Cats

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Nel quartiere di Jellicle arriva una nuova gatta: Victoria. Guidata dal mago Mr. Mistoffelees e dal leale Munkustrap, Victoria conosce i vari membri della sua nuova comunità: Jennyanydots, Rum Tum Tugger, Cassandra, Asparagus, e i due reietti Grizabella e Macavity, la prima scacciata per la sua vanità, il secondo malvagio prestigiatore intenzionato a rapire più gatti possibile. Tutta Jellicle partecipa alla festa in onore dell'anziana Old Deuteronomy, al termina della quale un gatto prescelto ascenderà al paradiso, l'Heaviside Layer. Durante le celebrazioni, però, Macavity rapisce Old Deuteronomy. Saranno Mistoffelees e la stessa Victoria, grazie alla quale Grizabella otterrà il perdono dei vecchi amici, a salvare la festa e Jellicle.

Negli Stati Uniti, dove è uscito a metà dicembre sperando in una campagna per gli Oscar dal tenore diverso, Cats è stato un fallimento totale, di critica e almeno inizialmente anche di pubblico. Ma proprio il fallimento dell'operazione nasconde qualcosa di interessante.

Alla base dell'adattamento del musical di Andrew Lloyd Webber, una delle produzioni teatrali più longeve e redditizie di sempre, c'è un equivoco che riguarda l'abuso ormai conclamato del motion capture: l'idea, cioè, che il digitale possa rendere mobile e realistico qualsiasi immaginario.

L'hanno fatto e lo fanno tuttora con i classici della Disney, tradotti uno alla volta dall'originale animato alla versione live action, e lo hanno fatto ora con Cats, trasportato da un palcoscenico del West End di Londra a un set cinematografico inesistente. È probabile che se il musical originale fosse stato anch'esso un film d'animazione le cose sarebbe andate meglio: come per Il re leone, sarebbe bastato copiare l'originale inquadratura per inquadratura e far cantare i gatti come si è riusciti a fare parlare i leoni. Il problema, però, è che Cats viene dal teatro, e in quanto opera teatrale mette in campo già da sé un evidente scarto rispetto alla realtà: i gatti in scena sono uomini e donne travestiti, e sono accettati proprio in virtù della separazione fra platea e palcoscenico.

Come fare, allora, a riprendere al cinema la stessa sospensione d'incredulità del teatro, che non riguarda solo l'aspetto narrativo per cui dei gatti possono cantare ed esprimere emozioni, ma anche e soprattutto l'essenza dell'opera, la presenza cioè di personaggi un po' umani e un po' felini, assurdi da pensare e da vedere? Se il sogno del motion capture è unire la vocazione realistica del cinema con qualsiasi tipo di fantasia digitale, allora Cats stabilisce inconsapevolmente un limite: il limite del ridicolo, del grottesco, dell'arbitrarietà di ogni forma di messinscena. Soprattutto nel caso di superproduzioni come questa, che non possono nemmeno invocare la grossolanità del prodotto di serie B.

La ragione del fallimento di Cats, nonostante la firma di un regista esperto come Tom Hooper (al secondo adattamento di un musical dopo Les Misérables), il coinvolgimento dello stesso Webber (autore di una nuova canzone, "Beautiful Ghosts, con Taylor Swift") e un cast stellare (Judi Dench, Idris Elba, Ian McKellen, la giovane ballerina Francesca Hayward, la cantante Jennifer Hudson, la stessa Swift, tutti più o meno camuffati sotto pellicce digitali e il volto "gattificato"), è essenzialmente di carattere estetico.

La tenuta o meno del musical del 1981, tratto com'è noto da Il libro dei gatti tuttofare di T. S. Eliot, c'entra poco (e in ogni caso le canzoni sono ancora bellissime), così come valgono la dedizione dei malcapitati interpreti: è l'idea stessa di trarre un film da Cats a essere un rischio in sé. L'obiettivo del live action è estrapolare una storia dal suo universo originario e riprodurla in un nuovo contesto: ma in Cats il cinema non adatta il teatro, semplicemente - e fatalmente - gli si sovrappone, gli dà continuità, gli offre più di un palcoscenico, rendendo esplicito - e dunque ridondante e a tratti inquietante - il patto non scritto fra rappresentazione e spettatore, l'adesione cioè a una scelta che porta il regno animale a unirsi in scena a quello umano.

