Cassazione choc: se fa domanda di asilo il clandestino ferma l’espulsione

Cassazione choc: se fa domanda di asilo il clandestino ferma l’espulsione

Salclem2
LaPresse

di Francesco Borgonovo, 5 agosto 2018


• Secondo la Corte gli irregolari possono bloccare i provvedimenti di rimpatrio chiedendo di essere riconosciuti come profughi.


Craxi Kecious, 31 anni, nigeriano, verso le 5 di mattina si trovava nei sotterranei della metropolitana di Milano, per la precisazione nella stazione di Porta Garibaldi. Si è avventato su una ragazza di 25 anni che aveva appena staccato dal lavoro. L'ha bloccata, le si è avvicinato al volto tanto da farle sentire il suo fiato caldo, e le ha sibilato: «Ciao bella, ti voglio scopare». Poi si è avventato su di lei. Nelle immagini del video di sorveglianza si vede Craxi aggirarsi tranquillo per i corridoi vuoti. È atletico, indossa una canottiera bianca e dei jeans, si muove come se fosse il padrone della scena. Quando avvista la ragazza, comincia a seguirla, poi scatta e tenta di ghermirla sulle scale. Quella donna era roba sua, doveva esserlo. Del resto, non era nemmeno la prima volta che questo signore dava libero sfogo ai suoi istinti. Lo aveva già fatto nel 2017, sul treno Milano-Lecco. Ne aveva ricavato una denuncia, ma era rimasto in libertà.

Leggendo questa storia, una persona normale si domanda: ma per quale motivo Craxi Kecious era ancora in Italia? Era arrivato nel nostro Paese nel 2007, da clandestino. Non ha mai avuto il permesso di soggiorno eppure, guarda un po', ha potuto bivaccare nel nostro Paese per oltre dieci anni. Come mai non è stato cacciato prima? Beh, un motivo c'è. Craxi Kecious aveva fatto richiesta d'asilo, gliel'hanno rifiutata, ma ha presentato ricorso. Dunque ha ottenuto la possibilità di restare sul territorio italiano fino alla conclusione del procedimento.  Sembra assurdo, ma è così. Finché l'iter della richiesta d'asilo non è completo, l'immigrato - anche se irregolare - non può essere allontanato dal Paese.

E ancora non basta, perché alla fine di luglio è arrivata una ordinanza della Corte di cassazione che rende decisamente più complicato cacciare i clandestini. Il documento, a parte qualche articolo diffuso sul Web, non ha avuto grande pubblicità, ma il suo contenuto è decisamente rilevante. La corte si è occupata del caso di una donna cubana priva del permesso di soggiorno, dunque irregolare. La signora aveva presentato richiesta di protezione umanitaria, ma non l'hanno accontentata. Quindi ha ricevuto un provvedimento di espulsione da parte della Prefettura. L'allontanamento era stato poi confermato dal giudice di pace. Ma la Cassazione ha ribaltato la decisione, annullando l'espulsione. Motivo? Semplice, la cubana, aveva presentato anche richiesta di asilo politico. Fino a che l'apposita commissione per l'asilo non si sarà pronunciata sul suo caso, dunque, la signora avrà diritto di restare in Italia. 

Rispetto a qualche mese fa, però, c'è una novità: la signora cubana ha presentato richiesta di asilo dopo aver ricevuto il provvedimento di espulsione. La Cassazione, tramite l'ordinanza, ha stabilito che «il richiedente asilo ha diritto a rimanere nel territorio dello Stato in pendenza di esame di tale sua domanda» anche se «la stessa sia stata presentata dopo l'emissione di provvedimento di espulsione, ferma restando la possibilità, in concorso con gli altri presupposti, di disporre il suo trattenimento». 

