CLAUDIA

CLAUDIA



Può darsi che proprio in quel momento Claudia, la moglie di Pilato, mandasse il suo messaggio al marito. 

Claudia era la più giovane delle figlie di Giulia, figlia di Augusto imperatore. Giulia aveva avuto tre mariti, l'ultimo dei quali fu Tiberio; e per la sua vita dissoluta venne esiliata: in quel tempo diede alla luce Claudia, figlia di un cavaliere romano. Quando Claudia ebbe tredici anni, fu mandata da Giulia a Tiberio perché la educasse; e quando ne ebbe sedici conobbe Ponzio Pilato, uomo di umili origini, il quale chiese a Tiberio il permesso di sposarla. A questo modo Pilato s'imparentò con la famiglia dell'imperatore, il che gli assicurò la carriera politica, tanto che in virtù appunto di tale matrimonio fu nominato governatore della Giudea. 

Ai governatori romani era fatto divieto di portarsi le mogli nelle provincie da essi amministrate; e i più degli uomini politici ne erano contentissimi. Non così Pilato. E l'amore infranse una severa legge romana: da sei anni Pilato si trovava a Gerusalemme, quando mandò a chiamare Claudia, la quale non vedeva l'ora di vivere una vita solitaria lungi dalla capitale del mondo e tra gente sconosciuta e straniera. 

È lecito dedurre che Claudia avesse sentito parlare di Gesù, forse dalla serva giudea che le preparava il bagno, o dai domestici che di Lui le recavano notizie. E potrebbe averLo visto di persona, ché la Fortezza di Antonia nella quale ella dimorava era vicina al tempio di Gerusalemme, dove Gesù di, frequente si portava. 

Può darsi perfino ch'ella avesse udito il Suo messaggio e, «poiché nessuno ha mai parlato come costui», che la sua anima ne fosse rimasta turbata. Il contrasto stesso tra Lui e le Sue idee circa il mondo ch'ella conosceva, da una parte, e i pensieri ch'ella formulava, dall'altra, approfondiva l'appello di Lui. Come potevano mai le donne di Gerusalemme, le quali vedevano Claudia guardar fuori della grata delle sue finestre, e tentavano di cogliere sulla sua bianca mano lo scintillio delle gemme, o di scorgere l'orgoglio del suo volto patrizio, come potevano mai costoro dedurre quanto profondi fossero i suoi pensieri, quanto intenso il suo dolore, quanto immenso il suo desiderio? 

Presso i Romani, la sottomissione alla legge era quasi, diremmo oggi, prussiana. A nessuna donna era concesso d'interferire nei sistemi di leggi, e neppure di suggerire un qualche consiglio circa la procedura legale; cosicché l'intervento di Claudia è tanto più notevole in quanto ella mandò al marito Ponzio Pilato un messaggio il giorno stesso in cui egli stava decidendo il caso più importante che mai gli fosse occorso in tutta la sua carriera, e il solo per cui verrà ricordato attraverso i secoli: il processo al Nostro Signor Benedetto. 

Mandare un messaggio a un giudice nell'esercizio delle sue funzioni era un oltraggio che meritava d'esser punito, e Claudia non era stata indotta a compierlo se non dall'atrocità di ciò che aveva visto accadere intorno a lei. 

«Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: 'Non impicciarti con quel giusto; perché oggi ho sofferto molto in sogno per via di lui '.» (Matt.27: 19) 

Mentre le donne d'Israele tacevano, quella donna pagana testimoniava dell'innocenza di Gesù ed esortava il marito a trattarLo equamente. 

Il messaggio di Claudia fu l'epitome di tutto ciò che il Cristianesimo avrebbe fatto per le donne pagane. Ella è l'unica donna romana citata dai Vangeli, e di altissimo rango. Quel suo sogno era l'epitome dei sogni e dei desideri di un mondo pagano, la secolare speranza di questo mondo in un uomo giusto: in un Salvatore. Noi non sappiamo in che cosa consistesse quel sogno, ma una scrittrice moderna, Gertrud von Le Fort, lo ha intuito. La mattina del Venerdì Santo, Claudia, nel destarsi, credette di udire, nelle catacombe, voci che dicevano: «Egli patì sotto Ponzio Pilato»; e poi, nei templi romani trasformati in chiese: «Egli patì sotto Ponzio Pilato»; indi, fondendosi come il mugghio del mare, le voci si moltiplicavano e cantavano in chiese che si levavano come pinnacoli nel cielo: «Egli patì sotto Ponzio Pilato». Quale che sia stato il sogno, comunque, la donna intuitiva aveva ragione, e torto l'uomo pratico. Pilato, poiché il Prigioniero continuava a tacere, si adirò, abituato com'era a veder gli accusati strisciare tremanti dinanzi a lui. 

«Pilato gli disse: 'Non mi parli? Non sai che ho il potere di farti crocifiggere e il potere di liberarti?'» (Giov. 19: 10) 

Pilato parlava del poter suo di liberare oppure di condannare; ma se il Prigioniero che gli stava davanti era innocente, Pilato non aveva il potere di crocifiggerLo; e se era colpevole, non aveva il potere di liberarLo. Il giudice è giudicato, replicò subito il Nostro Signor Benedetto, rammentando a Pilato come qualunque sua autorità giudiziaria gli venisse non da Cesare ma da Dio. Pilato aveva vantato l'arbitrio del proprio potere, ma Cristo lo rimandò a un potere che vien delegato agli uomini. 

«Tu non avresti nessun potere su di me se non ti fosse dato dall'alto» (Giov. 19: 11) 

Il potere vantato da Pilato era «dato». Lo sappiano o no i governatori, i re o i governanti, qualsiasi autorità terrena deriva dall'alto. 


«Per mia volontà regnano i re,» diceva il Libro dei Proverbi. Ma Nostro Signore si affrettò ad accusare tanto Giuda che il sommo sacerdote di un peccato più grave: 


«Per questo colui che mi ha consegnato a te ha un peccato più grave» (Giov. 19: 11) 

Pilato, il Gentile, non sapeva che il suo potere veniva da Dio; ma Caifa lo sapeva, e lo sapeva Giuda. Per codesto maggior sapere, ognuno di loro era più colpevole del Romano. Pilato peccò per ignoranza, Caifa peccò a malgrado della conoscenza, e così Giuda. 


Report Page