Bhagavad Gita 5.24-29

Bhagavad Gita 5.24-29


La Bhagavad Gita Così Com'è

Sua Divina Grazie

A.C Bhaktivedanta Swami Prabhupada

⚜CAPITOLO 5⚜

Karma-yoga,

l’azione nella coscienza di Krishna

VERSO 24

yo’ntah-sukho ’ntar-aramas
tathantar-jyotir eva yah
sa yogi brahma-nirvanam
brahma-bhuto ’dhigacchati


Colui che gode di una felicità interiore, che è attivo e gioisce all’interno di sé e il cui scopo è interiore, è veramente il mistico perfetto. È liberato nel Supremo e alla fine raggiungerà il Supremo.


SPIEGAZIONE: Chi non sa gustare la felicità interiore come potrà mai smettere di cercare i piaceri esterni, che sono superficiali? Una persona liberata conosce la vera gioia, perciò può sedersi in silenzio, in qualunque luogo, e godere interiormente delle attività della vita. Una persona liberata non desidera più le gioie materiali esterne. Questo livello si chiama brahma-bhuta, e chi lo raggiunge è sicuro di tornare a dio.


VERSO 25

labhante brahma-nirvanam
risayah ksina-kalmasah
chinna-dvaidha yatatmanah
sarva-bhuta-hite ratah


Coloro che hanno superato la dualità che nasce dal dubbio, che volgono la mente verso l’interno, che agiscono sempre per il bene di tutti gli esseri e sono liberi da ogni colpa, raggiungono la liberazione nel Supremo.


SPIEGAZIONE: Soltanto una persona pienamente cosciente di Krishna, che agisce sapendo che Krishna è la sorgente di ogni cosa, può agire per il bene di tutti gli esseri. Le sofferenze dell’uomo sono dovute all’oblio che Krishna è il beneficiario supremo, il proprietario supremo e l’amico supremo. Perciò il più grande beneficio che si possa portare all’umanità è quello di risvegliare in ogni essere la coscienza di Krishna. Soltanto una persona liberata nel Supremo può fare del bene agli altri perché ha raggiunto lo stadio dell’amore divino, essendosi liberata da ogni colpa e da ogni dubbio sulla supremazia di Krishna.

Chi si preoccupa soltanto del benessere fisico degli uomini non può veramente aiutare nessuno. Un sollievo temporaneo per il corpo e la mente non sarà mai soddisfacente. È nell’oblio della nostra relazione col Signore Supremo che dobbiamo cercare la causa delle difficoltà che nascono nella dura lotta per l’esistenza. Quando un uomo diventa pienamente cosciente della sua relazione con Krishna è in realtà un’anima liberata anche in questo corpo materiale.


VERSO 26

kama-krodha-vimuktanam
yatinam yata-cetasam
abhito brahma-nirvanam
vartate viditatmanam


Coloro che sono liberi dalla collera e dai desideri materiali, che sono spiritualmente realizzati, che hanno il controllo di sé e si sforzano costantemente di raggiungere la perfezione, sono sicuri di ottenere la liberazione nel Supremo in un futuro molto prossimo.


SPIEGAZIONE: Fra tutte le persone sante che si sforzano con costanza di raggiungere la liberazione, colui che è in coscienza di Krishna è il più elevato. Lo conferma anche lo Srimad Bhagavatam:

yat-pada-pankaja-palasa-vilasa-bhaktya karmasayam grathitam udgrathayanti santah tadvan na rikta-matayo yatayo ’pi ruddha- sroto-ganas aranam bhaja vasudevam

“Cercate solo di adorare Vasudeva, il Signore Supremo, servendoLo con amore e devozione. I più grandi saggi non riescono a controllare i sensi con altrettanta forza di coloro che conoscendo la gioia trascendentale di servire i piedi di loto del Signore, sradicano il profondo desiderio di godere dei frutti dell’azione.” (S.B. 4.22.39)

