Solo la Lega poteva salvare l'Italia (forse)

Solo la Lega poteva salvare l'Italia (forse)

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Paolo Becchi

Paolo Becchi: "Solo la Lega può salvare l'Italia"

Il docente di filosofia del diritto, un tempo ideologo dei Cinque Stelle, scrive che "Salvini può giocare sulla sua coerenza e criticare il M5S sui temi dell’euro, dell’Ue e della politica sull’immigrazione, mostrando tutte le ambiguità dei grillini"

Redazione, 16 marzo 2017


Paolo Becchi, docente di filosofia del diritto all’università di Genova, un tempo ritenuto ideologo dei Cinque Stelle, spiega in un articolo su Libero che “solo la Lega ha le carte pulite per provare a salvare l’Italia”. La riflessione parte dalla fine della Prima Repubblica e transita per il “colpo di Stato architettato da Napolitano nel 2011”, arrivando a “Renzi leader ormai finito” e alle prospettive di un governo pentastellato: “Considerata la sua incapacità di governare - come Roma docet - il M5S si affiderà a tecnici che faranno in buona sostanza quello che l’Ue dirà loro di fare. Per questo occorre ripartire da una Lega Nazionale”. 


“Non sottovalutiamo il discorso fatto a Napoli da Salvini, il primo non a braccio. Un discorso passato sotto silenzio dai principali quotidiani italiani – scrive Becchi sul quotidiano diretto da Vittorio Feltri – Salvini ha un anno di tempo per radicarsi al Sud, cercando in loco persone pulite e non riciclate e partendo proprio da Regioni in cui il M5S sta perdendo consensi. A partire dalla Sicilia e dalla Sardegna, ma senza trascurare la Calabria (si ricordi Cosenza, dove il M5S è passato dal 25,5% delle nazionali del 2013 al 4,22% delle comunali 2016). E non dimentichiamo, in Liguria, Genova. Qui può sfruttare il grande malcontento della base grillina che ha persino votato in rete contro il candidato prescelto dai vertici pentastellati. Un sindaco “verde” a Genova, da sempre “rossa”, sarebbe un primo segnale di cambiamento”.


Becchi mette in luce la forza programmatica di Salvini, al cospetto di un M5S incapace di strutturare una proposta coerente su temi fondamentali: “Sinora Salvini può giocare sulla sua coerenza e criticare il M5S sui temi dell’euro, dell’Ue e della politica sull’immigrazione, mostrando tutte le ambiguità delle posizioni del Movimento e la sua mancanza di una chiara e netta linea politica”.


E ancora, sulle alleanze: “Certamente Salvini dovrà anche tentare di aprire ad altre forze, in primis Forza Italia, ma ciò sulla base di un accordo programmatico che ponga al primo posto l’uscita dell’Italia dall’euro. La politica non si fa solo con i numeri, ma anzitutto con le visioni e i programmi politici. E oggi lo spirito del tempo è lo spirito delle nazioni che soffia di nuovo forte in Europa. Questo non esclude la nascita di un’alleanza sovranista. Tutt’altro, questa sì che sarebbe la vera sorpresa delle prossime elezioni politiche. Oggi, in fondo, chi vota M5S lo fa solo perché non ha alcuna alternativa - o non va a votare o vota Grillo -, ma ci sarebbe tempo per costruirla. Ma è un’alternativa credibile risuscitare semplicemente il vecchio centro-destra? «Le rughe han troppi secoli oramai... truccarle non si può più»”.

(Fonte: http://www.ilpopulista.it/news/16-Marzo-2017/11924/paolo-becchi-solo-la-lega-puo-salvare-l-italia.html)


Quello che gli euromani non vogliono capire: uscire dall’euro non significa solo svalutare…

di Paolo Becchi e Antonio M. Rinaldi, 24 aprile 2017


Luigi Zingales in questi giorni ha “aperto” un dibattito sulle pagine de Il Sole 24 Ore sulla questione “EURO SI, EURO NO” e la notizia ha attirato l’attenzione non per altro per la posizione oltranzista del giornale economico della Confindustria nell’aver sempre sostenuto “a prescindere” la moneta comune.


Per la verità per chi segue Libero, per chi naviga su internet e per chi legge libri il dibattito è aperto da tempo, e ad altri spetta il merito. Ma ammettiamo pure la buona volontà del professore italiano di Chicago. È del tutto evidente dalla lettura del suo articolo l’intenzione più che di aprire il dibattito di spostarlo su falsi problemi come il presagire i più immani disagi a danno dei risparmiatori italiani, una inflazione alla Repubblica di Weimar, isolazionismi nel contesto internazionale e pericolosissime derive populiste e nazionaliste.


