Black&White

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<Secondo me dovresti ritirarti in te stesso per un po' di tempo, capirai da solo quando sarà il tempo di uscire>
Sì, aveva ragione, e io più di tutti ne ero consapevole. Ma perché mi trovavo lì, in quella stanza sconfinata accanto un camino acceso e un tizio in vestaglia rossa e nera dall'aria rilassata?

Nel momento stesso in cui mi ci ritrovai non mi chiesi nemmeno come fosse possibile anche solo l'esistenza di una cosa del genere: guardandomi intorno non si vedeva nulla per chilometri e chilometri, e con nulla intendo proprio NULLA. Tutto era bianco, nessuna parete, niente di niente. Solo un camino acceso e un tappeto persiano su cui quella persona stava a piedi nudi.

Il vuoto mi riempì totalmente e sentii che in quel posto niente avrebbe mai potuto stancarmi, e sarei potuto stare lì per sempre. Vi chiederete come sia possibile visto che non c'era effettivamente niente di cui stancarsi. Vi spiegherò come andarci e solo allora capirete cosa intendo dicendo che è un posto "sicuro".

<siediti pure, non so per quanto staremo qui> Disse per prima cosa il ragazzo sistemando la legna nel camino, senza girarsi verso di me. Avrei giurato che non ci fosse nulla ma appena me lo disse notai che dietro di me c'era un tronco d'albero, largo circa un metro, come quelli su cui ci si siede durante i campeggi quando si sta intorno al fuoco.

<So già perché sei qui e cosa vuoi dirmi, ma parla tu. Mi piace ascoltare> Ricordo che mi stupì la sua tranquillità. Certamente non era un caso che io invece fossi di pessimo umore, tormentato da pensieri, ansie e tristezza.

<Sto male> Dissi. E fu allora che si girò verso di me.

Come potrete immaginare, era la mia copia esatta. Era come la mia versione buona, quella in pace con l'universo e con la natura.

<Overthinking. È questo il tuo problema, ti sei di nuovo lasciato sopraffare dalle tue false convinzioni, ed è per questo che sei qui. Sei qui perché sai che io posso chiarire tutto>

All'improvviso non lo sentii più. Alzai lo sguardo. Sparito.

Il fuoco dal camino uscì fuori e divorò tutto la stanza. Ma non era un fuoco normale, era bianco e nero e presto inghiottì tutto finché non vidi nient'altro che nero. Nero dappertutto, come quando hai gli occhi chiusi.

Aprii gli occhi, ero nella mia stanza da solo e con delle cuffie nelle orecchie. Presto tutto mi ritornò in mente, e seguendo il filo delle cuffie con lo sguardo vidi il telefono spento. Si era scaricata la batteria e la musica era sparita catapultandomi fuori da dovunque io mi trovassi dentro la mia mente.

Dopo aver messo a carica il cellulare decisi di ritornare da quel me stesso che dentro di me stava a guardare la mia vita, sapendo ciò che è bene che io faccia ma non potendomelo dire.

Pensa lettore, quando è stata l'ultima volta che hai parlato con te stesso, e hai permesso alla tua coscienza di fare un po' di chiarimento nella tua vita?

Da sempre ci affidiamo all'istinto e la vita di ogni giorno è diventato il risultato di tante piccole scelte che facciamo senza ponderare, soltanto affidandoci a ciò che in quell'istante ci sembra la scelta più adatta. Si o no? Zero o Uno? Vado o rimango?

Per me che ci sono stato è ormai chiaro ma ti garantisco che c'è un piccolo te lì dentro che sta aspettando di dirti la sua, ma è da decenni che non viene ascoltato.

<oh, sei tornato. Pensavo non avessi più bisogno di me> Tutto era ritornato come qualche secondo prima.

<Non ho bisogno di te, ma penso che il tuo parere sia prezioso>

<Beh, sicuramente non vuoi essere consolato visto che questa stanza è candida come la neve> Disse con un tono quasi orgoglioso.

<che vuoi dire> chiesi incuriosito.

<sai cos'è il karma no? è qui dentro che si decide tutto> La cosa cominciò a confondermi sempre di più. Cosa c'entrava il karma?

<Non sono sicuro di seguirti...>

<Si che mi segui, solo che non lo sai. Ricorda che sono sempre una parte del tuo pensiero, se pur molto profonda. Ti spiego meglio.

