<< Cosplay >>

<< Cosplay >>


Cosplay (コスプレ kosupure?) è una parola macedonia giapponese formata dalla fusione delle parole inglesi costume ("costume") e play ("gioco" o "interpretazione") che indica la pratica di indossare un costume che rappresenti un personaggio riconoscibile in un determinato ambito e interpretarne il modo di agire[1].
  • Storia
Il fenomeno precursore del cosplay nasce in America nel 1939 con il futuristicostume indossato da Forrest J. Ackerman e ispirato al film La vita futura (Things to Come) di William Cameron Menzies[2]. Solo nel 1984 il reporter giapponese Takahashi Nobuyuki coniò la parola cosplay, per descrivere i fan mascherati da protagonisti delle serie di fumetti e fantascienza che aveva visto alla WorldCon di Los Angeles[3]. Nobuyuki coniò una nuova parola perché in giapponese l'equivalente di "masquerade" si traduce nell'equivalente di "party nobiliare in maschera" e non era adatto a descrivere quello che aveva visto[3]. Il fenomeno assunse una certa rilevanza in Giappone a partire dal 1995 quando la stampa giapponese dedicò per la prima volta un articolo a questo fenomeno quando un gruppo di ragazzi nella città di Tokyo indossò i costumi ispirati a personaggi della serie Neon Genesis Evangelion. Da allora il cosplay si è sempre più diffuso anche nel resto del mondo, soprattutto tra le schiere di fan più appassionati.[senza fonte]
In Italia, le prime apparizioni del fenomeno cosplay risalgono agli Anni Novanta del XX secolo, quando, all'interno delle manifestazioni delle principali Fiere del Fumetto (come Lucca Comics & Games, Romics, Mantova Comics & Games, Torino comics, ecc.), di mostre-mercato o di apposite convention di settore (le cosiddette Comic-Con, come il Napoli Comicon, la Comicconvention di Milano poi denominata Milano Comic Con, il Napoli Gamecon, la Palermo Comic Convention, ecc.), il gruppo dei Kappa boys[4] iniziò a promuovere il crescente mercato editoriale (stampa-audiovisivo-games) dedicato ai manga, sull'onda di una sorta di revival culturale dei cartoni animati giapponesi e di recupero delle sigle tv delle serie animate per bambini, mandate in onda a partire dagli Anni Settanta, fino ad arrivare alle nuove saghe dell'animazione nipponica.
A partire dal 2003, si tiene il World Cosplay Summit (WCS), un appuntamento di rilievo e di riferimento internazionale a Nagoya, in Giappone.[5] Parallelamente, vennero avviati altri appuntamenti fieristici importanti come, ad esempio, il Tokyo International Anime Fair, o ancora la convention Jump Festa.
In Europa, tra le tante manifestazioni, sono da ricordare la competizione International Cosplay League del Japan Week di Madrid, l'Animefest nella Repubblica Ceca, il J-Popcon in Danimarca, il Lucca Music & Cosplay in Italia.
Con lo spopolare del fenomeno sono emerse alcune celebrità, fra cui Yaya Han e Jessica Nigri, che vengono considerate vere e proprie professioniste in tale campo.[6][7]
  • Caratteristiche del fenomeno
Il cosplay si è legato indissolubilmente alla cultura nipponica, al punto di essere creduto originario del Sol Levante. Difatti il personaggio rappresentato da un cosplayer appartiene spesso al mondo dei manga e degli anime, molto diffusi nel paese asiatico, ma non è raro che il campo di scelta si estenda ai tokusatsu, ai videogiochi, alle band musicali, particolarmente di artisti J-pop, J-Rock, K-Pop o K-Rock (musica pop e rock giapponese o coreana), ai giochi di ruolo, ai film e telefilm e ai libri di qualunque genere e persino alla pubblicità.
A causa della sua natura eterogenea, il cosplay viene praticato in maniera sensibilmente differente nei vari stati in cui si è diffuso[senza fonte], ma il terreno principalmente calcato dai cosplayer è quello delle convention del settore.[8] Una piccola nicchia in questo campo è costituita dai doller, il termine che indica un attore dilettante di kigurumi. Questi cosplayer indossano maschere (che li fa definire in giapponese anche animegao, ovvero "faccia da anime") e una calzamaglia completa per trasformarsi completamente nel loro personaggio.[9]
