Bhagavad Gita 16.19-24

Bhagavad Gita 16.19-24


La Bhagavad Gita Così Com'è

Sua Divina Grazie

A.C Bhaktivedanta Swami Prabhupada

⚜CAPITOLO 16⚜

Natura divina e natura demoniaca

VERSO 19

tan aham dvisatah kruran
samsaresu naradhaman
ksipamy ajasram asubhan
asurisv eva yonisu


Gli invidiosi e i malvagi, i più degradati tra gli uomini, Io li getto per sempre nell’oceano dell’esistenza materiale tra le varie specie di vita demoniaca.


SPIEGAZIONE: Questo verso indica chiaramente che la funzione di collocare un’anima individuale in un determinato corpo di materia è una prerogativa della Volontà Suprema. L’uomo demoniaco può anche non essere d’accordo nel riconoscere la supremazia del Signore Supremo e può agire secondo i suoi capricci, ma le condizioni della sua prossima vita saranno decise dal Signore Supremo e non da lui.

Il terzo Canto dello Srimad-Bhagavatam spiega che l’anima incarnata è posta, dopo la morte del corpo, nell’utero di una madre, dove si riveste di un particolare tipo di corpo sotto la direzione di una potenza superiore. Così nel cuore dell’esistenza materiale si evolvono innumerevoli forme di vita — bestie, insetti, uomini e altre ancora — tutte progettate da questa potenza superiore. Esse non sono evidentemente dovute al caso. È chiaro quindi da questo verso che gli esseri demoniaci saranno costretti perpetuamente a rinascere tra i demoni; continueranno così a conservare la loro natura invidiosa e rimarranno sempre i più degradati tra gli uomini. Sempre pieni di cupidigia e di odio, violenti e sempre sporchi, ci fanno ricordare le bestie della giungla.


VERSO 20

asurim yonim apanna
muddha janmani janmani
mam aprapyaiva kaunteya
tato yanty adhamam gatim


Rinascendo vita dopo vita nelle specie demoniache, o figlio di Kunti, tali persone non riescono mai ad avvicinarsi a Me. A poco a poco sprofondano in condizioni di esistenza sempre più abominevoli.


SPIEGAZIONE: Tutti sanno che Dio ha una misericordia infinita, ma questo verso afferma che Egli non la mostra mai alla gente demoniaca. È delineata qui la sorte di questi uomini: vita dopo vita, inesorabilmente, entreranno nel grembo di esseri altrettanto demoniaci. Privati così della misericordia del Signore, affondano sempre più e finiscono in corpi di cani, di gatti, di maiali e simili. È evidente che questi uomini demoniaci non hanno praticamente nessuna possibilità di ricevere, nel presente come nel futuro, la misericordia di Dio. Anche i Veda affermano che tali esseri si degradano a poco a poco fino a diventare cani e maiali. Forse qualcuno obietterà che Dio non dovrebbe essere considerato infinitamente misericordioso se rifiuta la Sua grazia agli esseri demoniaci. In risposta, il Vedanta-sutra c’informa che il Signore non prova odio per nessuno. L’atto di porre gli asura, o demoni nelle forme più basse di vita è in realtà un altro aspetto della Sua misericordia. Accade talvolta che gli asura vengano uccisi dal Signore, ma questo è un beneficio per loro, perché come insegnano i Testi vedici, chiunque sia ucciso dal Signore ottiene la liberazione. Nella storia ci sono numerosi esempi di asura, come Ravana, Kamsa, Hiranyaksipu, ai quali il Signore apparve, in una delle Sue diverse forme, al solo fine di annientarli: La misericordia di Dio, scende anche sugli asura, se hanno la fortuna di essere uccisi da Lui.


VERSO 21

tri-vidham narakasyedam
dvaram nasanam atmanah
kamah krodhas tatha lobhas
tasmad etat trayam tyajet


Sono tre le porte che conducono a questo inferno: la lussuria, la collera e l’avidità. Ogni uomo sano di mente dovrebbe allontanarsene perché esse portano alla degradazione dell’anima.


