando altri fratelli e sorelle da tutto il mondo arrivano e li aiutano a predicare. Percorrono centinaia di chilometri in territori non assegnati e organizzano giri di predicazione, che possono durare anche giorni o settimane, per raggiungere i villaggi più isolati. Al momento ci sono 45 congregazioni e 2 gruppi che si trovano in zone isolate. La piccola congregazione di Etsha, nei pressi della riserva Moremi, è composta solo da 7 proclamatori e non ci sono anziani. Ma lo spirito di questi proclamatori è straordinario: percorrono lunghe distanze, spesso a piedi, solo per frequentare le adunanze. Ma le distanze non sono l’unico problema; viaggiare è anche pericoloso, a causa dei molti animali che qui vanno in giro liberamente. Nonostante le difficoltà i fratelli e le sorelle sono sempre felici di poter stare insieme per servire Geova e andare nel ministero. Loro sono solo uno dei tanti esempi di fede tra i nostri fratelli e sorelle del Botswana che stanno davvero trasmettendo la verità anche a chi vive in zone così remote della terra. Vogliono farci sapere quanto ci vogliono bene, e ci mandano i loro saluti. Anche noi vogliamo far sapere a tutti i nostri fratelli in Botswana che li amiamo. E lo stesso vale per tutti voi, ovunque voi siate: vi vogliamo molto bene! In attesa del prossimo programma, questo è JW Broadcasting, dalla sede mondiale dei Testimoni di Geova.

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