€uro: ciò che giornalai ed economisti di regime non vi diranno mai

€uro: ciò che giornalai ed economisti di regime non vi diranno mai

Salvatore Clemente

di Giuseppe Palma, 11 ottobre 2016


L’Unione “si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale […]” (art. 3 TUE). E’ il solito sistema orwelliano: belle parole, talvolta affascinanti, ma con “pillola avvelenata”: l’UE tenderebbe dunque a raggiungere addirittura la piena occupazione, ma in una cornice capestro rappresentata dalla stabilità dei prezzi e da un’economia sociale di mercato (?) fortemente competitiva. Ciò significa che la piena occupazione può raggiungersi solo sul terreno della competitività. E il grimaldello è dato proprio dalla moneta unica: l’euro è un accordo di cambi fissi, quindi, per poter essere competitivi, non essendo più possibile intervenire sul cambio occorre intervenire sul lavoro attraverso la riduzione dei salari e la contrazione dei diritti dei lavoratori. In pratica il peso della competitività, non essendo più possibile scaricarlo sulla moneta, lo si scarica sul lavoro! 


In passato l’Italia ha più volte fatto leva sulle cosiddette svalutazioni competitive, cioè svalutava la moneta (soprattutto nei confronti del marco, essendo la Germania il nostro maggior competitor nell’export) allo scopo di abbassare i prezzi delle merci da esportare, senza infierire né sui salari né sui diritti. E ciò a vantaggio sia dell’impresa (che continuava a vendere) che dei lavoratori (che non perdevano il posto di lavoro e non si vedevano smantellare i diritti).


Con la perdita della sovranità monetaria, oltre ad esserci castrati della possibilità di intervenire sul cambio, abbiamo rinunciato anche a stampare moneta. Cosa vuol dire? L’euro è una moneta fiat, cioè creata dal nulla dalla BCE (più precisamente dalle banche centrali di ciascuno Stato appartenenti al SEBC), ma non è destinata ai Governi, bensì alle riserve dei mercati dei capitali privati (es. banche private e assicurazioni). Ciascuno Stato dell’eurozona è quindi costretto ad andarsi a cercare la moneta. In che modo? Chiedendola in prestito ai mercati dei capitali privati (che applicano tassi di interesse commisurati all’affidabilità finanziaria di ciascuno Stato a poterla restituire) e/o estorcendola a cittadini e imprese attraverso l’aumento delle tasse, l’inasprimento dei sistemi di accertamento fiscale e i tagli selvaggi alle voci di spesa pubblica più sensibili come sanità e pensioni.


E il debito pubblico, che negli Stati a moneta sovrana con una banca centrale che funge da prestatrice di ultima istanza non rappresenta alcun problema, nell’eurozona è diventato un macigno che mette a repentaglio finanche il patto sociale! Il tutto aggravato dal fatto che la BCE – per statuto – non può garantire i debiti pubblici di nessuno degli Stati della zona euro. Il Quantitative Easing di Draghi, che da un lato ha svalutato l’euro sul dollaro rendendo maggiormente competitiva l’intera eurozona in una comparazione globale ma non l’Italia nei confronti della Germania, dall’altro sta provvedendo ad “acquistare” i Titoli di Stato sul mercato secondario (cioè quelli già in circolazione) e non sul mercato primario (battuti mensilmente dal Tesoro e che incidono direttamente sulla finanza pubblica), quindi tutte le criticità connesse al debito pubblico restano! Con buona pace degli intellettuali salariati!


(Fonte: http://www.ilgiornaleditalia.org/news/economia/881801/-uro--cio-che-giornalai.html)

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