SPIEGAZIONE: Questo verso descrive le origini della vita demoniaca. L’uomo cerca di soddisfare la propria lussuria, e se non vi riesce è preso dalla collera e dall’avidità. Per questo motivo l’uomo sano, che non vuole cadere nelle specie demoniache, deve cercare di sbarazzarsi di questi tre nemici, capaci di “uccidere”, di soffocare l’anima, fino a toglierle ogni possibilità di liberarsi dalle reti dell’esistenza materiale.


VERSO 22

etair vimuktah kaunteya
tamo-dvarais tribhir narah
acaraty atmanah sreyas
tato yati param gatim


L’uomo che ha saputo evitare queste tre porte dell’inferno, o figlio di Kunti, si dedica ad attività che favoriscono la realizzazione spirituale e gradualmente raggiunge la destinazione suprema.


SPIEGAZIONE: Bisogna stare bene in guardia contro questi tre nemici della vita umana: la lussuria, la collera e l’avidità. Più l’uomo se ne libera e più la sua esistenza è purificata. Può allora seguire le regole e i princìpi delle Scritture vediche. Seguendo questi principi regolatori della vita umana, si eleva gradualmente al piano della realizzazione spirituale, e in seguito, se è abbastanza fortunato da arrivare alla coscienza di Krishna, avrà il successo assicurato.

I Testi vedici raccomandano la via dell’azione interessata attraverso cui l’uomo potrà giungere allo stadio di purificazione. L’essenziale è che si liberi dalla lussuria, dalla collera e dall’avidità. Con la conoscenza acquisita potrà in seguito elevarsi fino al più alto livello di realizzazione spirituale, che trova la perfezione nel servizio devozionale. Nel servizio di devozione l’anima condizionata è sicura di essere liberata. Perciò il sistema vedico rispetta l’istituzione del varnasrama, la divisione della società in quattro varna e asrama, che costituiscono rispettivamente le categorie di lavoro e le tappe della vita spirituale. In ciascuno di questi varna e asrama esistono princìpi e regole, e chi può osservarli si eleverà automaticamente al più alto livello di realizzazione spirituale e raggiungerà senza dubbio la liberazione.


VERSO 23

yah sastra-vidhim utsrijya
vartat kama-karatah
na sa siddhim avapnoti
na sukham na param gatim


Chi invece rifiuta le ingiunzioni delle Scritture per agire secondo proprio capriccio non raggiunge né la perfezione né la felicità, né la destinazione suprema.


SPIEGAZIONE: Come abbiamo già detto, le istruzioni degli sastra, o sastra-vidhi, sono particolari per ogni varna e asrama. Questi princìpi e regole degli sastra devono essere seguiti da tutti. Colui che non li osserva e agisce per capriccio, spinto dalla lussuria, dalla collera e dall’avidità, non arriverà mai alla perfezione in questa vita. In altre parole, si può avere una conoscenza teorica di questi princìpi, ma chi non li applica nella propria vita dev’essere considerato l’ultimo degli uomini. Una volta giunto alla forma umana, si suppone che l’essere diventi sano di mente e sia capace di seguire le norme che gli sono date per elevarsi alla posizione più alta; ma se trascura di osservarli si degraderà. Tuttavia, anche se osserva queste regole e questi princìpi morali ma non arriva a conoscere il Signore Supremo, tutta la conoscenza che avrà potuto acquisire sarà stata inutile. Deve perciò elevarsi gradualmente al livello della coscienza di Krishna, del servizio di devozione; solo là, infatti, gli sarà possibile raggiungere la perfezione più alta.

Le parole kama-karatah sono molto significative. C’insegnano che un uomo che infrange coscientemente le regole agisce spinto dalla lussuria. Sa bene che alcune azioni sono proibite, ma le fa ugualmente; e sa che altre azioni devono essere compiute, ma non le compie. Questo significa agire secondo il proprio capriccio. Tali uomini saranno condannati dal Signore Supremo, e non possono raggiungere la perfezione a cui è destinata la forma umana. La forma umana, infatti, deve servire a purificare l’esistenza, e chiunque rifiuti di osservarne le regole e i princìpi non può né purificarsi né trovare la vera felicità.


