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Per dimostrare a tutti di essere insostituibile, Batman imprigiona Joker nella Zona Fantasma, la prigione spaziale in cui Superman relega i peggiori criminali dell'Universo. Peccato che il piano di Joker prevedesse proprio tutto questo... Nel 2014 The Lego Movie colpì il panorama cinematografico con la violenza di un meteorite. Uno sforzo apparentemente sovrumano di conciliare le esigenze della computer graphics con quelle del vintage per eccellenza del mondo ludico, i mattoncini Lego, con contorno di ironia dissacrante e celebrazione dei molti brand coinvolti nell'iniziativa. In pratica la realizzazione del sogno di ogni bambino, quello di creare mondi a catena con un mash up di personaggi di fantasia e realmente esistiti, sotto forma di un film godibile, quando non esaltante. Un cocktail riuscito talmente bene da piacere a bimbi e critici insieme, spingendo firme eccellenti a parlare di rielaborazione crossmediale del linguaggio cinematografico. Definire Lego Batman uno spin-off dell'esperienza di The Lego Movie pare riduttivo, già a partire dal commento che il vocione baritonale del Cavaliere Oscuro - Will Arnett nella versione originale, Claudio Santamaria in quella italiana - riserva ai loghi delle case di produzione e distribuzione coinvolte.




Perché questo capitolo intende andare addirittura oltre. La sceneggiatura di Grahame-Smith, McKenna e soci gioca con i brand - Warner Bros., DC Comics, Il signore degli anelli, ecc. - per meglio valorizzarli, dimostrando di aver compreso appieno come oggi l'importante sia non prendersi troppo sul serio e mascherare il più possibile la presenza del marketing (Deadpool docet). The Lego Batman lascia solo intravedere il lato commerciale della propria natura, annegandolo in una storia godibile di per sé e contraddistinta da una miriade di riferimenti a serie, film e manie del passato. Di fronte al fatto di vedere nello stesso film Sauron, Voldemort, la Strega Cattiva dell'Ovest, Godzilla e King Kong, pochi possono resistere, a meno che non abbiano soffocato il fanciullino interiore. Tutti (ri)troveranno qualche ricordo sopito in Lego Batman, nessuno (forse) riuscirà ad afferrarli tutti. Ma non ha importanza, in un'opera talmente densa di rimandi da arrivare quasi ad affaticare lo spettatore: i più piccoli si lasceranno trascinare dalle acrobazie di Batman e soci e dai gadget che poi si faranno regalare dal babbo, ma rinunceranno presto a comprendere tutto ciò che viene detto e visualizzato.




Quel che più stupisce riguarda le "performance" su cui Lego Batman ha addirittura superato l'esperimento originario: le trame e sottotrame, i personaggi anche solo sfiorati e le contorsioni narrative sono aumentati ulteriormente, generando un flusso di informazioni impressionante da recepire a questa velocità. Ma dove The Lego Movie manteneva una coesione pressoché perfetta tra le sue parti, lo spin-off supereroistico esagera nell'ultimo segmento, in cui si avverte la prolissità e la presenza di almeno un controfinale di troppo. Fino a lì, però, Lego Batman è un'esperienza quasi irresistibile, che dà il suo meglio quando sottopone Batman a una peculiare seduta psicanalitica, indagando nel suo privato come in nessun'altra trasposizione precedente e mettendo a nudo le molteplici contraddizioni del personaggio. Lego Batman accetta anche la sfida del sottotesto omoerotico, che accompagna da sempre la figura del Pipistrello: scegliendo di ribaltare da Robin su Joker la carica di bromance, Chris MacKay riesce a portare a casa una morale più tradizionalista e tranquillizzante che mai, con il bisbetico infine domato e costretto ad accettare di appartenere a una famiglia, per quanto peculiare e allargata.




