American Gods

American Gods

Neil Gaiman

Si avvicinarono a Shadow.
Sei tu il prescelto?
chiese la più grande.
Colui che piangerà il Padre Universale?
chiese quella di altezza media.
Hai deciso di fare la veglia?
chiese la più piccola.
Shadow annuì. In seguito non sarebbe riuscito a ricordare se aveva davvero sentito la voce delle tre donne. Forse aveva semplicemente capito cosa gli stavano chiedendo dall’espressione, dagli sguardi.

Il signor Nancy, che era entrato nella fattoria per usare il bagno, tornò verso l’albero. Stava fumando uno dei suoi sigaretti. Aveva un’aria pensierosa. «Shadow, non sei obbligato. Possiamo trovare qualcuno di più adatto.»
«La faccio io» si limitò a rispondere Shadow.
«E se tu morissi?» chiese il signor Nancy. «Se la veglia ti ammazzasse?»
«Allora mi avrà ammazzato.»

Il signor Nancy gettò il sigaretto nell’erba, arrabbiato. «Ti avevo detto che hai la segatura al posto del cervello, e te lo ripeto adesso. Non capisci che sto cercando di offrirti una via d’uscita?»
«Mi dispiace» disse Shadow, e non aggiunse altro. Nancy se ne tornò verso il pulmino.
Toccò a Chernobog avvicinarsi. Non aveva un’aria contenta. «Devi uscire vivo di qui. Fallo per me.» Poi gli picchiò delicatamente con le nocche sulla fronte dicendo: «
Pum!

». Gli diede una stretta a una spalla, gli batté una pacca su un braccio e andò a raggiungere il signor Nancy.
La donna grande, che sembrava rispondere al nome di Urtha o Urdar — Shadow non riusciva a pronunciarlo in modo per lei soddisfacente — gli spiegò a gesti che si doveva spogliare.
«Completamente?»

La donna grande scrollò le spalle. Shadow rimase in mutande e maglietta. Insieme le tre sorelle appoggiarono le scale all’albero. Gli indicarono una delle tre scale, dipinta a mano con fiori e foglie attorcigliati intorno ai due montanti.
Shadow salì i nove pioli e sollecitato dalle donne sedette su un ramo basso.

La donna media rovesciò sull’erba il contenuto del sacco: un groviglio di corde sottili e scure perché vecchie e sporche, e cominciò a separarle in base alla lunghezza, disponendole con cura accanto al corpo di Wednesday.

Adesso salirono sulle scale e cominciarono a far passare le corde, fermandole con nodi intricati ed eleganti, prima all’albero e poi intorno a Shadow. Senza alcun imbarazzo, come levatrici o infermiere o quelle pie donne che si prendono cura dei cadaveri, gli sfilarono maglietta e mutande, lo legarono, non troppo stretto, ma in modo sicuro e definitivo. Shadow si stupì di come le funi e i nodi sostenessero perfettamente il suo peso. Gli passavano sotto le braccia, tra le gambe, intorno alla vita, alle caviglie, al petto, fissandolo saldamente all’albero.

L’ultima corda venne passata, non stretta, intorno al collo. All’inizio si sentì scomodo, ma siccome il peso era ben distribuito, nessuna fune gli tagliava la carne.
Era sospeso con i piedi a un metro e mezzo da terra. L’albero, spoglio ed enorme, tendeva i suoi rami verso il cielo grigio, e la corteccia era levigata, argentea.

Le donne allontanarono le scale. Ci fu un momento di panico quando tutto il peso si appoggiò alle corde e il corpo si abbassò di qualche centimetro. Tuttavia Shadow non fiatò.
Le donne adagiarono il corpo di Wednesday avvolto nel lenzuolo del motel proprio ai piedi dell’albero e ve lo lasciarono.
Lo lasciarono lì solo.


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