Mario Monti: 35 anni di piani eversivi

Mario Monti: 35 anni di piani eversivi

Arthur Frayn

Mario Monti per molti è un tecnico prestato alla politica per qualche tempo, al pari di quanto si soleva fare nella Roma degli albori. Potremmo quindi ben crederlo un Cincinnato dei nostri giorni - Il novello Cincinnato, tuttavia, trama per la distruzione dello Stato che era stato chiamato a salvare, da moltissimi anni, come lui stesso ci ricorda in questo intervento di cui di seguito riporto anche la trascrizione - 

Intervento del 13-02-2008 in occasione del convegno “Andreatta Economista” presso la Banca D'Italia


“Ricordo i due primi incontri che ebbi con il professor Andreatta, entrambi determinarono in me emozione gratitudine e una punta di terrore. Tenni nell'istituto di Andreatta a Bologna il mio primo seminario, malgrado la presenza rassicurante di Carlo D’Adda, che conoscevo già, la presenza, le domande, i movimenti pendolari del professor Andreatta, che non sapevo ancora essergli consueti, mi causarono qualche brivido. L'altro incontro mi aprì, proprio come avvenne a Mario Draghi, le porte del primo incarico di insegnamento a Trento: politica economica, facoltà di sociologia. Perché terrore in questo caso? E' il primo giorno a Trento, ed era Mario (si rivolge a Draghi ndr) ottobre ’69, non ottobre ’76 come per te, dovetti partecipare non già allora consiglio di facoltà, ma al plenum dei docenti, come si chiamava. Il leader del movimento studentesco locale Marco Boato dava del tu ai docenti e ci informò che il giorno dopo ognuno di noi sarebbe stato naturalmente sottoposto ad un esame politico (risate dal pubblico ndr). Per un attimo mi chiesi dove mi avesse mandato Andreatta, ma poi gli fui doppiamente grato, anche per questa esperienza temprante. (risate dal pubblico ndr)

Io non ho vissuto dall'interno come Maria Teresa Salvemini il capitolo divorzio, e quindi anche per me è stato molto interessante leggere la tua relazione Maria Teresa. Io ero in prossimità del ministro Andreatta a quell'epoca, com'è stato ricordato era stata istituita pochi mesi prima del divorzio nel gennaio ‘81 quella commissione di cui facevo parte con i professori Cesarini e Scognamiglio, che consegnò al ministro un rapporto sul sistema creditizio e finanziario nel gennaio del ’82; quindi io vorrei fare brevissime annotazioni su come vidi, come mi parve d'essere il ruolo di Andreatta a monte e a valle del “divorzio”. A monte cioè nel clima di cultura economica in cui il divorzio si collocò e a valle, cioè come si dipanò poi, come si sviluppò il nesso tra divorzio e una più ampia riforma strutturale della politica monetaria e creditizia Italiana. Lo sfondo culturale: ci sono tre righe che Maria Teresa (Salvemini ndr) cl ha letto, che sono significative: nessuno aveva interesse a contrastare la crescita del disavanzo il cui finanziamento appariva tranquillamente affidato alla Banca D'Italia e i cui costi in termini di interessi da pagare erano assai contenutiEra proprio questo il nesso tra assetto della politica monetaria-finanziaria da un lato e generazione del disavanzo pubblico dall'altro il tema su cui avevo avuto occasioni di discutere con Nino Andreatta nella seconda metà degli anni ’70. E credo che sia per questa impostazione che un po' per volta, anche per il suo eclettismo, trovò forse meritevole di attenzione, che mi chiese di partecipare a quel lavoro di riforma sul sistema creditizio. 

Nel dialogo con Andreatta esposi in quei tempi la mia convinzione: la politica monetaria e finanziaria, in quanto determina le modalità di finanziamento del disavanzo, influenza i costi politici a essa collegati e perciò a lungo termine influisce sulla dimensione stessa della spesa e del disavanzo, anche del disavanzo primario cioè al netto degli interessi sul debito pubblico, se la politica finanziaria come avvenuto in Italia negli anni ‘70 si caratterizza per l'accondiscendenza finanziaria verso lo Stato e per l'imposizione di vincoli sulla banca centrale, sulle banche e sul pubblico, essa favorisce il formarsi e il persistere di un disavanzo pubblico elevato

