Bhagavad Gita 10.15-18

Bhagavad Gita 10.15-18


La Bhagavad Gita Così Com'è

Sua Divina Grazie

A.C Bhaktivedanta Swami Prabhupada

⚜CAPITOLO 10⚜

L’opulenza dell’Assoluto

VERSO 15

svayam evatmanatmanam
vettha tvam purusottama
bhuta-bhavana bhutesa
deva-deva jagat-pate


In realtà solo in virtù della Tua potenza interna, conosci Te stesso, o Persona Suprema, origine di ogni cosa, Signore di tutti gli esseri, Dio degli dèi e padrone dell’universo!


SPIEGAZIONE: Possono conoscere il Signore Supremo soltanto coloro che, come Arjuna e i suoi successori, si uniscono a Lui col servizio di devozione. Gli altri, che hanno una mentalità demoniaca e atea, non possono conoscerLo. Allontanarsi o allontanare gli altri da Krishna con speculazioni arbitrarie è senza dubbio uno dei peccati più gravi, perciò chi non conosce Krishna deve astenersi dal commentare la Bhagavad-gita. Questo Testo contiene le parole di Krishna, racchiude la scienza di Krishna; occorre dunque capirlo come l’ha capito Arjuna, così come fu enunciato da Krishna, e mai prestare ascolto alle interpretazioni che ne danno gli atei.

Lo Srimad Bhagavatam (1.2.11) afferma:

vadanti tat tattva-vidas
tattvan yaj jnanam advayam
brahmeti paramatmeti
bhagavan iti sabdyate

La Verità Assoluta Si presenta sotto tre aspetti: il Brahman impersonale, il Paramatma situato nel cuore di ogni essere, e infine Bhagavan, Dio, la Persona Suprema. Realizzare Dio, la Persona Suprema, costituisce dunque la più completa presa di coscienza della Verità Assoluta. Un uomo liberato, o anche un uomo comune, può realizzare il Brahman impersonale o il Paramatma, l’aspetto “localizzato” della Verita Assoluta, ma ciò non significa che può capire la Persona di Dio così come questa Persona stessa, Krishna, la descrive nei versi della Bhagavad-gita. Capita talvolta che gli impersonalisti accettino Krishna come Bhagavan o che riconoscano la Sua autorità in campo spirituale, ma molte persone, anche tra quelle già liberate, non possono comprendere che Krishna è la Persona Suprema, il padre di tutti gli esseri. Per sottolineare questo fatto Arjuna Lo chiama col nome Purusottama. In seguito si rivolge a Lui chiamandolo Bhuta-bhavana, nel caso qualcuno non capisse che Krishna è il padre di tutti gli esseri; poi Lo chiama Bhutesa, controllore di tutti gli esseri, nel caso in cui coloro che vedono Krishna come il padre di tutti gli esseri non Lo accettino come controllore supremo. Lo chiama poi Devadeva, Colui che è adorato anche dai deva (esseri celesti), e usa questo nome per coloro che pur sapendo che Krishna è il controllore supremo, ignorano che è anche all’origine di tutti i deva. Infine, per evitare che coloro che Lo accettano come origine dei deva non neghino la Sua qualità di proprietario supremo, Gli dà il nome di Jagatpati. Arjuna, con la sua realizzazione di Krishna, stabilisce qui la verità sulla natura del Signore, e chi vuole conoscere Krishna così com’è deve seguire fedelmente le orme di Arjuna.


VERSO 16

vaktum arhasy asesena
divya hy atma-vibhutayah
yabhir vibhutibhir lokan
imams tvam vyapya tistasi


Per favore, descrivimi nei particolari la Tua potenza divina con la quale pervadi tutti questi mondi.


SPIEGAZONE: Questo verso lascia intendere che Arjuna è ora completamente soddisfatto della sua conoscenza sul Signore Supremo. Per la grazia di Krishna possiede l’esperienza, l’intelligenza, la conoscenza e gusta i benefici che ne derivano, inoltre ha realizzato la divinità suprema di Krishna. Non ha più il minimo dubbio, ma rivolge ancora a Krishna queste domande sulla Sua natura onnipresente solo perché in futuro gli uomini, e specialmente gli impersonalisti, comprendano che Egli è presente in tutte le cose attraverso le Sue differenti energie. Arjuna presenta dunque questa richiesta per il bene di tutti gli uomini e non per il proprio.


