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Corriere.it

Una partita complessa. E aperta a diversi finali. Il M5S, si sa, vive una fase caotica al suo interno e l’ala ribelle freme per un cambio di passo, se necessario anche per una scissione. Uno scenario che potrebbe subire una accelerazione nelle prossime settimane, al punto che c’è chi cita Francesco Guccini: «Ognuno vada dove vuole andare, ognuno invecchi come gli pare». I governisti frenano: «: difficile ipotizzare uno strappo», ma anche se ammettono che ci potrebbero essere nuovi possibili addii come «singoli atti di ribellione», più che come un disegno strutturato.

per motivi diversi — è una minoranza nel gruppo parlamentare: c’è chi assicura che ci siano, tutti accomunati dall’idea che «il Movimento abbia tradito se stesso». Numeri esigui rispetto alla truppa di circa trecento parlamentari, ma che potrebbero avere un impatto importante specie a Palazzo Madama (anche in caso di un cambio negli equilibri della maggioranza di governo giallorossa). Diverso è il rapporto a Bruxelles, dove i frondisti (e Casaleggio) possono contare su rapporti migliori con gli eurodeputati (a partire da Piernicola Pedicini e Eleonora Evi). E ancora l’ala che chiede risulta ancora più incisiva a livello regionale. Il momento della scelta cadrà più o meno a ridosso del voto delle Regionali e per ora le fughe in avanti di chi vorrebbe un cambio di passo sono frenate. «Sotto coperta» è la scelta in attesa dell’evoluzione degli eventi. «C’è molto movimento all’interno del gruppo in questa fase», assicurano i ben informati. C’è chi ancora spera in. Lo stesso Di Battista dice sibillino: «Quando tornerò in prima linea lo farò solo per i miei ideali».

una mediazione. Ma all’orizzonte in realtà si prepara un’altra battaglia tra i due gruppi: . Il gruppo frondista — alla luce anche delle ultime polemiche — chiede rigore: nessuna deroga stavolta per chi è in ritardo di mesi con una delle norme «identitarie» dei Cinque Stelle. I governisti, invece, temono di perdere numeri preziosi per l’esecutivo e vestono i panni delle colombe. Nel mezzo ci sono (che potrebbe spalancare le porte della scissione) e il reggente Vito Crimi, in questi giorni in vacanza, è chiamato a «seguire» a distanza una scelta dai difficili equilibri e dai risvolti imprevisti. «Se prevarrà la linea dura sarà una mattanza, sarà quella la vera scissione», dicono nel Movimento, ricordando (non solo i 300 euro mensili a Rousseau, oggetto di contestazione interna, ma anche le altre voci prevista dalle rendicontazioni»).

dobbiamo avere le idee chiare su cosa accadrà dopo le urne a prescindere dai voti raccolti. per un confronto sincero», dice un esponente di peso pentastellato. Che parla di risultati «in linea con quelli dell’Emilia-Romagna» e prevede: «In ogni caso non ci sarà nessuna guerra sul simbolo: sarebbe troppo lunga ed estenuante per tutti». Insomma caldeggiato anche dal ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli: «Se le alleanze si fanno a livello locale, perché non valutare con che partiti farle a seconda delle zone e delle affinità tra gruppi locali?». Veleni su veleni per un Movimento che appare ormai sempre più diviso.

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