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Filippo Tocci


Il mercato sostituisce le qualità con le competenze, come aveva intuito Robert Musil.

L'individuo preferito dal mercato è l'uomo o la donna "senza qualità": non interessano le sue radici, la sua storia, oppure se sia gentile o compassionevole, ciò che conta è che si appiccichi in fronte un'etichetta a garanzia delle competenze acquisite.

In fondo al curriculum, per ripulire la coscienza, si chiede di inserire esperienze di volontariato, di cui a nessuno in realtà importa nulla, in quanto è tempo sottratto ai ritmi produttivi. La gratuità autentica è una bestemmia per il capitalismo.

I "senza competenze" poi sono reietti, esclusi o addirittura espulsi dalla società, come affermano nuove categorie sociologiche (allo stesso modo in cui "smart cities" originano "stupid villages", sempre più periferici e dimenticati).

A confronto i gironi infernali di Dante erano luoghi più ospitali.

Ciò che stupisce è che nei paesi di cultura cattolica, tra cui l'Italia, si rifiuta(va) - e a ragione - l'immagine distorta di un Dio oppressivo che alimenta sensi di colpa, ma si accetta con rassegnato cinismo che il mercato, l'Europa o la Germania possano decidere delle nostre sorti esistenziali. Così i giovani italiani si sentono dei falliti e pensano di meritare la disoccupazione o dei lavori precari se non hanno almeno due lauree, un master e non conoscono almeno tre lingue straniere.

Scacciato dalla porta l'archetipo del Dio persecutore e giudicante, è rientrato dalla finestra sotto mentite spoglie, molto più potente di prima.

Forse è il caso di riprendere in mano un percorso serio di liberazione dai nostri condizionamenti esteriori e interiori...




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