La Banca D'Italia era come fu prima, come sarebbe stata poi, scuola di rigore e di stile e aveva a quell'epoca un'eccellenza senza pari nell'analisi economica rispetto al Tesoro, rispetto alle università e rispetto alle consorelle banche centrali straniere, ma aveva anche la caratteristica di prestare relativamente scarsa attenzione alla politica monetaria e all'analisi monetaria, leggermente paradossale per una banca centrale. Ogni 31 maggio in questa sala (salone della Banca D’Italia ndr) si ascoltavano, come per esempio il professor Spaventa più volte notò, analisi molto approfondite sul comportamento di tutti gli operatori dell’economia nazionale ed internazionale, un po' meno su quello della politica monetaria, non credo affatto per reticenza, ma per visione culturale che collocava relativamente sullo sfondo questi aspetti. Del resto ricordo come artigianalmente negli uffici della banca commerciale italiana all'inizio degli anni '70 si prese a calcolare aggregati monetari e tassi d'interesse reali, che non venivano rilevati e pubblicati a quell'epoca dalla Banca D’Italia. Questo, secondo me, rende molto significativo il passo culturale del professor Andreatta e naturalmente del Governatore Ciampi che si movettero parecchio in avanti rispetto all’humus culturale del tempo e ogni riferimento al monetarismo era così sospetto e visto con tale ostilità nella cultura economica prevalente in Italia, che Andreatta e Ciampi furono anche accusati per l'atto del divorzio di essere vagamente monetaristi.

Vengo al mio secondo punto, cioè a valle del divorzio. Già nel novembre-dicembre 1982, quel periodo quale adesso Maria Teresa ha fatto riferimento a proposito credo di un trafelato commercialista di Bari (Rino Formica ndr), in quel periodo il divorzio(tra Banca D’Italia e Ministero dl Tesoro) veniva rimesso in discussione. Era il periodo della formazione di un nuovo governo Fanfani e in quel momento, in quei giorni, esponenti politici, esponenti sindacali, esponenti imprenditoriali si chiedevano, uso un eufemismo, se fosse stata tanto una buona idea fare il divorzio. Avrebbero preferito tornare ad un assetto che distendesse maggiormente i tassi d'interesse e ricreasse un clima più abituale e confortevole. Naturalmente Andreatta, e immagino certamente il governatore Ciampi e coloro che erano gli autori o i fautori del divorzio erano preoccupati. Intervenni anch'io nel dibattito di politica economica cercando di legare la difesa del divorzio ai passi ulteriori da compiere sulla linea del rapporto che era stato consegnato pochi mesi prima al ministro del tesoro. 

ma naturalmente occorreva non solo tutelare il divorzio, ma andare oltre, andare oltre e venne sviluppata l'analisi secondo la quale molto bene che un coniuge coatto del Tesoro cioè la Banca D'Italia fosse stata appena affrancata dai suoi vincoli, ma coniugi coatti del Tesoro erano in diverse misure le banche, i risparmiatori, le imprese. Vincoli quali il massimale sui prestiti bancari e il divieto di impiegare all'estero del risparmio, si traducono, si traducevano in ultima analisi da un lato in un finanziamento più facile per lo stato dall'altro in tassi di interesse più bassi sui risparmi e più alti sui prestiti alle imprese. Una graduale attenuazione di quei vincoli avrebbe corrisposto non solo all'esigenza di incoraggiare il risparmio e di gravare di minori oneri il settore produttivo, ma anche a quella di accrescere il costo politico della spesa pubblica in disavanzo. Fu necessario un po’ di tempo è stato ricordato anche questa mattinaperché questi principi di riforma del sistema creditizio e finanziario, in accompagnamento logico al divorzio e naturalmente alla fine ancora molto più importanti del divorzio, venissero tradotti in atto. Io ricordo discussioni in quell'epoca con il ministro Andreatta e anche con lui sull'atteggiamento delle banche, anche questo è l'aspetto che ci permette di misurare l'enorme miglioramento che si è verificato nel frattempo. I colleghi Cesarini e Scognamiglio ricorderanno un pomeriggio del 1982 quando venimmo invitati e ammessi ad una riunione ad hoc del comitato esecutivo dell’ABI, in cui presentammo le proposte che avevamo appena presentato al ministro del tesoro sulle banche. I banchieri più eminenti colà riuniti furono presi, alcuni di loro da una vaga simpatia intellettuale, ma anche da qualche sgomento, perché naturalmente è molto più difficile gestirsi in condizioni di libertà, che lamentarsi per vincoli che esistono e molti di loro mettendosi nei panni del ministro del tesoro più di quanto il ministro del tesoro fosse nei suoi panni dicevano “ma cari ragazzi, ma come osate proporre queste cose: sarebbe il sistema politico che verrebbe rimesso in discussione”. Quindi è naturale che sia stato necessario un po' di tempo.