Il desiderio di godere dei frutti dell’azione ha radici così profonde nell’anima condizionata che anche i grandi saggi hanno difficoltà a controllarlo, nonostante i loro sforzi. Ma il devoto de Signore, costantemente impegnato nel servizio devozionale in coscienza di Krishna, ottiene presto la liberazione nel Supremo, perché conosce perfettamente la propria identità spirituale. Grazie alla sua completa conoscenza nella realizzazione spirituale è sempre situato in una profonda estasi spirituale (samadhi). Un passo delle Scritture illustra bene questo processo:

darsana-dhyana-samsparsair
matsya-kurma-vihangamah
svany apatyani pusnanti
tathaham api padma-ja

“Il pesce alleva i propri piccoli guardandoli, la tartaruga meditando su di loro e l’uccello toccandoli. E anch’Io agisco in questo modo, o Padmaja.” Il pesce alleva i piccoli solo guardandoli e la tartaruga solo meditando su di loro. Essa depone le uova nella sabbia e torna nell’oceano, dove medita sulla sua prole. Così il devoto di Krishna ha il potere di raggiungere il regno di Dio, anche se è molto lontano, semplicemente meditando su Krishna e agendo in coscienza di Krishna. Poiché è sempre assorto nel Supremo le sofferenze materiali non lo toccano più. Questo livello è detto brahma-nirvana.


VERSI 27-28

sparsan kritva bahir bahyams
caksus caivantare bruvoh
pranapanau samau kritva
nasabhyantara-carinau

yatendriya-mano-buddhir
munir moksa-parayanah
vigateccha-bhaya-krodho
yah sada mukta eva sah


Chiudendosi agli oggetti esterni dei sensi, tenendo gli occhi e lo sguardo fisso tra le sopracciglia, sospendendo l’aria inspirata e l’aria espirata all’interno delle narici e controllando così la mente, i sensi e l’intelligenza, lo spiritualista che aspira alla liberazione si svincola dal desiderio, dalla paura e dalla collera. Chi rimane sempre in questa condizione è certamente liberato.


SPIEGAZIONE: Non appena si adotta la coscienza di Krishna si diventa consapevoli della propria identità spirituale; poi, con la pratica del servizio di devozione, si acquisisce la conoscenza sul Signore Supremo. Quando si è situati nel servizio di devozione, e la propria coscienza spirituale si è pienamente sviluppata, si percepisce la presenza del Signore in ogni azione. Questa è la liberazione che si raggiunge attraverso la realizzazione del Supremo.

Dopo aver spiegato ad Arjuna questo metodo, il Signore gli insegna come giungere alla liberazione con la pratica dell’astanga-yoga, che comporta otto fasi: yama, niyama, asana, pranayama, pratyahara, dharana,dhyana e samadhi. Questo yoga, di cui vi è solo un breve accenno, sarà descritto ampiamente nel sesto capitolo. Esso richiede l’esercizio del pratyahara, che consiste nel separare i sensi dai loro oggetti (sonori, tattili, visivi, gustativi e olfattivi) per poi fissare lo sguardo tra le sopracciglia e concentrarsi, con le palpebre semichiuse, sull’estremità del naso. È preferibile non chiudere completamente gli occhi, per evitare di essere sorpresi dal sonno, né lasciarli completamente aperti, se non si vuole correre il rischio di essere nuovamente attratti dagli oggetti dei sensi. La respirazione dev’essere limitata all’altezza delle narici con una tecnica che consiste nel neutralizzare, nel corpo, l’aria ascendente e quella discendente. Praticando questo yoga si possono controllare i sensi allontanandoli dai loro oggetti e prepararsi per raggiungere la liberazione nel Supremo. Questo yoga aiuta l’uomo a liberarsi dalla paura e dalla collera e a risvegliare la propria coscienza spirituale fino a percepire l’Anima Suprema.

Come si vedrà più ampiamente nel prossimo capitolo, la coscienza di Krishna è il metodo più semplice per raggiungere il fine dello yoga. Una persona cosciente di Krishna, essendo costantemente impegnata nel servizio di devozione, non rischia di vedere i propri sensi impegnarsi in altre attività. Questo metodo per controllare i sensi è dunque molto più pratico ed efficace dell’astana-yoga.