VERSO 17

katham vidyam aham yogims
tvam sada paricintayan
kesu kesu ca bhavesu
cintyo ‘si bhagavan maya


O Krishna, supremo tra i mistici, come devo meditare su di Te, e come posso conoscerti? In quale varietà di forme puoi essere ricordato, o Supremo Signore?


SPIEGAZIONE: Come spiegava il capitolo precedente, Dio, la Persona Suprema, è coperto dalla Sua energia yoga-maya. Soltanto i Suoi devoti, anime sottomesse, possono vederLo. Arjuna è convinto ormai che il suo amico intimo, Krishna, è il Signore Supremo, ma ora desidera che Egli esponga il metodo che aiuterà l’uomo comune a conoscerLo. Infatti, agli sguardi dei profani, inclusi gli uomini demoniaci e gli atei, Krishna è nascosto, “protetto” dalla Sua energia yoga-maya, che impedisce loro di conoscerLo. Ed è per il loro beneficio, e non per il proprio, che Arjuna pone queste domande. Il devoto avanzato, infatti, non si preoccupa solo della propria comprensione, ma di quella dell’umanità intera. Poiché Arjuna è un vaisnava, un devoto di Krishna, per compassione apre la via che permetterà a tutti gli uomini di comprendere l’onnipresenza del Signore Supremo. Egli chiama Krishna yogin, per sottolineare che Krishna è il maestro dell’energia yoga-maya, che, secondo la Sua volontà, Lo nasconde e Lo svela all’uomo comune.

L’uomo ordinario, privo di amore per Krishna, non può pensare a Lui costantemente, perciò continua ad avere pensieri materiali. Arjuna sta considerando il modo di pensare dei materialisti di questo mondo. L’espressione kesu kesu ca bhavesu si riferisce alla natura materiale (il termine bhava sta a significare “ciò che è fisico”). Poiché un materialista non può comprendere Krishna dal punto di vista spirituale, dovrà prima concentrare la mente sulle manifestazioni fisiche per cercare di vedere come Krishna Si manifesta in esse, come esse Lo rappresentano.


VERSO 18

vistarenatmano yogam
vibhutim ca janardana
bhuyah kathaya triptir hi
srinvato nasti me ‘mritam


O Janardana, Ti prego, descrivimi ancora nei particolari la potenza delle Tue glorie. Non sono mai sazio di sentir parlare di Te perché quanto più ascolto tanto più desidero gustare il nettare delle Tue parole.


SPIEGAZIONE: I risi di Naimisaranya, con Saunaka a capo, rivolsero parole simili a Suta Gosvami:

vayam tu na vitripyama
uttama-sloka-vikrame
yac chrinvatam rasa-jnanam
svadu svadu pade pade

“Non si può mai essere sazi di ascoltare i divertimenti trascendentali del Signore Supremo, che è glorificato con preghiere e inni. Coloro che hanno ritrovato la loro sublime relazione con Krishna godono ad ogni istante del racconto dei divertimenti del Signore." (Srimad Bhagavatam 1.1.19) Arjuna desidera dunque sentir parlare di Krishna, e in particolare del modo in cui Egli Si manifesta come il Signore onnipresente.

Arjuna usa la parola amritam, “nettare”, perché ogni parola che descrive Krishna ha il sapore del nettare, un nettare che l’esperienza ci farà gustare. Una delle caratteristiche che distingue gli attuali trattati di storia, i romanzi, i racconti e le novelle dai Testi in cui sono descritti i divertimenti trascendentali del Signore, è che dei primi ci si stanca presto, mentre non ci si stanca mai di ascoltare le lodi di Krishna. E gli Scritti vedici, i Purana specialmente, che tracciano la storia dell’universo nel corso delle sue ere, sono pieni di racconti che riguardano i divertimenti del Signore Supremo nelle numerose forme in cui apparve, perciò conservano sempre la loro freschezza, anche dopo essere stati letti e riletti tante volte.


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