Non ha molto senso rispondere ora per filo e per segno a questo, ormai il dibattito sull’euro è molto più avanti. Preferiamo fare un passo indietro e ricordare alcuni aspetti che Zingales dimentica o che volutamente ignora.


Con l’adesione all’euro tutti i paesi partecipanti, ad iniziare proprio dal nostro, hanno in virtù dei trattati e dei regolamenti europei modificato radicalmente il proprio modello economico di riferimento, avendo adottato “tout court” quello congeniale ai tedeschi, cioè la stabilità dei prezzi (contenimento massimo dell’inflazione) e il rigore dei conti pubblici fino al perseguimento del principio del pareggio di bilancio, in antitesi a quello precedentemente adottato, che invece poneva come obiettivo la piena occupazione.


La nostra Carta Costituzionale come cardine imprescindibile poneva e pone il principio esattamente opposto a quello proposto/imposto dalla UE, cioè quello della piena occupazione: è questo il modello economico alternativo a quello tedesco che nel bene e nel male aveva fatto dell’Italia del dopoguerra uno dei paesi economicamente e industrialmente più forti nel panorama mondiale.


Ritornare “alla lira” non significa pertanto solo poter svalutare, come anche Zingales sostiene, ma la più ampia possibilità di poter ritornare padroni della propria politica economica di cui la tanto invocata “svalutazione” è solo uno dei tanti strumenti a disposizione e tutto questo nel rispetto di quanto c’è scritto nella Costituzione, anche se “violentata” da una classe politica inetta e supina, che con la modifica dell’art. 81 ha introdotto nella Costituzione il “corpo estraneo” del pareggio di bilancio.


Insomma, aver adottato l’euro a “scatola chiusa” con le sue regole e i suoi dogmi ha significato perseguire un modello essenzialmente deflazionistico, dove l’unica svalutazione possibile è quella dei salari e questo in contrasto con quanto è scritto nero su bianco nella Costituzione.


Per quanto riguarda poi l’affermazione “abbiamo firmato dei trattati e dobbiamo rispettarli”, vanno ricordati due aspetti. 


1) Quando Guido Carli firmò il Trattato di Maastricht, in qualità di Ministro del Tesoro, era sicuramente animato dal desiderio di porre dei vincoli esterni alla classe politica italiana per “costringerli” a fare ciò che altrimenti non avrebbero mai fatto in modo autonomo, cioè più disciplina nella conduzione dei bilanci, illudendosi però che in Europa chi avrebbe avuto la governance economica sarebbe stato almeno migliore di loro e non considerando che quei vincoli sarebbero stati usati un giorno contro il nostro stesso paese per imporre volontà a nostro discapito. 


2) il Trattato di Maastricht, datato 1992, concepì l’embrione di un euro molto diverso di quello di cui oggi subiamo le conseguenze che invece è figlio del semisconosciuto regolamento europeo 1466/97, che come magistralmente ha da tempo evidenziato Giuseppe Guarino, ha completamente stravolto il Trattato istitutivo dell’Unione Europea. Con quel regolamento (firmato da Mario Monti) gli Stati venivano completamente esautorati da qualsiasi determinazione nella propria politica economica per il raggiungimento dei parametri macroeconomici, consegnando nelle mani della Commissione Europea qualsiasi proposizione e iniziativa. Prima i governi conservavano una certa autonomia su come raggiungere gli obiettivi mentre con quel “truffaldino” regolamento gli si sottraeva qualsiasi autonomia di politica economica. Un vero e proprio “golpe” silenzioso ad opera di burocrati non eletti che hanno potuto agire indisturbati grazie a politici sudditi, incapaci e complici.


Da allora si sono succeduti esponenzialmente solo meccanismi automatici identificati da acronimi incomprensibili per annullare i poteri dei rispettivi Parlamenti nazionali, gli unici titolati e investiti dalla forza del suffragio universale e “blindare” una moneta affinché l’economia reale si plasmasse a sua immagine e somiglianza e non viceversa come avviene in tutto il resto del mondo.


Zingales non scordi che i Trattati sono sempre stati firmati per non essere rispettati: ad esempio la Prima Guerra Mondiale iniziò con noi legati dalla Triplice Alleanza all’Impero Austro-Ungarico e finì contro di loro e la Seconda iniziò con il Patto d’Acciaio e finì a fianco degli Alleati per il semplice motivo che prevalse, per fortuna, il buon senso nel supremo interesse del Paese. Non a caso in entrambi i casi eravamo legati ai tedeschi all’inizio ma alla fine eravamo dall’altra parte della barricata.


