xala book analysis

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Xala Book Analysis

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Area and Ethnic Studies > Reimaging Gender and African Tradition? Ousmane Sembene's Xala revisited Africa TodayVolume 51, Number 1, Fall 2004 In the film Xala, Ousmane Sembène's interrogation of gender, African tradition, and modernity in postindependence Africa is problematic in many ways. While Sembène reimages gender and tradition in contemporary Africa, his vision is also surreal and romanticized. The paper critiques several binary oppositions which Sembène seems to create in Xala: between the "decadence" of modernity and the "purity" of African tradition, and between revolutionary, "masculine" women and villainous, "feminine" men. The paper raises questions regarding Sembène's vision for Africa: is his symbolic depiction of the xala (the curse of impotence on the African elite) as at once the "curse" of Western colonialism and modernity convincing? and does he see "modernity" as an entirely negative force in Africa? Xala del 1975, è un film di Sembène Ousmane tratto dall'omonimo romanzo del regista.




Lo xala è una maledizione che si dice renda gli uomini temporaneamente impotenti. È questa la disgrazia toccata ad El Hadjí Abdou Kader Beye, esponente di prestigio della nuova borghesia africana e membro della Camera del Commercio. Disperato, dopo aver consultato invano medici e veggenti, a El Hadjí non rimane che sottomettersi alla volontà dell'autore dello xala: solo a costo di indicibili umiliazioni egli potrà forse recuperare la propria virilità. Xala è un racconto allegorico sulla corruzione della nascente borghesia senegalese schiacciata tra l'ossessione per le comodità occidentali (l'aria condizionata, l'acqua minerale, le automobili, le valigette ventiquattrore piene di banconote) e la cultura tradizionale. Il film affronta tematiche quali la corruzione e lo scontro tradizione/modernità, raccontando la caduta di El Hadji uomo d'affari che a causa dei suoi imbrogli, perde tutto e viene processato da due gruppi sociali agli antipodi, gli uomini d'affari e i mendicanti.




Nelle sequenze finali, El Hadji, abbandonato da tutti a causa dello “xala” subisce infatti un doppio processo. Il primo all'interno della camera di commercio dove i suoi colleghi, accusandolo di avere disonorato la confederazione, lo cacciano. Il secondo nella sua stessa casa, dove il capo dei mendicanti svela di essere l'artefice dello “xala”, gesto di vendetta per essere stato derubato molti anni prima dallo stesso El Hadji. Nella scena finale El Hadji attorniato dai mendicanti viene ricoperto di sputi in un gesto di estremo disprezzo. El Hadji viene punito e giudicato così non solo da chi ha subito il torto ma dall'intera società simbolicamente rappresentata dai potenti e dai miserabili. I concetti di giustizia e vendetta però si sovrappongono e il processo finale avviene al di fuori della legalità. El Hadji percorre un arco trasformazionale simile ad uno dei modelli topografici che secondo il critico André Gardies caratterizzerebbero il cinema africano francofono.




In questo modello, un soggetto inizialmente congiunto allo spazio sociale che lo circonda affronta un percorso che lo porterà ad un distacco dal proprio contesto. La caduta dell'eroe è un tema che si ritrova inoltre in numerose favole tradizionali africane. Nel ciclo di Leuk Lièvre et Touki Hyène [1] per esempio si ripete frequentemente la situazione di un personaggio che commette una mancanza e per questo viene punito, a volte fino alla morte. Queste storie rientrano nel genere denominato dell’astuto imbroglione, un personaggio dalle mille sfaccettature che può caratterizzarsi, a seconda dei casi, come eroe positivo o negativo e la cui matrice è stata spesso identificata nei personaggi letterari e cinematografici di Sembène. Secondo il critico senegalese Mbye Cham [2] El Hadj incarnerebbe la versione politica contemporanea dell'astuto imbroglione. Portale Cinema: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di cinemaThe requested URL /~acareywe/Xala%20Character%20List.docx was not found on this server.




City of Asylum @ Alphabet City This event is free but you must RSVP Guest Discussion Leader:  Dr. Jean-Jacques Sène (From his novel of the same name Running Time: 123 minutes French and Wolof with English Subtitles By Samba Gadjigo, Ph.D. Sembène’s savage and hilarious satire of the modern African bourgeoisie was heavily censored in Senegal. Forsaking the more obvious (and politically acceptable) targets of European exploitation and racism, Sembène here zeroes in on a far touchier subject: the entire black-facing of white colonial policies after independence was granted. The hero of the film is a self-satisfied, westernized Senegalese businessman who is suddenly struck down with the xala, an ancient Senegalese curse rendering him impotent. His vain search for a cure becomes a metaphor for the impossibility of Africans achieving liberation through dependence on western technology and bureaucratic structures. Xala – The Curse (1974) Animal Farm in Africa, as fiftyish fat cat El Hadji Abdoukadr Beye enjoys a flourishing import business, two wives (traditional and Westernized), and a white Mercedes — and now he’s appointed to the Chamber of Commerce.




Time to add that third wife; but on the wedding night he fails to rise to the occasion — could he be the victim of a xala? Sembène’s savagely funny satire of the new post-independence ruling class that, despite government censorship, broke Senegalese box office records and hit its targets where they lived. “Arguably Sembène’s masterpiece, weaves broad social criticism with intricate characterization.” |– Mark Holcomb, Time Out New York “A scathing satire of post-colonial Senegal’s pompous Francophone elite.” – J. Hoberman, The Village Voice “A masterpiece considered one of the best films to come out of Africa.” – Time Out New York “The actors are wonderful, especially the women who play the first two wives — ladies of magisterial personality, social shrewdness and sexual pride. The wedding sequence makes the one in The Godfather look like a wedding party at McDonald’s.” “A hilarious attack on the self-inflicted shame of Africans trying to be Europeans” – Scott Foundas.

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