VERSO 24

tasmac chastram pramanam te karyakarya-vyavasthitau
jnatva sastra-vidhanoktam
karma kartum iharhasi


Dovresti dunque determinare ciò che è dovere e ciò che non lo è alla luce dei princìpi contenuti nelle Scritture. Conoscendo queste regole, dovresti agire in modo da poterti elevare gradualmente.


SPIEGAZIONE: Come insegnava il quindicesimo capitolo, l’unico scopo di tutte le regole e le austerità dei Veda è farci conoscere Krishna. Colui che alla luce della Bhagavad-gita comprende la natura di Krishna e si stabilisce nella coscienza di Krishna impegnandosi nel servizio devozionale, ha già raggiunto la più alta perfezione della conoscenza rivelata dalle Scritture vediche. Sri Caitanya Mahaprabhu, il Signore stesso, ha reso molto facile questo metodo: chiedeva a tutti semplicemente di cantare Hare Krishna, Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare / Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare, di servire il Signore con amore e devozione e gustare i resti del cibo offerto alle murti. Si deve vedere in colui che s’impegna in queste attività devozionali qualcuno che ha già studiato tutti i Testi vedici e ne è arrivato alla perfetta conclusione. Naturalmente l’uomo che non è situato nella coscienza di Krishna, nel servizio di devozione, deve imparare a distinguere, a partire dai precetti vedici, ciò che deve e non deve fare. Egli deve agire secondo queste norme senza metterle in discussione. Questo è ciò che significa osservare i princìpi degli sastra, delle Scritture. Gli sastra sono liberi dalle quattro imperfezioni proprie dell’anima condizionata: avere sensi imperfetti, essere soggetti all’illusione, commettere errori e avere la tendenza a ingannare gli altri. Queste quattro imperfezioni impediscono all’essere condizionato di formulare da sé regole o principi validi. Perciò le regole e i princìpi contenuti negli sastra, che trascendono queste imperfezioni, sono accettati così come sono da tutti i grandi santi, acarya e mahatma.

In India esistono numerose scuole di filosofia spirituale, che si dividono generalmente in due gruppi: impersonalista e personalista. Tuttavia, gli adepti di entrambe queste scuole regolano la loro vita secondo i princìpi dei Veda, altrimenti sarebbe impossibile elevarsi alla perfezione. Per questo motivo, colui che coglie veramente il significato degli sastra è considerato la persona più fortunata.

Il rifiuto dei princìpi che conducono a conoscere Dio, la Persona Suprema, costituisce, nella società umana, la causa di tutti i problemi. Proprio in questo rifiuto risiede la più grave offesa che l’essere umano possa commettere. Come conseguenza di questa offesa, maya, l’energia materiale del Signore Supremo, impone alle anime condizionate una delusione dopo l’altra, sotto forma dei tre tipi di sofferenza. Questa energia materiale si compone delle tre influenze della natura materiale. Chi vuole iniziare il cammino verso la conoscenza del Signore Supremo deve elevarsi almeno fino alla virtù, altrimenti rimarrà nella passione e nell’ignoranza, le due influenze che si trovano alla base dell’esistenza demoniaca. Gli uomini dominati dalla passione e dall’ignoranza deridono le Scritture, deridono i sadhu, gli uomini santi, deridono perfino l’atteggiamento necessario a comprendere il Signore Supremo. Trascurano gli insegnamenti del maestro spirituale e ignorano le regole degli sastra. Anche se sentono parlare delle glorie del servizio di devozione, non ne sono attratti. Preferiscono seguire la “via di elevazione” che essi stessi hanno elaborato. Questi sono dunque alcuni dei difetti della società umana, che conducono gli uomini a un’esistenza demoniaca. Ma chi è in grado di accettare la guida di un maestro spirituale autentico, capace di condurlo al sentiero dell’elevazione, al livello superiore, vedrà la sua vita coronarsi di successo.

Terminano così gli insegnamenti di Bhaktivedanta sul sedicesimo capitolo della Srimad Bhagavad-gita intitolato: “Natura divina e natura demoniaca.”


Report Page