False le tesi dei soliti "quanto costa..."

False le tesi dei soliti "quanto costa..."

Salvatore Clemente

di Claudio Borghi, 3 gennaio 2018


L'abolizione della legge Fornero sarebbe una scelta di civiltà, riparando una grave ingiustizia.


All’avvicinarsi delle elezioni sembra che lo sport preferito dai nullafacenti di regime sia quello del “cosa costa”. Cosa costa la flat tax? Cosa costa cancellare la legge Fornero? In pratica la mentalità del supermercato: “Cosa costa la Fornero? Me ne dia sette” ed è ciò che ci ha tuffato nel baratro della povertà e della recessione.


Una legge non va valutata per cosa costa ma per gli effetti che produce e se sia giusta o iniqua. Cosa è costata la Fornero in termini di recessione? Cosa è costata l’IMU in termini di deprezzamento del valore degli immobili? Cosa è costata la tassa sulla nautica in termini di perdita di indotto e posti di lavoro? Come mai delle voci, sulla carta positive per il bilancio dello Stato, si sono trasformate in un disastro per i conti e in tredici trimestri di recessione? Queste sono le domande a cui bisogna rispondere per capire gli errori fatti nel passato e per non ripeterli in futuro.


Le politiche fiscali o previdenziali producono degli effetti ed è da questi effetti che si devono giudicare. Pensare di applicare diverse aliquote alla situazione presente mettendo a bilancio previsionale gli introiti come se la variazione non esistesse è come pensare di avere gli stessi clienti al bar incominciando a servire nelle tazzine acqua calda invece di caffè e proiettando per il futuro i guadagni del caffè risparmiato. L’Italia fanalino di coda del mondo per crescita non deve pensare a politiche per risparmiare ma al contrario deve pensare a politiche espansive, deve rimettere in circolo denaro, deve far crescere i consumi interni aumentando il potere di acquisto delle famiglie. Ogni taglio o tassa invece porterà recessione in misura più che proporzionale al preventivato risparmio. Detto ciò e ribadito che se cancellare la legge Fornero “costa” ciò è un'ottima ragione per farlo perché significa rimettere in circolo denaro necessario per stimolare la domanda interna, concentriamo la nostra attenzione sull’equità delle misure.


Il principio sottostante alla legge Fornero all’annuncio era di base condivisibile, vale a dire ribadire il concetto del sistema contributivo come criterio di calcolo per le pensioni; peccato che quando uscirono i dettagli si scoprì che un principio corretto fu stravolto da un innalzamento assurdo dell’età pensionabile, esteso peraltro a chi aveva già lasciato il lavoro contando sull’imminente pensione (esodati). Il sistema contributivo stabilisce che il lavoratore non riceva nessun regalo, vale a dire che si riprenda i contributi (opportunamente rivalutati ed integrati dallo stato per gli anni di disoccupazione non volontaria) che ha versato nel corso della sua vita lavorativa. Non essendoci nessun regalo è assurdo pensare ad innalzare l’età pensionistica perché, molto semplicemente, significa sequestrare i soldi di quel cittadino impedendo che ne possa usufruire quando ne ha più bisogno.


Se il cittadino deciderà di andare in pensione prima, avrà un assegno più basso perché si vedrà restituiti i propri contributi per più anni, se deciderà liberamente di lavorare più a lungo porterà a casa un assegno più robusto perché dall’inizio della pensione sino all’anno dell’aspettativa di vita ci sarà meno tempo e quindi si incasseranno in media meno mensilità.


Nessun regalo, nessuna iniquità, più sicurezza per tutti i cittadini, liberi dall’incubo di rimanere senza reddito, senza lavoro e magari, grazie al bail in, senza risparmi. Milioni di cittadini avranno la possibilità di tornare a pianificare la propria vita e se il denaro ritornerà in circolo il costo sarà per lo Stato un guadagno. 


(Fonte: http://www.ilgiornaleditalia.org/news/politica/893813/STOP-BUGIE.html)

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