Bhagavad Gita 3.1-6

Bhagavad Gita 3.1-6


La Bhagavad Gita Così Com'è

Sua Divina Grazie

A.C Bhaktivedanta Swami Prabhupada

⚜CAPITOLO 3⚜

Karma Yoga

VERSO 1

arjuna uvaca
jyayasi cet karmanas te
mata buddhir janardana
tat kim karmani ghore mam
niyojayasi kesava


Arjuna disse: O Janardana, o Kesava, perché vuoi che m’impegni in questa orribile battaglia se consideri l’intelligenza superiore all’attività interessata?


SPIEGAZIONE: Sri Krishna, Dio, la Persona Suprema, ha ampiamente descritto nel capitolo precedente la natura dell’anima per liberare Arjuna, Suo intimo amico, dall’oceano di sofferenza che l’opprime e gli ha consigliato di seguire la via del buddhi-yoga, la coscienza di Krishna.

Alcuni, credendo erroneamente che coscienza di Krishna significhi “inazione”, talvolta si isolano in luoghi solitari per diventare coscienti di Krishna cantando i Suoi santi nomi. Se non si è educati nella filosofia della coscienza di Krishna non si consiglia di cantare il santo nome di Krishna in un luogo solitario, perché si otterrebbe tutt’al più la venerazione di un pubblico ingenuo. Anche Arjuna pensa che la coscienza di Krishna, il buddhi-yoga (la conquista della conoscenza spirituale mediante l’intelligenza), consista nel rinunciare a ogni attività e nel compiere austerità in un luogo solitario. In altre parole, egli cerca abilmente di evitare il combattimento adducendo come pretesto la coscienza di Krishna. Ma da discepolo sincero presenta la situazione a Krishna, il suo maestro, pregandoLo d’indicargli la via migliore. E in questo terzo capitolo il Signore risponde ad Arjuna con un’ampia spiegazione del karma-yoga, che è l’arte di agire nella coscienza di Krishna.


VERSO 2

vyamisreneva vakyena
buddhim mohayasiva me
tad ekam vada niscitya
yena sreyo ’ham apnuyam


La mia intelligenza è confusa dalle Tue istruzioni ambigue. Ti prego dimmi chiaramente quale via sarà più benefica per me.


SPIEGAZIONE: Come preludio alla Bhagavad-gita, il capitolo precedente ha presentato diversi metodi di realizzazione spirituale, come il sankhya-yoga, il buddhi-yoga, il controllo dei sensi con l’intelligenza e l’azione disinteressata, mettendo il neofita di fronte a questi differenti metodi. Ma il secondo capitolo non tratta questi argomenti in modo sistematico. Sono necessarie altre precisazioni per tracciare un piano d’azione e facilitare la comprensione di questi argomenti apparentemente contraddittori. Perciò Arjuna chiede a Krishna di spiegare ancora questi argomenti, affinché diventino perfettamente comprensibili anche all’uomo comune. Sebbene Krishna non avesse alcuna intenzione di confonderlo con giochi di parole, Arjuna non riesce a capire che cosa significhi essere coscienti di Krishna sia nell’azione che nell’inazione. Arjuna, dunque con le sue domande tenta di chiarire la via della coscienza di Krishna a tutti coloro che desiderano seriamente capire il mistero della Bhagavad-gita.


VERSO 3

sri-bhagavan uvaca
loke ’smin dvi-vidha nistha
pura prokta mayanagha
jnana-yogena sankhyanam
karma-yogena yoginam


Il Signore Supremo disse: O Arjuna senza peccato, come ho già detto, due sono le categorie di uomini che cercano di realizzare il sé. Alcuni sono inclini a raggiungere questo fine con la speculazione filosofica empirica, altri col servizio devozionale.


SPIEGAZIONE: Nel secondo capitolo, verso 39, il Signore ha indicato due vie, quella del sankhya-yoga e quella del karma-yoga, o buddhi-yoga. In questo verso il Signore spiega queste due vie in modo più chiaro. Il sankhya-yoga, ovvero lo studio analitico della materia e dello spirito, è il sentiero di coloro che amano la speculazione e cercano di comprendere le cose mediante la filosofia e la scienza sperimentale. Gli altri sono coloro che agiscono nella coscienza di Krishna, come spiega il verso 61 del secondo capitolo. Il Signore ha spiegato inoltre (B.g. 2.39) che agendo secondo i principi del buddhi-yoga (la coscienza di Krishna) ci si può liberare dalle catene dell’azione e ha precisato che questa via è libera da imperfezioni. Nello stesso capitolo (B.g. 2.61) si afferma che il buddhi-yoga consiste nel dipendere interamente dall’Essere Supremo, Krishna, e che applicando questo metodo diventa molto facile controllare i sensi. Di conseguenza queste due forme di yoga sono complementari, come la religione e la filosofia. Infatti, la religione senza filosofia è solo sentimentalismo, o a volte fanatismo, e la filosofia senza religione è solo speculazione mentale.