Ormai è evidente che l’Unione Europea a guida tedesca nel disperato tentativo di rendere sostenibile la sua moneta, ha come unica arma a sua disposizione, la sospensione “sine die” della democrazia stessa così come noi la intendiamo e la desideriamo conservare. Certamente ritornare a una propria moneta non sarà una passeggiata, ma siamo certi che il prezzo da pagare per una uscita dall’euro è sicuramente di gran lunga inferiore alla nostra definitiva e irreversibile colonizzazione. Se non vogliamo fare la fine della Grecia dobbiamo riprenderci al più presto la nostra sovranità monetaria, madre di tutte le altre sovranità, costi quel che costi.

(Fonte: https://scenarieconomici.it/quello-che-gli-euromani-non-vogliono-capire-di-p-becchi-e-a-m-rinaldi/)


Luigi Di Maio

Luigi Di Maio, le dieci giravolte elettorali del capo M5s: perché questo personaggio non è credibile

di Paolo Becchi e Giuseppe Palma, 25 maggio 2019


Luigi Di Maio si è trasformato nel vero camaleonte della politica italiana, ha una capacità incredibile di variare colore a seconda delle circostanze. Si plasma e si adegua, anche se per farlo spesso entra in palese contraddizione con quello che ha sostenuto sino a poco tempo fa. Ecco un elenco di dieci giravolte:


UNO: MATTARELLA

Pochi giorni fa Di Maio ha dichiarato: «Siamo molto fortunati ad avere Mattarella come Presidente della Repubblica». Peccato che proprio l' anno scorso, con un video su Facebook seguito da oltre 5 milioni di persone, lanciò la proposta di mettere Sergio Mattarella addirittura in stato di accusa ai sensi dell' art. 90 della Costituzione (alto tradimento e attentato alla Costituzione). Proposta ribadita telefonicamente pochi minuti dopo durante la trasmissione di Fabio Fazio.


Era la fatidica sera del 27 maggio 2018. All'epoca aveva ragione. Ora assume un atteggiamento servile per ricucire con Mattarella e utilizzarlo, per il tramite di Conte che si è prestato al gioco, contro Salvini.


DUE: IL 3%

Sempre pochi giorni fa, in risposta a Salvini che aveva dichiarato che si può sforare il tetto del 3% del rapporto deficit/Pil per fare gli interessi degli italiani, Di Maio gli controbatteva che è da irresponsabili dire certe cose col rischio che lo spread aumenti. Ma come? Dov' è finito il capo politico del MoVimento che voleva addirittura superare il Fiscal Compact? Tale superamento, inserito nel programma pentastellato per le politiche del 2018, è del tutto scomparso in quello per le europee. Eppure lo stesso contratto di governo, sempre tirato in ballo contro Salvini, nel capitolo riguardante le riforme istituzionali, prevede "il superamento della regola dell' equilibrio di bilancio" e il ripristino della "prevalenza della nostra Costituzione sul diritto comunitario". Come si cambia per non morire...


TRE: ALLEANZA CON IL PD

«Vengo accusato di voler fare un' alleanza col Pd. Ma sono stato io ad attaccarlo più di tutti. Si tratta di un partito subdolo, che sta provando a cambiare pelle». Così ha risposto il Capo politico del M5s a quelli che negli ultimi giorni gli hanno contestato di voler aprire al Partito democratico.


Peccato che dimentichi presto. Ad aprile dell' anno scorso chiuse ogni trattativa con la Lega aprendo il "secondo forno" con Maurizio Martina, all' epoca segretario del Pd. Poi non se ne fece più niente solo perché Renzi non è un fesso. Ed è tornato tra le braccia di Salvini come se nulla fosse accaduto. Dopo le elezioni di domenica, se prenderà una batosta cosa farà? Riaprirà il "secondo forno"?


QUATTRO: I PARLAMENTARI

Appena eletto nel 2013, lui e tutti gli altri parlamentari del M5S volevano rimettere al centro l' attività del parlamento. Ma dopo sei anni hanno proposto una riforma costituzionale che diminuisce il numero dei parlamentari, riducendo in tal modo lo spazio di rappresentanza democratica. Da sempre oppositore dei listini bloccati, Di Maio non dice più nulla sulla necessità di dar vita ad una legge elettorale che consenta ai cittadini di eleggere direttamente i loro rappresentanti. Anzi, diminuendo il numero dei parlamentari aumenteranno di conseguenza i nominati.