Una definizione adottata in certi casi è quella di cross-players, da "cross-dressing" e "cosplayer": si usa talvolta per indicare coloro che abitualmente realizzano cosplay di personaggi del sesso opposto rispetto al loro.[10] Non si tratta comunque di una vera e propria nicchia del cosplay, ma di una definizione a volte usata in modo improprio e non accettata da tutti gli appassionati[senza fonte]. Molte cosplayer giapponesi si incontrano ogni domenica ad Harajuku, quartiere di Tokyo, dove decine di ragazze e ragazzi si incontrano per mostrare i propri vestiti ai turisti incuriositi e ai fotografi.[11]
  • Crossplay
Per crossplay (parola macedonia composta da crossdressing e cosplay) è un termine del cosplaying che consiste nel vestirsi come il personaggio del sesso opposto dal proprio.[12] I personaggi interpretati dai crossplayer possono essere reali e fittizi, e solitamente provengono dalla cultura di massa. Gli uomini che si immedesimano in personaggi femminili interpretano spesso soggetti della tradizione giapponese, come ad esempio le bishōjo (letteralmente "bella ragazza") o kawaii ("carino/a" o "grazioso/a"), oppure decidono di impersonare un personaggio femminile al fine di ottenere un effetto visivo umoristico.[13] Le donne che impersonano personaggi maschili, invece, optano in molti casi per soggetti bishōnen ("bel ragazzo") oppure si immedesimano in personaggi maschili dai tratti femminei.[14]
  • Crossplay original
Con l'evolversi del fenomeno, alcuni cosplayer hanno cominciato a creare i loro personaggi originali (spesso provenienti dal mondo della letteratura fantasy o steampunk). Nonostante ci sia una discrepanza di opinioni in merito,il cosplay originale viene considerato un sottogenere del cosplay, purché il cosplayer crei la storia unitamente al design del personaggio e rimanga fedele ad esso. Anche durante alcune competizioni viene inserita la categoria per i cosplayer originali.
  • Genderbend
Il genderbending consiste nell'immedesimarsi in un personaggio del sesso opposto al proprio adattando però la sua estetica a quella del proprio genere.[15]
  • Le esibizioni
Una parte significativa della sottocultura cosplay sono le brevi scenette (o esibizioni) in cui i cosplayer recitano la parte del personaggio di cui indossano il costume, re-interpretando fedelmente determinati passaggi del film, fumetto o serie TV da cui il personaggio è stato tratto, o al contrario fornendone un'interpretazione personale in chiave parodica quando non demenziale.[16][17]
Questo elemento ha un'importanza del tutto marginale nelle fiere giapponesi, dove solitamente i vari cosplayer si limitano ad un inchino e ad una breve sfilata dove posano per le fotografie, mentre al contrario ha ottenuto un buon successo in diversi altri paesi in cui si pratica il cosplay. Non è raro vedere alle varie gare di cosplay lunghe interpretazioni spesso complete di colonne sonore, accessori vari e in alcuni casi dei micro-set che si rifanno alle ambientazioni della storia. Ormai è quasi una consuetudine premiare non soltanto gli autori dei costumi più accurati, ma anche le interpretazioni migliori e più fedeli allo spirito della fonte originale, oppure elargire "premi simpatia" ai cosplayer la cui interpretazione è risultata la più divertente e originale.[senza fonte]
  • Aree tematiche
In diverse fiere del fumetto, sia in Italia che nel resto del mondo, vengono allestite "Aree tematiche" dove i cosplayer possono scattarsi foto in un ambiente che ricalca quello del gioco o del prodotto di animazione da cui sono tratti. A volte i cosplayer sono stesso parte dell'area, svolgendo il ruolo di staff con il compito di intrattenere gli altri visitatori. Alcuni esempi sono le aree tematiche dedicate a Star wars o a fallout.
Le aree vengono allestite da associazioni no profit di appassionati, ma in alcune fiere maggiori è possibile visitare aree allestite direttamente dalle case produttrici dei videogiochi o degli anime in questione.

Report Page