Anarchia

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La "A cerchiata", uno dei simboli anarchici, molto diffuso dopo la metà del XX secolo, rappresenta la frase "Anarchy is Order" (Anarchia è Ordine)

(FR)« L'anarchie, c'est l'ordre sans le pouvoir »

(IT)« L'anarchia, è l'ordine senza il potere »

(Pierre-Joseph Proudhon, Le confessioni di un rivoluzionario, per servire la storia della Rivoluzione di Febbraio[1])L'anarchia (dal greco antico: ἀναρχία, ἀν, assenza + ἀρχή, governo o principio) è la tipologia d'organizzazione societaria agognata dall'anarchismo, basata sull'ideale libertario di un ordine fondato sull'autonomia e la libertà degli individui, contrapposto ad ogni forma di potere costituito, compreso quello statale[2].

Nella sua accezione contemporanea, essa nasce terminologicamente con gli scritti del filosofo politico, economista e sociologo francese Pierre-Joseph Proudhon nella prima metà del XIX secolo, affondando idealmente in concetti propri del pensiero di autori quali l'umanista e politico Thomas More (Utopia), gli illuministi (Condillac[3], il Marchese de Sade[4], in parte Rousseau[5] e Diderot[6]) e lo scrittore e filosofo William Godwin. Contributori allo sviluppo del pensiero anarchico, quasi contemporanei a Proudhon, furono l'inventore, musicista e scrittore statunitense Josiah Warren, il rivoluzionario e filosofo Michail Bakunin, lo scrittore Lev Tolstoj e, limitatamente ad alcuni sviluppi sopravvenuti nel secolo successivo, il filosofo individualista tedesco Max Stirner ed il pedagogista spagnolo Francisco Ferrer y Guardia.

Le interpretazioni che gli storici, i politici, e gli stessi anarchici danno dell'anarchia sono varie e ramificate. Nel corso della storia, con anarchia, infatti, non si individua un'univoca forma politica da raggiungere, e soprattutto non si concordano necessariamente i mezzi politici da utilizzare, spaziando dalla nonviolenza al pacifismo e all'insurrezionalismo rivoluzionario. Tutto lo spettro anarchico ha tuttavia come nucleo ideologico centrale un elemento comune: la necessità dell'annullamento dello Stato, o in ogni caso delle più incombenti forme di potere costituito. Tutti gli anarchici sono cioè concordi nel considerare l'abolizione del potere condizione necessaria e obiettivo finale dell'evoluzione sociale. L'annullamento del potere dello Stato non implica l'annullamento dell'organizzazione sociale, bensì l'evoluzione verso una società non gerarchica, in cui spesso viene sostenuta anche l'abolizione della proprietà privata.

Le suddette interpretazioni implicano, almeno dal punto di vista fattuale, una gamma di movimenti e linee di pensiero che spaziano dall'Anarco-pacifismo e l'Anarchismo cristiano di Lev Tolstoj, all'Anarco-comunismo di Pëtr Alekseevič Kropotkin, all'insurrezionalismo di Errico Malatesta, ai movimenti anarchici contemporanei d'ogni genere, a volte slegati dalle teorie fondamentali e dal loro sviluppo storico.

Il termine Anarchia era ed è a volte impropriamente utilizzato per descrivere il caos nel primigenio significato mitologico e situazioni di disordine sociale quindi di illegalità, spesso mutuando significati propri del caos inteso nel senso fisico di disordine entropico. Per evitare questa confusione tra termine politico e gergale, e per sfuggire a censure, venne utilizzato contemporaneamente, precisamente dal 1857, il termine libertario, coniato da Joseph Déjacque, scrittore anarchico, e subito utilizzato largamente in Francia aggirando la censura statale. Acrazia infine è analogo termine, di uso francofono, meno diffuso in lingua italiana. Anarchia, libertarismo, acrazia diventano quindi sinonimi a partire dalla seconda metà del XIX secolo, con sfumature relative al contesto ed alle epoche. Con Anarchia si intende la prospettiva politica ed il progetto sociale, mentre con Anarchismo, in modo più stringente si intende la teoria in sé ed il ramificato movimento concreto di lotta, in gran parte continuazione ideale dell'opera della Rivoluzione francese, epurata dai relativi errori, descritti da Godwin nel saggio Giustizia politica.


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