Telegram, Russia, privacy e terrorismo: facciamo chiarezza

Telegram, Russia, privacy e terrorismo: facciamo chiarezza

ravaz per @statiperwa e @TONitalia

Sempre in tema di fake news, oggi voglio fare qualche precisazione riguardo la Russia, Telegram e la sua nuova privacy policy, sperando di poter chiarire definitivamente la questione.

Utenti del gruppo mi hanno segnalato l'ennesimo articolo (tra l'altro proveniente da un canale che in teoria dovrebbe essere "dalla parte di" Telegram – lasciamo perdere...) che sostiene che ora Telegram collabori con la Russia, fornendo dati sui propri utenti sospettati di essere terroristi.

Nulla di più falso.

Innanzitutto, mai e poi mai Telegram ha fornito dati di qualsiasi tipo ad una qualche autorità. Finora non l'ha mai fatto, per nessun motivo.

To this day, we have disclosed 0 bytes of user data to third parties, including governments.

Ovviamente questo è quello che dichiarano – come sempre bisogna fidarsi – ma Telegram ha una grande reputazione da difendere ed in caso di scandali evidentemente la sua popolarità cadrebbe a picco, quindi pare ragionevole assumere che si comportino effettivamente come dicono... D'altronde, che la concorrenza si comporti male è appurato, mentre per ora possiamo dare a Telegram il beneficio del dubbio.

La novità

Qualche settimana fa Telegram ha deciso di fare un piccolo strappo alla regola, scendendo in minima parte da quel piedistallo di purezza ed anarchia che da un lato sì lo rende tanto affidabile, ma dall'altro lo mette in una posizione politicamente molto scomoda, osteggiato dai governi in quanto "non collaborazionista" (approfondisci).

If Telegram receives a court order that confirms you're a terror suspect, we may disclose your IP address and phone number to the relevant authorities. So far, this has never happened. When it does, we will include it in a semiannual transparency report published at: https://t.me/transparency. (fonte)

In sostanza hanno deciso che potrebbero rispondere ad una "data request" di un tribunale, ma solo nel caso in cui l'utente sia sospettato di essere un terrorista. In tal caso, condividerebbero con le autorità solo ed esclusivamente numero di telefono ed indirizzi IP del sospettato. Ma capite bene che se un tribunale sospetta qualcuno di terrorismo, evidentemente numero ed IP saranno dati di cui le autorità sono già in possesso, dato quanto è facile procurarseli in modi sia legali che non.

Per ora non hanno fornito ancora nulla (fonte), ma promettono di tenerci informati nel canale @Transparency, aggiornato con cadenza semestrale – anche se ogni sei mesi mi pare francamente troppo poco spesso...

Ma allora, cosa c'entra la Russia?

In breve: una mazza. Nonostante molti bloggettari / giornalai (definirli giornalisti pare infatti azzardato, dato che manca loro il più basico "fact checking", controllo delle fonti) abbiano titolato cose del tipo "Telegram si piega alla Russia", "Putin costringe Telegram a condividere i suoi dati" eccetera, la realtà è ben diversa.

Ecco un estratto di ciò che ha scritto Pavel Durov, co-fondatore e CEO di Telegram, in uno dei suoi canali ufficiali:

Telegram in Russia è messa al bando. Ogni giorno centinaia di indirizzi IP vengono bloccati, nel tentativo di impedire l'accesso al servizio. Nel merito, non consideriamo alcuna richiesta dai servizi russi, e la nostra [di recente aggiornata, NdT] privacy policy non riguarda la situazione in Russia. (fonte)

Quindi insomma no, Telegram non condivide alcun dato con le autorità russe. Nemmeno quelli dei terroristi. Rubinetti chiusi. Kaputt!

Durov specifica inoltre che questi cambiamenti sono dovuti all'adeguamento di Telegram alla GDPR, la normativa europea in materia di privacy e dati personali varata di recente. Se e quanto le tensioni con il governo russo abbiano influito non ci è dato a sapere, ma in ogni caso come ho detto Telegram e Russia sono due compartimenti stagni, quindi nei fatti poco cambia.

PS: se necessiti di un veloce recap sulla "crisi" tra Russia e Telegram, i tentativi di censura e la conseguente #DigitalResistance, puoi partire da qui 👌.

In conclusione...

Telegram continua ad ergersi come uno dei pochi paladini della tutela dei dati personali del mercato di massa. Soluzioni tecnicamente più sicure in effetti esistono, ma sono talmente scomode e poco diffuse che nella pratica l'utente medio finisce per rimanere intrappolato in inganni del marketing come quelli di WhatsApp, che sbandiera crittografia ma nei fatti raccoglie dati e condivide tutte le nostre chat con Google (leggi qui, perché la cosa è in effetti molto... curiosa 😬).

Telegram è quindi il giusto compromesso tra sicurezza (che comunque è a livelli molto alti) e funzionalità, con potenzialità e versatilità senza pari. Se con caparbietà sei arrivato fin qua, e stai implorando pietà per tutte queste parole con la "à", ti chiedo una carità: condividi questo articolo con tutta la città! Diffondi la verità!

(Grazie, a buon rendere!)

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