Vorrei dedicare gli ultimi due minuti se li ho ancora a una riflessione che mi è stata provocata dall'intervento di Alberto Giovannini. Credo anch'io, quello che mi pare d'aver capito in parte implicito in parte esplicito nelle parole di Alberto, che dall' inflazione, la più iniqua delle imposte, siamo oggi passati, in molti nei nostri paesi, ad imposte ancora più inique della più iniqua delle imposte, cioè le imposte che non il potere pubblico, ma titolari di rendite di protezione di connivenze impongono ai loro concittadini, certo a volte spesso perché c'è dietro un atto del potere pubblico che limita la concorrenza o di altra natura, tasse,ecco io credo che parlando di indipendenza della banca centrale, parlando di politica monetaria, parlando di cultura della stabilità, la quale questa mattina si è richiamato il presidente Ciampi identificandone giustamente nel divorzio il punto di partenza in Italia, occorra tenere presente che forse il futuro rischio per la stabilità, per la cultura della stabilità è proprio questo, perché più una società di protezione di rendite e di connivenze frena il tasso di crescita del paese esclude soprattutto i giovani più si alimenta il risentimento contro le leve delle politiche economiche ortodosse che attuano la cultura della stabilità.

Concludo con un riferimento alla Francia di queste settimane. Parigi è il punto in cui in questo momento da un lato sì sono avviate riflessioni operative per la liberazione della crescita, dall'altro è il punto dal quale nel sistema europeo con frequenza e anche con un certo vigore promanano rimesse in discussione dei criteri del patto di stabilità a volte della stessa indipendenza della banca centrale, questa volta europea. Io vedo una relazione tra la capacità che il sistema politico francese che il presidente della repubblica potrà avere, anche avvalendosi delle proposte che un’altra commissione che la istituita, ha messo sul suo tavolo, la capacità di liberare la crescita riducendo essenzialmente, perché queste sono le cose proposte: protezione rendite e connivenze e il quietarsi in futuro di questi periodici sussulti polemici nei confronti dell’ordinamento europeo fondato sulla cultura della stabilità.

Mi rimane una curiosità personale che voglio confessare:quando venne consegnato al ministro Andreatta il libro verde sul sistema creditizio finanziario, ci fu una molto ponderata prefazione anonima e quindi attribuibile al ministero del tesoro che un quotidiano sintetizzò un po' brutalmente “il rapporto sul credito Andreatta: grazie dei consigli ma non li seguirò”. A distanza di relativamente pochi anni quasi tutto è stato attuato. Il presidente della repubblica francese nell'accogliere nelle sue mani il rapporto della commissione da lui istituita, dopo aver detto al momento di insediarla quello che vuoi proporrete io farò, al momento di accogliere il rapporto ha detto: condivido l'essenziale mi appresto a tradurlo in atto. 


NOTA FINALE: nel 2013 in un'intervista alla CNN Monti dichiarava: 

Mario Monti alla CNN spiega come sta distruggendo l'Italia esasperando la pressione fiscale


Era dunque questo il piano eversivo di lungo respiro che stava dietro le operazioni di divorzio tra Tesoro e Banca d'Italia del 1981 e che ha segnato l'inizio della demolizione dello Stato Italiano, repubblicano, così come formatosi con la Costituzione del 1948. Un piano eversivo che portò il debito pubblico a raddoppiare nel successivo decennio e ad esplodere poi definitivamente, con grande soddisfazione dei banchieri nazionali e non -


Se questo articolo ha suscitato il tuo interesse vieni e a commentarlo con noi sul canale Telegram del gruppo Io sono un lettore libero ed ascolta il canale shoutcast SVEGLIAAA.


REF [1] https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventigovernatore/integov2003/fazio_23_04_03.pdf

Report Page