VERSO 29

bhoktaram yajna-tapasam
sarva-loka-mahesvaram
suhridam sarva-bhutanam
jnatva mam santim ricchati


Sapendo che Io sono il beneficiario supremo di tutti i sacrifici e di tutte le austerità, il Signore Supremo di tutti i pianeti e di tutti gli esseri celesti, l’amico e il benefattore di tutti gli esseri viventi, la persona pienamente cosciente di Me trova sollievo alle miserie materiali e ottiene la pace.


SPIEGAZIONE: Le anime condizionate, che sono prigioniere dell’energia illusoria, desiderano ardentemente la pace in questo mondo, ma ignorano le condizioni necessarie per ottenerla. La Bhagavad-gita rivela qui il segreto per ottenere la pace: riconoscere Krishna come il beneficiario di tutte le attività dell’uomo. L’uomo deve sacrificare ogni cosa al servizio trascendentale del Signore Supremo, perché il Signore è il proprietario di tutti i pianeti e dei loro esseri celesti. Nessuno eguaglia il Signore. Secondo l’autorità dei Veda (Svetasvatara Upanisad 6.7), Egli supera anche Brahma e Siva, i più grandi tra gli esseri celesti (tam isvaranam paramam mahesvaram). Nella morsa dell’illusione, gli esseri viventi cercano di dominare tutto ciò che li circonda, mentre in realtà sono completamente dominati dall’energia materiale del Signore. Il Signore regna sulla natura materiale e tutte le anime condizionate sono sottomesse alle rigide leggi di questa natura. Senza comprendere queste verità fondamentali non è possibile raggiungere la pace in questo mondo, né a livello individuale né a livello collettivo. La pace perfetta si ottiene solo diventando completamente coscienti di Krishna cioè realizzando che Krishna è il Signore Supremo e tutti gli esseri individuali, compresi i potenti esseri celesti, Gli sono subordinati.

Il quinto capitolo è una spiegazione pratica della coscienza di Krishna, a cui viene dato anche il nome di karma-yoga. Vi troviamo, tra l’altro, la risposta alle domande speculative dei jnani sulla possibilità di raggiungere la liberazione con la pratica del karma-yoga. Agire in coscienza di Krishna significa agire con piena conoscenza della supremazia del Signore. Tali azioni non sono differenti dalla conoscenza trascendentale. Infatti il jnana-yoga conduce al bhakti-yoga, che è la pura coscienza di Krishna.

Coscienza di Krishna significa agire in piena conoscenza della relazione che ci unisce al Supremo, e la perfezione di questa coscienza consiste nel conoscere pienamente Sri Krishna, Dio la Persona Suprema. L’anima pura, che è parte integrante e frammento di Dio, è la servitrice eterna del Signore, ma quando desidera dominare maya, cioè la natura materiale illusoria, ne viene a contatto e cade preda di continue sofferenze. E finché l’anima rimane a contatto con la materia deve agire in funzione dei suoi bisogni materiali. Tuttavia, anche nel cuore della materia possiamo risvegliare la nostra coscienza spirituale e ritrovare un’esistenza pura; è sufficiente praticare la coscienza di Krishna. Quanto più si avanza su questa via, tanto più ci si libera dalle reti della materia. Il Signore è imparziale con tutti. Tutto dipende dall’impegno nel compiere il proprio dovere nella coscienza di Krishna, sforzandosi di controllare i sensi e vincere l’influsso del desiderio e della collera. Il dominio delle passioni permette di sviluppare la coscienza di Krishna e di stabilirsi sul piano trascendentale, il brahma-nirvana. La coscienza di Krishna include già lo yoga in otto fasi, di cui essa raggiunge il fine. Ci si può elevare anche con la pratica di yama, niyama, asana, pranayama, pratyahara, dharana, dhyana e samadhi, ma queste otto tappe non sono che l’inizio della perfezione suprema, che si raggiunge con la pratica del servizio di devozione, l’unico in grado di dare la pace all’uomo. Il bhakti-yoga è la più alta perfezione dell’esistenza.

Terminano così gli insegnamenti di Bhaktivedanta sul quinto capitolo della Srimad Bhagavad-gita intitolato: “Karma-yoga, l’azione nella coscienza di Krishna.”


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