Se però a teatro la presenza del corpo dell'attore ricorda in ogni momento la gratuità e l'eccezionalità di quel patto (per cui superato lo shock iniziale ci si abbandona alla meraviglia di pezzi come "Jellicle Songs for Jellicle Cats", "Mr Mistoffelees" o "Memories"), al cinema proprio la rimozione del corpo attraverso il motion capture, che nasconde l'interprete ma lo ritrova adattando il trucco digitale alle sue caratteristiche fisiche, crea un corto circuito percettivo: il patto fra testo e spettatore è preso alla lettera e per questo svuotato di senso.

Il film supera così la soglia del fallimento, talvolta quella del ridicolo involontario, pronto però a diventare per le stesse ragioni un cult, dal momento che negli Stati Uniti, dopo una campagna stampa denigratoria e uno scontato flop al botteghino, Cats ha cominciato a risollevarsi negli incassi proprio in virtù della sua infamia, raggiungendo o quasi, per paradosso, gli stessi obiettivi che si era posto in origine, con altre intenzioni e altre speranze.
Sempre a proposito di corto circuiti...

Tra i titoli più attesi di fine 2019, esce in sala il 20 dicembre, Cats si propone fin da adesso come il musical più influente del cinema contemporaneo, perlomeno dal post La La Land. Del resto la premessa è incoraggiante, visto che si tratta dell'adattamento live-action dello storico musical di Broadway campione d'incassi in tutto il mondo fin dai primissimi anni 80.

Diretto da Tom Hooper, il nuovo Cats avrà un sapore prevalentemente britannico visto che gli americani presenti nel cast saranno la netta minoranza.

Il cantautore Jason Derulo, la popstar Taylor Swift e la talentuosissima cantante e attrice Jennifer Hudson (già vista in Dreamgirls, nel 2006) sono infatti gli unici portacolori USA del cast principale, seppur con alcune delle parti più rilevanti in assoluto. Saranno poi della partita anche sir Ian McKellen, James Corden, l'eccezionale Judi Dench, Idris Elba e l'australiana Rebel Wilson. Ciliegina sulla torta, c'è anche la ballerina classica Francesca Hayward, étoile della compagnia di balletto del Covent Garden di Londra.
Elba ci ha tenuto a elogiare in particolare proprio la Swift, una delle cantanti più ascoltate (e ricche) del mondo: "È stata grande. Avevamo un sacco di lavoro da fare insieme ed è stata eccezionale. Ha lavorato sodo ed era semplicemente felice di essere lì". Per quanto riguarda sé stesso, l'attore inglese ha confessato a Variety di essere alle prime armi rispetto a una produzione del genere: "È stato tutto nuovo per me, davvero. Conoscevo già le canzoni, ovviamente, ma ero comunque in una specie di territorio nuovo. È stato molto divertente interpretare Macavity".

James Corden, che conduce un suo show personale negli USA nonostante sia più inglese del Big Ben, ha detto: "Ci sono stati due giorni in cui io, Rebel Wilson, Idris Elba, Taylor Swift, la signora Dench e sir McKellen stavamo girando la stessa scena e tutti noi stavamo fingendo di essere gatti. Questo è il tipico momento in cui tu non sai bene se sei fatto o no. Ho pensato: 'Ho mangiato delle caramelle gommose a pranzo. Erano vere caramelle o marijuana?'. L'esperienza più strana che si possa avere".
Tom Hooper, il regista, ha sintetizzato l'esperienza così: "Dirigere Cats è come allenare un gruppo di atleti di livello mondiale". È però Judi Dench - che ha rivelato come dovesse far parte del primo cast a portarlo in teatro, nel 1981, salvo poi rompersi il tendine d'Achille - che rende meglio l'idea di cosa sia stato girare Cats: "È stata un'esperienza in stile "Alice nel paese delle meraviglie"".

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