CINQUE: L'EURO

Chi non lo ricorda come fermo sostenitore del referendum per uscire dalla gabbia della moneta unica? Nel dicembre 2017 diceva che, nel caso vi fosse stato un referendum sull' uscita da questo euro, lui avrebbe votato sì. Già dopo il primo giro di consultazioni al Quirinale, a seguito delle politiche 2018, cambia idea, annunciando che il suo partito rappresenta la garanzia per la permanenza dell' Italia nell' eurozona.


SEI: L' AUTONOMIA

Ha sottoscritto con Salvini un contratto di governo che, in materia di autonomia regionale, prevede nero su bianco "l' impegno di porre come questione prioritaria nell' agenda di Governo l' attribuzione, per tutte le Regioni che motivatamente lo richiedano, di maggiore autonomia in attuazione dell' art. 116, terzo comma, della Costituzione". Ma poi si è rimangiato quasi tutto, chiedendo un nuovo vertice tra M5S e Lega per ridiscutere la cosa, nonostante il governo abbia già predisposto le prime bozze per dare il via all' "autonomia differenziata" per Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.


SETTE: CORRUZIONE

Due pesi e due misure su questione giustizia e lotta alla corruzione. Ha preteso da Salvini la testa del sottosegretario leghista Armando Siri, ma ha chiuso un occhio su tutto quello che accade a Roma preferendo essere ipergarantista con Virginia Raggi, tanto da far cambiare persino i propri regolamenti interni per salvare il Sindaco.


E staremo a vedere cosa si inventerà sul viceministro leghista Edoardo Rixi. Intanto, prudentemente, ha di recente dichiarato che ogni caso è diverso «e non bisogna generalizzare». In effetti Siri al momento è solo indagato, mentre Rixi è già stato rinviato a giudizio e potrebbe anche (in teoria) essere condannato. Ora, però, nuova giravolta: al momento Rixi può stare al suo posto, ma in caso di condanna dovrà dimettersi. Solo la Raggi resta intoccabile.


OTTO: LIBERTÀ D'ESPRESSIONE

Ve lo ricordate da novello parlamentare difendere la libertà di espressione del pensiero da parte di tutti i cittadini? Appena una settimana fa ha taciuto sulla censura nei confronti di un piccolo editore al Salone del Libro di Torino. Del resto l' epurazione era stata richiesta dal sindaco pentastellato Chiara Appendino insieme al Partito Democratico.


NOVE: I DUE MANDATI

Come tutti sanno il limite dei due mandati è una delle regole fondanti del Movimento, onde evitare che si creino dei professionisti della politica. Ma ora sulla base di nuovi codici etici, Statuti (vedi art. 9 lettera b) e regolamenti esecutivi che Di Maio può proporre come Capo politico, Di Maio in pratica può interpretare i due mandati elettivi come dei mandati "pieni" e cioè dieci anni in tutto. In alternativa se vuole può anche eliminare i due mandati con una votazione degli iscritti su Rousseau a maggioranza dei partecipanti.


DIECI: IL LINGUAGGIO

Non molto corretto il linguaggio "colorito" che negli ultimi tempi usa contro Salvini: «pugile suonato», «più lavoro e meno stronzate», e dire che nel codice etico del Movimento c' è scritto (art. 1) che bisogna evitare "toni e linguaggio che sottendano atteggiamenti di aggressività e prevaricazione. Ma Di Maio può fare e dire quello che vuole. Smentisce se stesso in poco tempo e con una tale facilità che potrebbe benissimo fare anche l' attore.


A parte gli scherzi, quello che ha in mente Di Maio è evidente: trasformare il M5s nel "partito dei moderati". In un Paese di sempre più incazzati non è detto che funzioni.

(Fonte: https://www.liberoquotidiano.it/news/politica/13466259/luigi-di-maio-m5s-dieci-giravolte-elettorali-leader-non-credibile-paolo-becchi.html)


Armando Siri

Flat Tax 15%: Come Funziona (9/09/2016) - https://youtu.be/2hPAJ8Pvaec


Il centrodestra vince soltanto sotto la guida del «sovranista» Salvini di Paolo Becchi (9 luglio 2017)


Gli altri pensano alle poltrone? Noi facciamo proposte: i minibot di Claudio Borghi Aquilini (26 agosto 2017)


Maledire l’euro è un dovere di tutti i veri italiani. Con il mini-Bot si può di Paolo Becchi e Giuseppe Palma (31 agosto 2017)


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