Bhagavad Gita 13.4-7

Bhagavad Gita 13.4-7


La Bhagavad Gita Così Com'è

Sua Divina Grazie

A.C Bhaktivedanta Swami Prabhupada

⚜CAPITOLO 13⚜

La natura, il beneficiario e la coscienza

VERSO 4

tat ksetram yac ca yadrik ca
yad-vikari yatas ca yat
sa ca yo yat-prabhavas ca
tat samasena me srinu


Ascolta ora mentre ti descrivo brevemente il campo d’azione, ciò che lo costituisce, le sue trasformazioni, la sua origine, il conoscitore di questo campo e le sue influenze.


SPIEGAZIONE: Il Signore descriverà ora la natura del campo d’azione e del conoscitore di questo campo. Bisogna sapere com’è composto il corpo, quali sono gli elementi che lo costituiscono e le trasformazioni che subisce, e infine le sue cause, la sua ragion d’essere, colui che lo dirige, la forma originale dell’anima individuale e il fine che essa persegue. È necessario anche sapere distinguere l’Anima Suprema dall’anima individuale, e conoscere il loro potere e le loro possibilità. Per acquisire questa conoscenza basta capire l’insegnamento della Bhagavad-gita così com’è stato dato dal Signore in Persona. Ma stiamo attenti a non confondere Dio, la Persona Suprema, presente in ogni corpo, in ogni jiva o anima individuale, con questo jiva stesso; sarebbe come mettere sullo stesso piano il potente e l’impotente.


VERSO 5

risbhir bahudha gitam
chandobhir vividhaih prithak
brahma-sutra-padais caiva
hetumadbhir viniscitaih


Questa conoscenza — del campo d’azione e del suo conoscitore — è stata esposta dai saggi in vari scritti vedici, in particolare nel Vedanta-sutra, dove cause ed effetti sono presentati con piena logica.


SPIEGAZIONE: Krishna, Dio, la Persona Suprema, è il più alto maestro in questa scienza, eppure Si avvale di Testi riconosciuti, come il Vedanta, per spiegare il punto controverso sulla dualità e non dualità dell’anima individuale e dell’Anima Suprema. Questo naturalmente, perché anche i grandi saggi ed eruditi basano le loro asserzioni su dichiarazioni autorevoli. Krishna parla dunque in accordo con i grandi saggi, tra i quali Vyasadeva, l’autore del Vedanta-sutra, che tratta perfettamente della dualità, e suo padre, Parasara, che scrisse nei suoi trattati religiosi: aham tvam ca tathanye... “Noi tutti — voi, io e gli altri esseri— sebbene prigionieri di corpi materiali, siamo completamente spirituali, al di là della materia. Ora siamo caduti sotto il dominio delle tre influenze della natura materiale, ognuno secondo il proprio karma; così, alcuni vengono elevati e altri degradati. Ma tutte le condizioni in cui si manifesta la varietà infinita delle specie viventi sono dovute solo all’ignoranza. Invece, l’anima Suprema, infallibile, rimane trascendentale e non contaminata dalle tre influenze della natura.” Anche i Veda originali, specialmente la Katha Upanisad, stabiliscono una distinzione tra l’anima, l’Anima Suprema e il corpo. Sono molti i saggi che hanno spiegato questo argomento, e tra questi Parasara è considerato il principale.

Il termine chandobhih si riferisce alle varie letterature vediche. La Taittiria Upanisad, per esempio, che è un ramo dello Yajur Veda, descrive la natura, l’essere vivente e Dio, la Persona Suprema. Come affermato precedentemente, Ksetra è il campo d’azione e due sono gli ksetra-jna: l’essere individuale e l’Essere Supremo.

