Bhagavad Gita 1.28-30

Bhagavad Gita 1.28-30


La Bhagavad Gita Così Com'è

Sua Divina Grazie

A.C Bhaktivedanta Swami Prabhupada

⚜CAPITOLO 1⚜

Sul campo di battaglia di Kuruksetra


VERSO 28

arjuna uvaca
dristvemam sva-janam krishna
yuyutsum samupasthitam
sidanti mama gatrani
mukham ca parisusyati


Arjuna disse: Mio caro Krishna, vedendo parenti e amici schierati davanti a me in tale spirito bellicoso, sento le membra tremare e la bocca inaridirsi.


SPIEGAZIONE: Chiunque provi un’autentica devozione per il Signore possiede tutte le qualità delle persone sante e degli esseri celesti, mentre il non devoto è privo di queste qualità, qualunque siano le sue capacità materiali, la sua educazione e la sua cultura. Così, vedendo i parenti e gli amici sul campo di battaglia, Arjuna si sente invadere da una profonda compassione per tutti loro, così decisi a lottare gli uni contro gli altri. Fin dall’inizio egli è pieno di compassione verso i propri soldati, ma ora prova pietà anche per i soldati del campo nemico, dei quali prevede la morte imminente. A questo pensiero le sue membra cominciano a tremare e la sua bocca s’inaridisce; egli si stupisce del desiderio di combattere che hanno i suoi rivali, tutti del suo stesso sangue. Questa ostilità abbatte un devoto generoso come Arjuna, e sebbene qui non sia menzionato, è facile immaginare che non solo le sue membra tremino e la sua bocca si secchi, ma che egli pianga anche di pietà. Questi non sono sintomi di debolezza, ma della sensibilità d’animo che caratterizza il puro devoto del Signore. Infatti è detto:

yasyasti bhaktir bhagavaty akincana
sarvair gunais tatra samasate surah
harav abhaktasya kuto mahad-guna
mano-rathenasati dhavato Bahia

“Colui che ha una ferma devozione per il Signore possiede tutte le qualità degli esseri celesti. Invece, chi non è un devoto del Signore non ha che qualificazioni materiali, di poco valore, perché vaga sul piano mentale ed è preda del fascino dell’energia materiale.” (S.B. 5.18.12)


VERSO 29

vepathus ca sarire me
roma-harsas ca jayate
gandivam sramsate hastat
tvak caiva paridahyate


Tutto il mio corpo rabbrividisce, i miei capelli si rizzano, l’arco Gandiva mi scivola dalla mano e la mia pelle mi brucia.


SPIEGAZIONE: Il corpo prende a tremare e i peli si rizzano solo in due casi, cioè durante una grande estasi spirituale o a causa di un grosso spavento dovuto a qualche avvenimento materiale. Non esiste alcun motivo di paura una volta raggiunta la realizzazione spirituale. I sintomi che Arjuna manifesta sono dovuti dunque a una paura di carattere materiale, la paura di perdere la vita. E questo timore si manifesta anche in altri aspetti: per l’agitazione il suo famoso arco Gandiva gli scivola dalle mani e il cuore, infiammandosi, provoca in lui una sensazione di bruciore sulla pelle. Tutto questo è dovuto a una concezione materiale della vita.


VERSO 30

na ca saknomy avasthatum
bhramativa ca me manah
nimittani ca pasyami
viparitani kesava


O Krsna, uccisore del demone Kesi, non posso più a lungo restare qui. Non sono più padrone di me stesso e la mia mente vacilla. Prevedo solo eventi funesti.


SPIEGAZIONE: Arjuna è preso da una tale angoscia che non riesce più a restare sul campo di battaglia e lo sgomento gli fa perdere il controllo di sé. L’eccessivo attaccamento alle cose di questo mondo immerge l’uomo in una situazione confusa. Bhayam dvitiyabhinivesatah syat (S.B. 11.2.37): questa paura e questo squilibrio mentale vincono le persone che si lasciano troppo influenzare dalle condizioni materiali. Arjuna prevede solo avvenimenti funesti; pensa che neppure la vittoria sui nemici potrà renderlo felice. L’uso dell’espressione nimittani viparitani è significativo. L’uomo che vede tutte le sue aspettative frustrate si chiede: “Perché sono qui? Ognuno si interessa solo di se stesso e del proprio benessere. Nessuno è interessato all’Essere Supremo. Per volere di Krishna, Arjuna mostra qui di non conoscere il suo vero interesse. Il vero interesse individuale risiede in Visnu, ossia Krishna. L’anima condizionata dimentica questo principio, perciò subisce le sofferenze materiali. Arjuna è giunto ora a credere che la vittoria sarà per lui, soltanto fonte di lamenti.



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