Quando in passato hai fatto cose di cui non andavi fiero, o che comunque reputavi sbagliate, alcune parti in questa stanza diventavano nere. E non sto parlando delle pareti, non ci sono pareti qui come vedi. Parlo di veri e propri "pezzi" di stanza e più la tua coscienza era sporca, più l'aria diventava insopportabile qui. Se sei potuto entrare è perché in questo esatto momento non c'è nulla che ti tormenti la coscienza. I tuoi problemi derivano da cose che fanno gli altri, non che hai fatto tu>

<Ok ma... il karma?> Le parole mi uscirono dalla bocca prima che io potessi digerire bene quello che lui mi aveva appena detto

<Quando questa stanza è bianca, lì fuori tu sei una persona migliore, e quando tu sei una persona migliore qui dentro è tutto bianco. Cogli la corrispondenza biunivoca? Fattelo dire da me che guardo internamente ed esternamente: la tua vita va decisamente meglio quando qui è bianco, e qui è bianco se la tua vita va meglio. È il karma.>

<Penso che quello che stia accadendo qui sia meraviglioso, vorrei poter portare qualcun'altro... qualcuno di speciale>

<È ovvio che non puoi, farebbe molto inception>

<E nel caso in cui lo raccontassi, mi prenderebbero per pazzo. Sto a tutti gli effetti parlando con me stesso> la cosa cominciò a sembrare strana pure a me, però in quel momento di vaga lucidità i miei fantasmi tuonarono dentro la stanza come un fulmine riportandomi alla mente il motivo per cui ero lì e facendomi notare che il mio umore da quando ero entrato era decisamente cambiato.

Fuori la mia mente mi era nemica, era l'avversario in agguato pronto a cogliere i momenti di debolezza quando meno me lo aspettassi. Mentre entrandoci e affrontando ciò che mi sembrava il peggior posto dove andare, trovai me stesso e la mia pace interiore. Sapevo che questa sarebbe sparita una volta ritornato nel mondo esterno, e ovviamente non potevo rimanere lì per sempre.

<ehi ehi ehi. Nessuno qui sta parlando di farti rimanere per sempre. Io risolvo i problemi, non faccio il babysitter>

<Ma... io non stavo parlando...>

<E ancora ti stupisci?>

In effetti il pensiero non è altro che parlare dentro la propria testa, non c'è da meravigliarsi se ciò non dista molto dal "pensare nel proprio pensiero".

Lo fissai: lo invidiavo molto. Era tutto ciò che sarei voluto diventare, non una linea di tristezza sul suo volto.

Poi realizzai una cosa, e mentre la pensavo lui la disse in coro al mio pensiero:

<Io sono come vorresti essere tu, ma non sono fuori da te. Io SONO te. Il peggior nemico di te stesso sei tu. Sei tu che non riesci a dimenticare questioni concluse, che non riesci a fidarti di persone affidabili, che pensi che tutto il mondo ti odi e vorresti essere me perché pensi che sia impossibile odiare qualcuno come me>

La stanza cominciò a tremare

<Tu pensi che ci sia qualcosa di sbagliato nel tuo comportamento...> Continuò cominciando ad alzare la voce <ma quello che è sbagliato sei TU!>

Ormai stava gridando <Sempre lì a chiederti cosa fai di sbagliato, a cercare di estrapolare il meglio da ogni situazione e preoccupandoti all'estremo di non riuscirci! La verità è che sei solo uno stupido inett-> la sua testa urlante, ormai a dieci centimetri dalla mia fu scaraventata di lato insieme ad rumoroso sparo proveniente dalla parte opposta. Mi girai e lo vidi, sempre lui, con una pistola in mano che riuscii appena a vedere prima che sparisse. Mi voltai di scatto a guardare l'altro scaraventato a terra e non c'era niente. Era sparito.

<Quello, qui non deve entrare>

Notai una macchia a mezz'aria.

<Quindi c'è qualcosa di brutto che hai fatto, ecco perché la rabbia ha avuto il sopravvento>

<Si...> dissi con tono sommesso

<E puoi rimediare?>

<Beh, veramente non ho fatto nulla, è solo un lontano pensiero che mi tormenta, e mi fa sentire in colpa>

<Se fosse stato qualcosa di leggermente più grave non ci sarebbe solo una macchiolina.>


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