La Taittiria Upanisad (2.9) afferma: brahma puccham pratista. Alle diverse manifestazioni dell’energia del Signore corrispondono differenti gradi di realizzazione dell’Assoluto. Al primo stadio, in cui si dipende esclusivamente dal proprio nutrimento, diventato il centro dell’esistenza, si trova una concezione materialistica dell’esistenza, detta anna-maya. A questa realizzazione ne segue una seconda, prana-maya, in cui si percepisce la Verità Suprema e Assoluta attraverso i sintomi e le forme di vita. La terza, jnana-maya, è quella realizzazione in cui, al livello della coscienza, sintomo della vita, si sviluppano le funzioni di pensare, sentire e volere; la quarta, vijnana-maya, corrisponde alla realizzazione del Brahman, in cui la mente e i sintomi della vita sono percepiti come distinti dall’essere stesso. Infine, l’ananda-maya è la realizzazione dell’aspetto di felicità che è la natura dell’Assoluto. Questi sono i cinque gradi di realizzazione del Brahman Supremo, o brahma puccham. I primi tre — anna-maya, prana-maya e jnana-maya — sono inerenti ai campi d’azione degli esseri individuali, ma al di là di tutti questi campi si trova il Signore Supremo, detto ananda-maya, che il Vedanta-sutra descrive anche come ananda-mayo’bhyasat. Dio, la Persona Suprema, è per natura pieno di felicità, e per gustare questa felicità trascendentale Egli Si manifesta in vijnana-maya, jnana-maya, prana-maya e anna-maya. L’essere individuale è considerato il beneficiario del campo d’azione materiale, colui che ne gode, ma distinto da lui è ananda-maya. Se l’essere individuale, nel suo desiderio di godimento, si unisce all’ananda-maya, raggiunge allora la perfezione. Così sono state descritte con precisione la posizione del Signore Supremo (il conoscitore supremo del campo), quella dell’essere individuale (il conoscitore subordinato) e la natura del campo d’azione. Si deve ricercare questa verità nel Vedanta-sutra, o Brahma-sutra.

È indicato qui che i codici del Brahma-sutra sono ben presentati secondo la causa e l’effetto. Alcuni dei sutra, o aforismi, sono na viyad asruteh (2.3.2), natma sruteh (2.3.18) e parat tu tac-chruteh (2.3.40). Il primo aforisma indica il campo d’azione, il secondo indica l’essere vivente e il terzo indica il Signore Supremo, il summum bonum di tutte le entità manifestate.


VERSI 6-7

maha-bhutany ahankaro
buddhir avyaktam eva ca
indriyani dasaikam ca
panca cendria-gocarah

iccha dvesah sukham duhkham
sanghatas cetana dhritih
etat ksetram samasena
sa-vikaram udahritam


I cinque grandi elementi, il falso ego, l’intelligenza, il non manifestato, i dieci sensi e la mente, i cinque oggetti dei sensi, il desiderio, l’avversione, la gioia e il dolore, l’aggregato, i sintomi della vita e le convinzioni — tutto ciò è considerato, in sintesi, il campo d’azione con le sue interazioni.


SPIEGAZIONE: Secondo i grandi saggi, gli inni vedici e gli aforismi del Vedanta-sutra, gli elementi che costituiscono questo universo sono la terra, l’acqua, il fuoco, l’aria e l’etere, detti anche i cinque grandi elementi (maha-bhuta). Poi il falso ego, l’intelligenza e le tre influenze della natura allo stato non manifestato. Quindi gli organi dei sensi: cinque di percezione, con i quali acquisiamo la conoscenza, cioè gli occhi, gli orecchi, il naso, la lingua e la pelle e cinque d’azione, cioè la bocca, le gambe, le braccia, l’ano e gli organi genitali. Al di là dei sensi si trova la mente, detta anche senso interno, o undicesimo senso. Ci sono infine i cinque tipi di oggetti dei sensi: gli oggetti olfattivi, gustativi, visivi, tattili e sonori. L’insieme di questi ventiquattro elementi costituisce ciò che si chiama il campo d’azione, che può essere compreso con uno studio approfondito di questi elementi.

A questi elementi si aggiungono il desiderio e l’avversione, il piacere e la sofferenza, che sono le manifestazioni dei cinque grandi elementi del corpo grossolano e i prodotti della loro interazione. I sintomi della vita, invece, che sono la coscienza e la convinzione, sono le manifestazioni del corpo sottile, che si compone degli elementi sottili, cioè la mente, l’intelligenza e il falso ego, e che sono anch’essi inclusi nel campo d’azione. I cinque grandi elementi (maha-bhuta) sono una rappresentazione grossolana del falso ego, che a sua volta rappresenta lo stadio primario di falso ego, tecnicamente definito concezione materiale, ossia tamasa-buddhi, intelligenza in ignoranza. Questa rappresenta ulteriormente lo stadio non manifestato delle tre influenze della natura materiale. Le influenze non manifestate della natura materiale sono chiamate pradhana.

Per conoscere nei particolari questi ventiquattro elementi e le loro interazioni, di cui la Bhagavad-gita dà qui un semplice accenno, occorre approfondire questa filosofia.

Il corpo, che è la manifestazione di tutti questi elementi riuniti, attraversa sei fasi: nasce, cresce, si mantiene per un certo tempo, si riproduce, deperisce e infine muore. Di conseguenza, lo ksetra, il campo, è materiale e temporaneo, a differenza dello ksetra-jna, il conoscitore e il possessore del campo.


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