Tradotto, significa che se un immigrato clandestino riceve dalla Prefettura un provvedimento di espulsione, può presentare richiesta di asilo e ottenere la possibilità di restare qui. Per il prefetto andrebbe cacciato, ma visto che ha fatto domanda di asilo, gli si concede altro tempo per il soggiorno. Al massimo, lo straniero può essere trattenuto in un Cpr, cioè un Centro di permanenza per il rimpatrio. Allo stato attuale, di questi centri in Italia ce ne sono soltanto cinque, e possono ospitare circa 500 persone per un limitato periodo di tempo. Non sono prigioni, anzi la legge specifica che il trattenimento è «totalmente estraneo a qualsivoglia carattere punitivo».

Ma torniamo alla decisione della Cassazione. Essa rappresenta un precedente piuttosto pesante. Nel senso che potrebbe spingere gli stranieri irregolari che ricevano un provvedimento di espulsione a presentare richiesta di asilo, consentendo loro di restare in Italia fino alla fine dell'iter giudiziario che, come noto, non è affatto breve. I ministri del governo precedente, Marco Minniti e Andrea Orlando, hanno cercato di riformare il percorso della richiesta d'asilo, abolendo un grado di giudizio. In pratica, oggi chi fa richiesta può presentare ricorso in Cassazione, ma non può più fare appello. Significa che i passaggi sono due invece di tre. 

Questa riforma, tuttavia, non ha risolto il problema. I ricorsi dei migranti sono ancora tantissimi, e difficili da smaltire. Solo a Milano, nel 2017 sono stati presentati 4.000 ricorsi (dati forniti dal Tribunale a giugno). Inoltre, sempre in giugno, i giudici milanesi si sono rivolti alla Corte europea per chiedere se la riforma voluta da Minniti e Orlando, cancellando la possibilità dell'appello, non violi il diritto comunitario.

Come è facile capire, la situazione è piuttosto complessa, e la recente decisione della Cassazione complica ancora di più lo scenario. A settembre, Matteo Salvini - con il decreto sicurezza - tenterà di mettere ordine e di snellire le pratiche, intervenendo soprattutto sulla protezione umanitaria. I giudici, tuttavia, non gli stanno certo rendendo la vita facile.


• I sindaci continuano a far gli struzzi. Beppe Sala e Luigi De Magistris firmano il manifesto degli amministratori locali di sinistra contro le politiche migratorie del governo. Gridano alla xenofobia, ma fanno finta di non vedere i crimini commessi in casa loro.


Visto che non circolavano abbastanza appelli, raccolte firme e inviti alla mobilitazione, ecco fresco fresco un nuovo manifesto contro le politiche del governo in materia di immigrazione.

Si chiama «Inclusione per una società aperta» e l'hanno elaborato - non avendo niente di meglio da fare - i capigruppo regionali del Lazio Alessandro Capriccioli (+Europa Radicali), Marta Bonafoni (Lista civica Zingaretti), Paolo Ciani (Centro solidale), Mauro Buschini (Partito democratico) e Daniele Ognibene (Liberi e uguali). Il pregevole manufatto è rivolto « a tutti gli amministratori locali d'Italia che abbiano a cuore la tematica dell'immigrazione e vogliano rifiutare, con azioni concrete, la narrazione distorta che parla di invasione, sostituzione etnica e difesa dei confini».

In sostanza è un manifesto contro Matteo Salvini. E, come prevedibile, gli illustri esponenti della sinistra italica si sono precipitati a sottoscriverlo. Come informa il comunicato stampa, infatti, «la prima firma è del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, ma insieme a lui ci sono 200 amministratori locali in tutta Italia che stanno dicendo: noi vogliamo esserci. Tra loro Beppe Sala, sindaco di Milano, Luigi De Magistris, sindaco di Napoli, Federico Pizzarotti, sindaco di Parma e numerosi assessori e consiglieri regionali, sindaci, presidenti di municipi e consiglieri comunali e municipali, dalla Sicilia al Friuli Venezia Giulia».

