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Il terzo capitolo della folgorante parabola cinematografica realizzata da Sergio Leone, più di Per un pugno di dollari e Per qualche dollaro in più, si cala nell’epica del genere mettendola in discussione prima di tutto attraverso l’estetica precisa creata dal cineasta. Un’idea di rivisitazione del mito del western che Eastwood terrà ben presente per il futuro, facendola propria attraverso il suo gusto personale per la messa in scena. Il Buono, il Brutto, il Cattivo è una ballata pessimista sulla possibilità del singolo individuo di poter contare su ciò che regola il tessuto sociale. Una vena anarchica e nichilista pervade il capolavoro di Leone così come segnerà i grandi western diretti da Eastwood. Un film ancora oggi capace di mostrare perché ha rotto gli schemi e definito un’epoca di cinema di genere. 

L’altro fondamentale “maestro” di Eastwood è stato senza dubbio Don Siegel, da cui l’attore ha in qualche modo assimilato un’idea di cinema in cui ciò che succede all’interno dell’inquadratura diventa il cuore del cinema stesso. Da questo principio Eastwood svilupperà il suo stile di regia preciso e pulito, fino a renderlo un marchio di fabbrica inimitabile. Della collaborazione tra i due abbiamo scelto Gli avvoltoi hanno fame perché oltre allo spettacolo contiene anche un sottotono giocoso che spesso affiorerà nel cinema di Eastwood, anche nel western. E poi il duetti con Shirley MacLaine sono strepitosi, e quando c’è Shirley di mezzo voi sapete già che non possiamo resistere...

Il primo vero capolavoro western diretto da Clint Eastwood ridiscute molti dei luoghi comuni del genere filtrandoli attraverso il suo sguardo pessimista sulla storia americana. Il texano dagli occhi di ghiaccio è un film-contenitore sorretto dall’idea che il singolo individuo deve saper contare sulle proprie capacità prima di tutto. La sequenza più bella del film non è paradossalmente basata sull’azione ma racconta dell’intesa che Josey Wales trova con la tribù indiana per un tentativo di convivenza pacifica, basata sul rispetto umano che trascende le differenze. Magnifico western in controtendenza, che fonde alla perfezione la visione classica del genere con quella revisionista.

Pur non essendo tra i titoli maggiormente riconosciuti di Eastwood, questo western autunnale rappresenta un vero e proprio momento di svolta, poiché segna un enorme passo avanti nello stile dell’autore. L’uso del paesaggio naturale e delle ombre per raccontare metaforicamente il mondo interiore dei personaggi e la loro storia fa de Il cavaliere pallido un film con molti strati di lettura, concluso da una sequenza finale magistrale. Si tratta probabilmente del primo vero western d’autore per Eastwood, ovvero il primo in cui il cineasta ha iniziato ad esporre coscientemente la sua visione del genere. Un magnifico preludio al capolavoro che sarebbe arrivato...

A suo modo Gli spietati rappresenta insieme un avanzamento nella concezione del western e la conclusione poetica di un percorso iniziato decenni prima. Eastwood raggiunge il suo apice come autore ed attore in un film che porta a compimento ogni idea estetica, ogni discorso umano e politico affrontato in precedenza. La parabola piovosa di William Munny e del suo destino che si deve compiere in un modo o nell’altro produce il western perfetto, dove il mito risorge sotto nuove spoglie: quelle di un pistolero che non è più quello di un tempo ma non può essere altro che quello. Impossibile fare meglio di quanto Eastwood ha realizzato con questo film. Insieme a Il mucchio selvaggio a nostro avviso il miglior western di sempre: impossibile decidere tra questi due film, sono troppo distanti nella forma e troppo vicini nel contenuto...


Ci sono altri due western nella filmografia di Clint Eastwood che a nostro avviso devono essere citati per completezza e correttezza del discorso: il primo è Lo straniero senza nome (1973), primo western da lui diretto che contiene già alcune idee portanti di quello che sarà il suo cinema futuro. L’altro è La notte brava del soldato Jonathan (1971) ancora di Don Siegel, dramma nerissimo ambientato durante la Guerra Civile che sconfina concettualmente dell'horror psicologico: un film incredibile per potenza espositiva e capace di inquietare come pochi altri realizzati all’epoca, e non soltanto allora...

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