Il fine ultimo è Krishna, e i filosofi che cercano con sincerità la Verità Assoluta giungono immancabilmente alla coscienza di Krishna. Ciò è confermato anche nella Bhagavad-gita. Si tratta di comprendere la vera natura dell’anima individuale in relazione con l’Anima Suprema. La via indiretta è costituita dalla speculazione filosofica, con cui ci si può gradualmente elevare alla coscienza di Krishna; ma la via diretta consiste nel vedere tutto, fin dall’inizio, in relazione a Krishna. Delle due, la coscienza di Krishna è la via migliore perché non richiede nessun ripiego speculativo per purificare i sensi. Sublime e allo stesso tempo semplice, la coscienza di Krishna, via di devozione e d’amore, è purificatrice in se stessa.


VERSO 4

na karmanam anarambhan
naiskarmyam puruso ’snute
na ca sannyasanad eva
siddhim samadhigacchati


Non è soltanto astenendosi dall’agire che ci si può liberare dalle conseguenze dell’azione, né la rinuncia di per sé è sufficiente a raggiungere la perfezione.


SPIEGAZIONE: Una volta raggiunta la purificazione mediante il compimento dei doveri prescritti, che hanno lo scopo di lavare il cuore materialista da ogni impurità, si può accedere all’ordine di rinuncia. Colui che non si è gradualmente purificato non può raggiungere la perfezione dell’esistenza entrando bruscamente nella quarta fase della vita umana, il sannyasa. Secondo i filosofi empirici, sarebbe sufficiente prendere l’abito da sannyasi, cioè abbandonare ogni azione interessata, per diventare uguali a Narayana. Ma Krishna smentisce questa teoria. Il sannyasi che non ha purificato il proprio cuore non può essere che causa di disturbo per l’ordine sociale. Se invece c’impegniamo nel trascendentale servizio del Signore (il buddhi-yoga), ogni progresso su questa via sarà riconosciuto dal Signore anche se non adempiamo i nostri obblighi materiali. Salpam apy asya dharmasya trayate mahato bhayat: compiendo anche un piccolo servizio di devozione si possono superare grandi ostacoli. (B.g. 2.40)


VERSO 5

na hi kascit ksanam api
jatu tisthaty akarma-krit
karyate hy avasah karma
sarvah prakriti-jair gunaih


Tutti gli uomini sono inevitabilmente costretti ad agire secondo le tendenze acquisite sulla base delle influenze della natura materiale; per ciò nessuno può astenersi dall’agire, nemmeno per un istante.


SPIEGAZIONE: L’anima, per natura, è sempre attiva, e non solo quando si trova in un corpo. In assenza dell’anima spirituale, il corpo materiale non può muoversi. Il corpo è solo un veicolo inerte che trae dall’anima l’energia vitale. L’anima è sempre attiva e non può smettere di agire neppure per un momento. È meglio dunque che agisca nella coscienza di Krishna, perché anche se la rifiutasse dovrebbe pur sempre agire, ma questa volta sotto il dominio dell’energia illusoria. A contatto con l’energia materiale, l’anima spirituale subisce le tre influenze della natura materiale e per purificarsi dall’attaccamento alla materia deve compiere i doveri che gli sastra (le Scritture rivelate) prescrivono per gli esseri condizionati. Ma se l’anima è direttamente impegnata nella coscienza di Krishna, che è la sua funzione naturale, tutto ciò che compie le è di grande beneficio. Lo Srimad Bhagavatam lo conferma:

tyatva sva-dharmam caranambujam harer bhajann apakvo ’tha patet tato yadi
yatra kva vabhadram abhud amusya kim ko vartha apto ’bhajatam sva-dharmatah

“Chi adotta la coscienza di Krishna non perde niente e non deve temere nulla, anche se non compie i doveri prescritti negli sastra o se non esegue perfettamente il servizio di devozione, o anche se gli accade di trascurare i princìpi della coscienza di Krishna. A che serve invece seguire tutti i riti purificatòri raccomandati dagli sastra se non si è coscienti di Krishna?” (1.5.17) Occorre dunque purificarsi per diventare coscienti di Krishna. Perciò il sannyasa, come ogni altro metodo di purificazione, deve aiutare l’uomo a raggiungere il vero scopo dell’esistenza, cioè a diventare cosciente di Krishna; altrimenti la vita è un fallimento.


VERSO 6

karmendriyani samyamya
ya aste manasa smaran
indriyarthan vimudhatma
mithyacarah sa ucyate


Colui che reprime i sensi, ma ha la mente ancora legata agli oggetti dei sensi, certamente s’illude ed è considerato un simulatore.


SPIEGAZIONE: Molti fingono di meditare mentre in realtà pensano solo al piacere dei sensi. Tali simulatori rifiutano naturalmente d’impegnarsi nella coscienza di Krishna e possono anche cullarsi in aride speculazioni filosofiche per impressionare le menti contorte, ma secondo questo verso sono i peggiori imbroglioni. Se si desidera soltanto godere dei sensi, si può assumere il ruolo che ci piace all’interno dell’ordine sociale e agire di testa propria; ma se si vuole una graduale purificazione occorre seguire i princìpi regolatori del gruppo sociale a cui si appartiene. Chiunque finga di essere uno yogi, quando in realtà cerca il solo piacere dei sensi, dev’essere giudicato il peggiore imbroglione anche se riesce a parlare in termini filosofici. La sua conoscenza è inutile perché i frutti della conoscenza di un uomo così peccaminoso sono immediatamente portati via dall’energia illusoria del Signore. I pensieri di tale simulatore sono sempre impuri perciò la sua cosiddetta meditazione yoga non ha alcun valore.


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