Da applausi il doppiaggio di Claudio Santamaria, che rende fedelmente le sfumature di Arnett, mentre si rivela disastrosa la scelta di affidare la voce femminile (Barbara Gordon) a Geppi Cucciari, inadeguata per tono, accento e partecipazione emotiva. Convalida la tua preferenza Inserisci qui la tua email: La tua preferenza è stata registrata. Ti abbiamo appena inviato una email. Apri il messaggio e fai click sul link per convalidare il tuo voto. Il tuo commento è stato registrato. Convalida adesso il tuo inserimento. Ti abbiamo appena inviato un messaggio al tuo indirizzo di posta elettronica. Accedi alla tua posta e fai click sul link per convalidare. Il tuo commento è stato registrato. L'idea di portare i mattoncini Lego al cinema poteva sembrare una follia senza senso solo a chi non sappia come si sia mossa l'azienda negli ultimi decenni. Lego non sono più solo scatole di costruzioni, la compagnia ha anche stretto una serie di accordi di partnership per la gestione dell'immagine di importanti saghe cinematografiche (Guerre Stellari, Harry Potter, Il Signore Degli Anelli, ecc.).




Il primo risultato sono stati una serie di set di costruzioni a tema, dal Millennium Falcon a Hogwarts fino alla tana di Bilbo, poi è arrivato il resto. Dai set a tema Lego si è buttata nel mondo dei videogiochi sempre con i personaggi del cinema più noti, spostando lì alcuni dei suoi meccanismi e iniettando un'inedita componente narrativa. Le versioni "Lego" di Batman, degli Avengers, di Harry Potter e via dicendo sono diventati personaggi giocabili di avventure autoironiche. A questo punto il salto verso il lungometraggio animato non è più così assurdo e diventa più un adattamento di un videogioco che di una linea di giocattoli. La catena è importante perché è la maniera in cui è stata fondato non tanto un universo narrativo quanto una personalità ben precisa. Le storie dei personaggi in versione Lego sono caratterizzate da toni tutti loro. Per dirlo in maniera più chiara, il Batman della Lego non somiglia per niente al Batman dei fumetti o del cinema, a nessuna delle sue versioni, e lo stesso vale per gli altri.




Hanno personalità differenti e vivono avventure completamente differenti, molto più parodistiche, leggere e finalizzate alla risata. È sembrato allora logico che per il passaggio al cinema l'operazione fosse stata affidata a due artisti del metacinema come Phil Lord e Chris Miller (Piovono polpette, 21 Jump Street). Il successo è fortunatamente arrivato e copioso. Ma il vero successo all'interno del successo è stato quello di Batman, personaggio che già nei videogiochi aveva dimostrato di avere una personalità superiore agli altri e che nel film è spiccato di conseguenza, tanto da meritarsi un lungometraggio tutto proprio, diretto da Chris McKay, il supervisore all'animazione del film principale. Tale è l'importanza di questo Batman Lego che la Warner Animation Group, per fargli strada e non offuscare l'attesa del suo film, ha rimandato a data da destinarsi il sequel di Lego The Movie. Proprio questo rimando in avanti però potrebbe far sì che il film, contrariamente a quanto annunciato prima che arrivasse l'idea dello spin-off su Batman, potrebbe essere diretto nuovamente dalla coppia Lord/Miller.




Parte del successo del Batman Lego, assieme al suo fare spaccone e vanaglorioso, viene poi dal doppiaggio di Will Arnett, attore di commedia di media fama, seconda linea del cinema che in carriera può vantare di aver fatto parte della banda di Arrested Development, serie tv cinica e inventiva dei primi anni 2000 che ha lanciato tantissimi attori prima sconosciuti. Proprio uno di questi, Micheal Cera, è stato scelto per dare voce al Robin Lego, che in questo film fa il suo debutto come un orfano che Batman decide di "adottare", facendogli paradossalmente da padre. Invece la nemesi principale del film, nonchè villain più noto della storia di Batman, ovvero il Joker, avrà la voce di un altro nome noto della commedia recente Zach Galifianakis. L'idea sembra quindi essere chiara: lavorare sia sul piano dell'azione (i cartoni Lego sono caratterizzati da un umorismo che viene dai movimenti rapidi e scattosi dei personaggi) che su quello di una dizione e dei tempi comici impeccabili.




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