Sono interessanti, queste adesioni. Viene da chiedersi come mai Beppe Sala, primo cittadino milanese, trovi il tempo di firmare appelli anti Salvini, ma non abbia nemmeno un momento per commentare l'aggressione avvenuta nella metropolitana della sua città ai danni di una ragazza di 25 anni. Il sindaco continua a schierarsi a favore dell'accoglienza e delle porte aperte, si strugge per il razzismo dilagante. Ma non fiata se un clandestino aggredisce una giovane donna e tenta di stuprarla. Che dite, forse prima di indignarsi con il governo per le attuali politiche migratorie potrebbe dedicarsi a mettere un pochino di ordine in casa propria, no?

Lo stesso vale per il suo assessore, Pierfrancesco Majorino, sempre in prima linea per manifestare contro la Lega. Si è infervorato, nei giorni scorsi, per la vicenda di Daisy Osakue; si è preoccupato per la signora Jole Maria Celeste Milanesi, magistrato, che a Repubblica ha dichiarato di essere stata inseguita per strada dopo aver fatto l'elemosina a un venditore di rose bengalese. Ma nemmeno un rigo sulla ragazza assalita da un nigeriano.

Identico discorso si potrebbe fare per il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris. Nella sua città, giovedì sera, il venditore ambulante senegalese Cissé Elhadji Diebel è stato gambizzato. Gli hanno sparato, ha detto, due giovani «di pelle bianca» a bordo di uno scooter. Subito - per riflesso condizionato - il fronte progressista si è scatenato gridando al razzismo. Va però considerato un fatto, e cioè che la vicenda è avvenuta nel quartiere Vasto. L'anno scorso, nello stesso luogo, ci fu un'altra aggressione ai danni di immigrati senegalesi. Non era razzismo, bensì un attacco criminale: i delinquenti della zona volevano imporre il pizzo ai senegalesi, e lo hanno fatto con la violenza.

Sempre a Vasto, nell'agosto 2017, i cittadini denunciarono una sorta di rivolta degli immigrati contro un gruppo di militari impegnati nell'operazione Strade sicure. I soldati stavano effettuando un controllo di routine e sono stati circondati da varie decine di stranieri che non avevano gradito l'intrusione. Ieri, invece, un tunisino e un marocchino (pregiudicati, uno con decreto di espulsione) sono stati arrestati dopo aver rapinato due turisti francesi. La rapina è avvenuta a circa cento metri da dove è stato ferito l'ambulante senegalese.

Insomma, stiamo parlando di una delle zone più disagiate di Napoli. Non per nulla, il questure partenopeo, Antonio De Iesu, è molto cauto quando parla del caso del senegalese gambizzato. Spiega che i suoi uomini stanno indagando a 360 gradi e che nessuna pista si può escludere, nemmeno quella razziale. Tuttavia, precisa che il quartiere di Vasto presenta vari intrecci criminali. Insomma, non ci sono offese a sfondo razziale o altri elementi che facciano pensare a un assalto xenofobo piuttosto che a un'intimidazione della criminalità organizzata.

Nel frattempo, la comunità senegalese - a ragione - protesta; lo stesso fanno gli italiani che vivono in quell'area. Viene da chiedersi: perché De Magistris, invece di firmare appelli, non si occupa a fondo di Vasto e della criminalità che lo affligge? Sempre ieri, a Napoli, sulla Circumvesuviana, un migrante senza fissa dimora è stato sorpreso a scattare foto ai bambini a bordo del treno. Sul telefono gli hanno trovato numerose foto di piccoli. Niente appelli per cose di questo tipo? Certo che no. Gridare al razzismo garantisce una facile pubblicità. Ed è questo che interessa, più di tutto, agli amministratori locali di sinistra.

(Fonte: https://www.laverita.info/cassazione-choc-se-fa-domanda-di-asilo-il-clandestino-ferma-lespulsione-2592723375.html)


Report Page